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L’ETERE di MAXWELL?! E la POLARIZZAZIONE del VUOTO
alla luce del Modello Doppio Elicoidale del Fotone


Alla luce di tutte le riflessioni svolte approdiamo ad un risultato: le equazioni di Maxwell descrivono, o per lo meno dobbiamo dire sono coerenti con la descrizione dell’onda elettromagnetica che abbiamo descritto generata da strutture dipolari di due quanti di carica a moto doppio elicoidale, quali quelli del MODEC.
Campi elettrici e magnetici che “si tirano l’un l’altro nel vuoto, nell’onda elettromagnetica; il campo elettrico variabile genera un campo magnetico variabile, e viceversa, con il campo magnetico ed elettrico che si sostengono a vicenda, svincolati da sorgenti”, non sarebbe certo più, alla luce di quanto si è fatto osservare, un modo corretto di descrivere un’ onda elettromagnetica. Ugualmente non è più corretto se si considera questa onda nella sua propagazione nel vuoto frutto della sollecitazione perturbativa di un “etere”; come già si comprese alcuni decenni dopo le formulazioni di Maxwell, con l'esperimento di Michelson-Morley eseguito nel 1887.
Se volessimo comunque recuperare un senso al concetto etereo di “etere luminifero”, supportatore dell’onda elettromagnetica, suo sub-strato come in certe originarie interpretazioni delle scoperte delle onde e.m. di Maxwell, allora proprio per la sua aggettivazione “luminifero”, letteralmente dal latino “portatore di luce”, lo dovremmo identificare con l’insieme granulare dei fotoni che formano le onde elettromagnetiche stesse!
Ma se volessimo invece mantenere il suo attributo immaginario di base dell’onda, o meglio di mezzo in cui l’onda si propaga allora dobbiamo identificarlo con il vuoto!
Ma il vuoto nei confronti dell’ onda e.m. va discusso con profonde riflessioni.

Dal MODEC abbiamo osservato e scoperto, convergendo parallelamente ed indipendentemente con le considerazioni dell’ QED (la ElettroDinamicaQuantistica), che la Costante di Struttura Fine, “a”, è legata alla polarizzazione del vuoto, che vuoto dunque non è, ma caratterizzato da una distribuzione di carica a somma spaziale mediamente nulla, (in QED, si dice, equivalentemente, che il vuoto è caratterizzato da coppie virtuali di materia-antimateria).
“a” è espressa come costante universale, come rapporto tra la Costante di Coulomb del vuoto per il quadrato della Carica Elementare, diviso il prodotto della Costante di Planck ridotta per la Velocità della Luce nel vuoto.
Dal nostro modello si inferisce che essa è legata alla differenza tra
-) lo stato di “polarizzazione” del vuoto, ovvero di sua elettrizzazione intorno a quanti di carica che si muovono a basse velocità, che in tal modo vengono in parte schermati nell’intensità del loro campo elettrico,
e
-) la sua non polarizzazione (o bassa polarizzazione) intorno a quanti di carica a velocità elevatissime, come nel fotone, dove il vuoto non fa in tempo a reagire e schermare il quanto di carica, come normalmente avviene a basse velocità, per l’ “inerzia del vuoto alla polarizzazione”, e pertanto in questo stato il quanto di carica, non (o meno) schermato, esprime un suo campo elettrico più intenso!
Abbiamo mediato la terminologia posta qui sopra tra virgolette per analogia dalla terminologia usata per i materiali dielettrici.
Nel primo caso, quello di cariche a bassa velocità, la Costante di Coulomb del vuoto, K, ha il classico valore misurato usando cariche a basse velocità, o quasi ferme;  valore che rappresenta appunto la nota costante universale K. (Il quanto di carica ha intensità in modulo pari ad “e” la nota costante universale chiamata Carica Elementare).
Nel caso delle due cariche iper-veloci del fotone, invece, la Costante di Coulomb che caratterizza la loro interazione è maggiore, l’abbiamo indicata con Ks, perché legata al vuoto che loro vedono, che è tra loro interposto, che non essendo polarizzato o essendo polarizzato poco, lo abbiam definito “Supervuoto”! (Il quanto di carica ha intensità in modulo sempre pari ad “e” la nota costante universale chiamata Carica Elementare, anche in questo caso).

C’è però un altro modo duale, più matematico che fisico, di interpretare e quantificare questo secondo caso.
Se per questo secondo caso, infatti, assumiamo che K resti costante al caso delle particelle a bassa velocità, allora l’effetto della non polarizzazione, si traduce, per l’interazione tra le due cariche, in un effetto di incremento del modulo del valore di carica,
che nel caso a bassa velocità rimane “e”, il modulo chiamato della Carica Elementare, una costante fondamentale universale (misurata sperimentalmente, operativamente, su particelle a bassa velocità),
nel caso del fotone, il modulo del quanto di carica, ci dice essere il MODEC, in questa seconda possibilità di vedere le cose, pari al valore della cosiddetta Carica di Planck, Qp, moltiplicata per un fattore numerico pari esattamente alla radice quadrata di 2 .


[ Nota: La Carica di Planck, Qp, è una costante delle fisica espressa attraverso l’uso di altre costanti universali, quali la Costante di Planck ridotta, la Costante di Coulomb del vuoto e la Velocità della Luce nel vuoto. Qp ha un valore straordinariamente vicino, di poco maggiore, eppur diverso dal valore della Carica Elementare, “e”, sebbene questa non compaia nella sua formula, mentre vi compare la Costante di Planck, h: questo è un elemento, che altrove ho già discusso, che ha pilotato, o comunque corroborato, i ragionamenti e le ricerche nel verso della comprensione della natura elettrica di h e dello sviluppo del MODEC ]

Per cui valore fisico preciso non ha tanto la Costante di Struttura Fine, quanto
o
A) il rapporto tra Ks/K=2/a
o
B) il rapporto tra  (radice di 2)Qp/e= radice di (2/a) 
   
Questi rapporti sono alcuni dei risultati fisico-matematici del MODEC, che mostrano come quantitativamente “a” sia legata ai fenomeni elettrici discussi.

Se ora torniamo a considerare l’ espressione della Costante di Struttura Fine “a”, e la misurassimo non sostituendo alle costanti fisiche mediante cui è espressa i valori noti delle corrispondenti costanti universali, ma misurando l’ interazione elettrica tra due quanti di carica, chiamiamola in tal caso “ax”, allora portandoli ad alte velocità ci aspetteremmo un cambiamento nel suo valore, del valore di “ax” a causa delle sempre maggiori difficoltà del vuoto a polarizzarsi in tempi rapidi allo stesso modo.
Si osserverebbe dunque, il MODEC ci permette di prevedere, al più un aumento dell’intensità dell’interazione elettrica tra loro, quindi un aumento di Kx, la Costante di Coulomb in quelle condizioni cinematiche, (o ragionando sul modulo della carica tenendo fisso K, un aumento del loro modulo di carica, che chiamiamo Qx, rispetto al valore “e” di base).
Non molto, a priori, possiamo dire sull’andamento esatto di tali variazioni, la tendenza dovrebbe essere nel verso di una costanza o aumento lento di Kx al crescere delle velocità, con immaginabile andamento crescente, fino ad una salto di tipo gradino, (o quasi gradino) giungendo al valore Ks in corrispondenza di velocità luminali/superluminali.
Non meraviglia pertanto che suoi evidenti aumenti, di “ax”, siano stati osservati in esperimenti negli acceleratori di particelle, (vedi ad esempio http://journals.aps.org/prl/abstract/10.1103/PhysRevLett.78.424).

Un quanto di carica ha, a basse velocità, una nube elettrizzata di cariche del vuoto attorno, per cui se si misurasse l’intensità del campo elettrico che genera a grandi distanze e poi a distanze sempre minori, infinitesime, si potrebbe osservare un aumento più forte che con il semplice inverso della distanza a causa della sempre maggiore compenetrazione dentro gusci ideali di questa nube di vuoto polarizzata, che farebbe pertanto diminuire, via via che r diminuisce, gli effetti schermanti della nube di polarizzazione del vuoto addensata intorno alla carica. (Questo effetto, se ricordo bene da un testo letto tempo fa, è stato anche in parte constato, in esperimenti nucleari, o comunque teorizzato).
Mentre in passato avremmo potuto immaginare, per superficiali considerazioni di eleganza, che la Costante di Struttura Fine, “ax”, dal valore noto e misurato “a” che è in prima approssimazione pari a 1/137 ,  in presenza di polarizzazione del vuoto intorno a cariche quasi ferme, sarebbe dovuta arrivare al valore limite di 1, per cariche ad alta velocità in assenza di polarizzazione,
ora sappiamo che al limite, o per lo meno alle velocità delle semi-particelle del fotone, “ax” diventerebbe uguale a 2, secondo il MODEC, come si ottiene
osservando che Kx nelle condizioni limite dette deve essere pari a Ks, per cui nell’ espressione di sopra (A), va sostituito alla K a denominatore, Ks, e ad “a”, “ax”, ottenendo “ax”=2 
o similmente ragionando sulla carica, mantenuto fisso K,
osservando che Qx nelle condizioni limite dette deve essere pari a radice di 2 per Qp, per cui nell’espressione di sopra (B), va sostituito alla “e” a denominatore, radice di 2 per Qp, e ad “a”, “ax” ottenendo sempre “ax”=2 

Indubbiamente l’ “etere”, che abbiamo identificato con il “vuoto” pieno di cariche polarizzabili, influisce sulla determinazione del  valore del modulo della velocità della luce, basti pensare che essa, come scoperto e ricavato da Maxwell, ha modulo dato dall’inverso della radice quadrata del prodotto della costante dielettrica del vuoto per la costante di permeabilità magnetica del vuoto, entrambi valori misurati in laboratorio da esperimenti, (precedenti alla scoperta di  Maxwell), sul campo elettrico e magnetico a basse velocità delle cariche coinvolte. Un valore ottenuto da una formula quindi, quello di c, esattamente uguale, (nel limite degli errori sperimentali), al valore che era stato misurato sperimentalmente per la velocità della luce.
Tale velocità della luce, ci appare in questa trattazione come quella velocità connessa a quella cinematica che consente ai quanti di carica del fotone di sfuggire alla “trappola del vuoto” elettrizzabile, all’attrito elettrico della polarizzazione che costringe, vi è da immaginare, le particelle, se brachioniche (a velocità inferiore a c, dal greco “bradús”, lento), a stoccare energia nella forma di massa a riposo reale e diversa da zero. Un fenomeno questo tutto da meglio comprendere, e su cui bisognerà concentrare le attenzioni.
Nelle sue condizioni cinematiche il fotone smette di vedere il vuoto come lo vedono le cariche a bassa velocità, per lui il vuoto diventa quasi davvero vuoto, “supervuoto”, non più in grado di frenare le cariche del suo dipolo costitutivo, ed è per questo che il fotone costituisce nel suo insieme la particelle che forse, meglio di qualunque altra, in assenza di perturbazioni esterne di campi elettrici, magnetici e gravitazionali, conserva la sua energia ed il suo moto all’infinito con traiettoria del suo centro di massa a moto rettilineo uniforme per distanze e tempi siderali, come massima esemplificazione di quel primo Principio di Inerzia della dinamica formulato da Galileo Galilei! Non possiamo pertanto dire a priori che Maxwell sbagliasse ad immaginare che il vuoto fosse pieno di una qualche entità, che lui chiamava etere, ma mentre nel suo pensiero quell' entità doveva essere il substrato relativamente fisso che permetteva la esistenza e propagazione delle onde e.m., oggi abbiamo scoperto, grazie al Modec, che se di substrato che permette tali onde vogliamo parlare, questo va identificato con l'insieme granulare  dei fotoni, scoperti oggi grazie al Modec come sorgenti dipolari rototrastanti delle radiazioni e.m.; già quel suo modello di etere a ruote dentate, o a micro vortici, ci fa intuire quanto Maxwell si stava avvicinando alla possibilità di prevedere i fotoni e soprattutto nella loro forma di dipoli rototraslanti, ma mai vi giunse a causa del suo "errore" di fondo, più volte richiamato in questo studio. Pertanto l' eventuale entità che occupa il vuoto, oggi scopriamo che non è il substrato la cui consistenza permette l' onda e.m., ma al contrario proprio quel substrato particellare di cariche positive e negative, nel complesso neutro, la cui condizione limite di non influenza sul fotone, per la sua inerzia del vuoto alla polarizzazione elettrica alle condizioni cinematiche limite del fotone, permette ai dipoli sorgenti dell' onda e.m. che costituiscono i fotoni, di generarla e propagarla, la radiazione elettromagnetica, a velocità di traslazione complessiva c, senza dissipazioni, in assenza di altre influenze esterne! 
La condizione di passaggio relativamente ai quanti di carica del fotone, tra lo stato iniziale in cui il fotone ancora non esiste e i quanti di carica vedono il vuoto, e lo stato in cui formano il fotone con le sue caratteristiche cinematiche, e vedono il “super-vuoto”, sembra poter identificare, nelle loro condizioni cinematiche luminali/superluminali, una fenomenologia a gradino, che costringe ad un parallelismo con i fenomeni a gradino connessi all’inerzia alla polarizzazione nei materiali dielettrici, relativamente alla loro risposta a segnali elettrici ad alte frequenze.   
In particolare dobbiamo osservare lo stretto parallelismo, troppo forte e non ignorabile, tra la velocità  c data dalle Equazioni di Maxwell, come inverso della radice del prodotto della costante dielettrica del vuoto per la permeabilità magnetica sempre del vuoto, misurate in laboratorio con cariche a bassa velocità, e la frequenza di taglio di un filtro passa-banda RLC usato in elettrotecnica.
La pulsazione di taglio, è data, per un tale filtro, dall’inverso dalla radice quadrata del prodotto dell’induttanza L dell’induttore, per la capacità C del condensatore; un prodotto pari al prodotto di una superficie, per una permeabilità magnetica assoluta, quella del materiale magnetizzabile all’interno dell’induttore, per una costante dielettrica assoluta, quella del materiale isolante interno al condensatore.
La superficie portata fuori dal segno di radice a spostata a primo membro dove moltiplica una pulsazione, cioè dimensionalmente una frequenza, da dimensionalmente una velocità, che coinciderebbe per quanto espresso con quella della luce se per materiale dielettrico e materiale magnetizzabile si considera il vuoto: la velocità della luce nel mezzo “vuoto”!
Il vuoto sembrava agire come un dielettrico, come lo stesso Maxwell già si accorse, tanto che egli stesso disse che poteva essere “polarizzato elettricamente”.
Come dunque se il vuoto divenisse trasparente alla propagazione della luce solo a quella velocità c; o più in generale diciamo solo in condizioni cinematiche (dei suoi quanti di carica secondo il MODEC) legati alla velocità c!

(Fine prima parte delle speculazioni intorno all'etere alla luce del MODEC)
[ ... continua ... ]


Oreste Caroppo