L' Equivalenza di Massa ed Energia ESCAPE='HTML'

La Relatività Ristretta finalmente corretta attraverso la guida illuminante del Modello Doppio Elicoidale del Fotone

-) Le Trasformazioni Inerziali di Selleri nate per correggere la Relatività Ristretta, e dalle quali emerge una visione dell' Universo, dello spazio e del tempo, che converge perfettamente con l' Universo descritto dal Modec.
-) La scomparsa dei paradossi della Relatività Ristretta.
-) La spiegazione dei fenomeni che erano ad oggi inspiegati e contraddicenti la Relatività Ristretta.

Ne consegue una visione della Natura finalmente non più inquinata da un ossessivo spasmodico relativismo soggettivizzante. La Natura riacquista un’ oggettività che le era stata negata!



Con questo paragrafo scritto proprio il 31 dicembre 2014, si chiude quello che è stato un grande “Annus mirabilis” per la Fisica, il pensiero scientifico umano tutto, e in particolar modo poi per il Modello Doppio Elicoidale del Fotone (Modec), alla cui piena formulazione matematica ero già comunque pervenuto da diversi anni: il 2014, l’anno in cui il Modec ha rivelato tutta la sua straordinaria stabilità elettromagnetica, e la capacità di riunificare la Fisica Quantistica con la Fisica Classica, indicando il corretto modo di guardare alla Meccanica Quantistica, grazie anche alla grandissima scoperta, che il Modec ha permesso in questo anno, di quello che abbiamo definito l’ “errore di Maxwell”, ad esattamente 150 anni dalla presentazione da parte del grandissimo fisico James Clerck Maxwell alla Royal Society delle sue straordinarie equazioni.

Un errore che possiamo ben definire, come abbiamo compreso, “il grande peccato originale della fisica moderna”; un errore di lettura fisico-matematica nel procedimento tramite cui si perviene alle eccelse equazioni delle onde elettromagnetiche, che, sino al 2014, è passato del tutto ignorato e non visto.  Lo studio della propagazione nel pensiero di questo errore ci ha permesso di scoprire la catena di immensi errori concettuali cui ha portato nella visione della Natura in fisica teorica, allontanando quest’ultima sempre più da una descrizione effettiva della Natura (in latino), della Physis (in greco), e del complessivo osservato sperimentale, costringendo di volta in volta, nel tentativo del recupero dei dati empirici fenomenologici (incontrovertibili, nel limite degli errori sperimentali), all' interno dei quadri teorici, ad innumerevoli ulteriori deformazioni teoriche, a dogmi, e persino a forzature celanti aspetti sperimentali scomodi e contraddicenti la teoria, come anche qui vedremo per la Relatività Ristretta, nel caso ad esempio dell' Effetto Sagnac, o dell' Aberrazione Stellare!
Il Modec, la potente chiave mancante di comprensione della Natura che ha anche indicato, come qui esporremo, anche la strada corretta di rilettura dei successi della Relatività Ristretta, indicando il percorso per la sua modifica correttiva, conservandone i successi corroborati dai dati empirici, ed eliminando i suoi paradossi, permettendo la spiegazione dei fenomeni che erano ad oggi inspiegati e contraddicenti la Relatività Ristretta stessa.
Il Modec il tassello mancante nel verso della riunificazione teorica in fisica, e della comprensione semplificante della Natura, che ha disvelato con il Modec tanti suoi segreti celati sotto e "dentro" gli occhi di tutti, da sempre, in una massima elegantissima semplicità logica e strutturale.

Nel compimento, possiamo dire suggestivamente, della grande opera alchemica di comprensione della Natura, la struttura del fotone ci appare quasi come quella vangelica pietra scartata dai muratori, ignorata nel suo valore, che poi recuperata invece tra i rifiuti è divenuta la pietra d’angolo, la pietra di vertice, bethilos, (il "pinnacolo" del trullo con una visione immaginifica pugliese), per il completamento dell’opera, ma anche al contempo come chiave di volta, chiave d’arco, su cui tutto si regge e in cui è il segreto della stabilità di tutto il disegno architettonico della Natura, e della sua piena, o comunque molto maggiore comprensione!
 

PREMESSA.
Nota: riportiamo qui in questa premessa quelle che erano le indicazione e le osservazioni nel percorso di ricerca e di critica aperto sulla Relatività Ristretta dal Modello Doppio Elicoidale del Fotone, e ancor più all’ indomani della fortissima sua corroborazione logico-epistemologica avvenuta con la scoperta dell’ Errore di Maxwell, nonché persino corroborazione sperimentale alla luce dell’ “experimentum crucis” che fu, a favore del Modec, la stessa scoperta del fotone, come abbiamo dimostrato ed esposto nel paragrafo intitolato: “Perché la scoperta del Fotone già dimostrava la validità del suo MODEC scoperto oggi, rendendolo persino irrinunciabile per la sua corretta e piena descrizione?!” (Link: http://fiatlux.altervista.org/perch%C3%A9-la-scoperta-del-fotone-gi%C3%A0-dimostrava-la-validit%C3%A0-del-suo-modec-scoperto-oggi-.html), nessuno se ne poté rendere conto a causa del non visto errore di Maxwell ("L’ Errore di Maxwell, il Grande Peccato Originale della Fisica Moderna", link: http://fiatlux.altervista.org/l-errore-di-maxwell-il-grande-peccato-originale-della-fisica-moderna.html).
La mia scoperta di questo importante errore nel pensiero fisico odierno risale al periodo estivo del 2014, stagione in cui si collocano queste seguenti riflessioni.
-----------------------------------------------

 

" EUREKA ! " La massa a riposo che si calcola per il Fotone nel sistema del Modello Doppio Elicoidale è nulla esattamente come la Relatività Ristretta prevede debba essere la massa a riposo per il Fotone reale, sempre nulla durante la sua esistenza!

 

rest mass of the photon, in the MODEC ESCAPE='HTML'

Qui in questa immagine sopra un estratto dalla pagina 22 del mio scritto, intitolato  "Il Modello del FOTONE di Oreste Caroppo" (qui in PDF).

Incuriosisce molto tutti, quando si parla del fotone, la sua caratteristica proprietà relativistica della massa a riposo nulla. Una proprietà che la relatività ristretta ci dice devono soddisfare tutte le particelle luminali ovvero quelle che nel vuoto si spostano alla velocità della luce nel vuoto, quale per antonomasia il fotone. Il fotone nel suo complesso, diciamo ora sulla base del Modello Doppio Elicoidale.
E infatti nello sviluppo euristico di questo modello doppio elicoidale del fotone, la questione della valutazione proprio della sua massa a riposo mi ha impegnato a lungo.
Finché, d'un tratto, compresi, e ciò risale ormai a diversi anni or sono, come trattare la questione a partire dall' importanza di concentrarsi sul centro di massa del sistema fotone teorizzato. Mi resi conto che in relatività ristretta per un sistema di particelle la massa a riposo totale non è detto che sia pari alla somma delle masse a riposo delle componenti, (questo ad esempio avviene se son tutte ferme nel sistema inerziale di loro valutazione). Nel passaggio dalla fisica classica alla fisica relativistica la formula per la determinazione, in un sistema di riferimento inerziale, del centro di massa, continua a valere immutata se come massa con cui pesare i raggi vettori dei singoli punti materiali, della distribuzione discreta di punti materiali di cui si cerca il baricentro, si considera la massa relativistica, (e dunque la loro energia relativistica totale); infatti l'additività della massa di più punti materiali per determinare la loro massa totale continua a valere in relatività se come loro massa si considera la più generalizzante massa relativistica, (è quindi l'additività che vale per l'energia totale). Così, come anche intuibile dalla perfetta simmetria fisico-geometrica della teorizzata struttura doppio elicoidale del fotone, il centro di massa si dimostra cadere sempre nel punto medio geometrico del segmento congiungente le due semi-particelle del fotone, e quindi sull' asse della doppia elica. Tale punto, così identificato, trasla alla velocità di traslazione complessiva del fotone nel nostro modello, che ha modulo c, la velocità della luce nel vuoto. Un moto di tale punto ben coincidente, come deve essere, con il moto del centro di massa con cui tale punto coincide; la relatività ci dice infatti che il vettore della velocità del centro di massa, di una distribuzione di punti materiali, (nel nostro caso le due semi-particelle ipotizzate puntiformi del dipolo costitutivo del fotone), è dato dal vettore della quantità di moto totale della distribuzione, per il modulo della velocità della luce al quadrato, diviso l’ energia totale della distribuzione, (che per noi è l’energia totale del fotone), e il risultato di questa formula è proprio il vettore velocità che ha modulo pari a c, direzione quella dell’asse della doppia elica e verso pari al comune verso di traslazione delle due semi-particelle del fotone nel nostro modello. Presa dunque la formula relativistica da utilizzare per il calcolo della massa a riposo totale, applicandola al modello ne ottenni, con estrema immediata semplicità, che essa risultava meravigliosamente uguale a zero, come appunto nel fotone reale!
Un risultato questo estremamente importante affinché il modello doppio elicoidale mantenesse consistenza e continuasse a descrivere correttamente e spiegare le proprietà del fotone viaggiante nel vuoto. Era l' ultimo tassello che mi mancava, una volta formulato e strutturato tutto: la massa a riposo. E la massa a riposo risultò, così, nulla, come doveva essere! Fu alla vista dell' ottenimento di quel cerchio tondo, lo zero, alla fine della formula che calcolava la massa a riposo del centro di massa del sistema fotone, quindi la massa a riposo totale del fotone nel sistema doppio-elicoidale, che, devo dire, con piena gioia, esultai più volte "Eureka!", (termine anche famigliare per i miei studi della lingua "grika", il dialetto greco-salentino che accompagna il locale dialetto romanzo in un antico locale regime culturale di bilinguismo).
Ho estratto e riportato nell' immagine sopra dalla pagine 22 del mio scritto, le considerazioni, le formule applicate e i calcoli per cui ho affermato che il centro di massa del modello di fotone proposto, date le caratteristiche cinematiche e dinamiche della struttura, (l' energia totale=massa relativistica per il modulo della velocità della luce nel vuoto  al quadrato, e la vettoriale quantità di moto complessiva, pari entrambe a quelle corrispondenti del fotone reale di idem lunghezza d'onda), ha massa a riposo nulla come correttamente deve essere per il fotone reale! Questo risultato applicando i teoremi del moto del centro di massa e la formula relativistica per la massa a riposo complessiva di un sistema di più componenti, che non è genericamente data dalla somma immediata delle masse a riposo delle componenti, (somma valida invece per le masse relativistiche), come sopra ricordato!


Ulteriori Considerazioni: richiamando l' errore di Maxwell che grazie al Modello Doppio Elicoidale abbiamo scoperto, e le sue conseguenze, osserviamo qui che si tratta dunque di un errore di cui neppure Einstein, (scopritore, si può dire, insieme a Planck, del fotone), si accorse, e sul quale egli fondò inconsapevolmente la sua visione del mondo. In particolar modo Einstein assorbì acriticamente, (eccezion fatta per il concetto di etere, almeno inizialmente), la visione del campo elettromagnetico sviluppata da Maxwell e condizionata e pertanto distorta dall' errore che abbiamo rimarcato: Maxwell affermava essere l'esistenza del campo elettromagnetico come quindi la sua proprietà propagativa indipendenti da sorgenti, (da cariche in movimento); una volta sviluppatosi in qualche luogo e tempo, a partire da campi oscillanti. Una visione, che, per quanto abbiamo dimostrato, la scoperta proprio degli stessi fotoni già smentiva; ma di tutto questo non ci si accorse, non essendosi accorto nessuno di quell' errore sotteso, (errore la cui comprensione ha oggi manifestato tutto il suo immenso potere rivelante disvelante e chiarificatore)!
Nella rivalutazione critica di tutto il pensiero fisico teorico successivo a Maxwell, è grande augurio che le interpretazioni erronee di Maxwell non abbiano intaccato alcuni dei risultati più brillanti raggiunti dal pensiero di Einstein. Lo stesso Modec, che nella sua stessa impalcatura fisico-matematica utilizza con pieno successo, (nel suo studio condotto in un sistema di riferimento assunto e che appare nel Modec come privilegiato), le leggi della Relatività Ristretta, in particolare la famosa relazione di equivalenza tra masse relativistiche ed energia totale, dimostra ad esempio la validità di tale relazione. (La teoria della Relatività Ristretta, o Speciale detta, RR o RS,  fu sviluppata nel 1905 da Einstein, a partire dai contributi di altri coevi studiosi, matematici e fisici, come Lorentz).
Così di un certo interesse anche il fatto che il Modec porta a risultati coerenti con le previsioni della RR per il fotone, in merito alla sua massa a riposo, che deve essere per il fotone reale, come nel Modec è identicamente per il suo centro di massa, nulla, attraverso l’applicazione della relazione relativistica che collega la massa a riposo all’energia totale e al modulo della quantità di moto totale del sistema.

Ma non dobbiamo dimenticare che la relazione di equivalenza tra massa ed energia E=mc^2, sopra menzionata, il cui utilizzo è fondamentale nel Modec, in realtà è un risultato che il fisico austriaco Fritz Rohrlich è riuscito a dimostrare in modo molto semplice ed elegante senza servirsi di espressioni matematiche di tipo relativistico, bensì basandosi esclusivamente sulle leggi della fisica classica, quali il principio di conservazione della quantità di moto e l’ Effetto Doppler nell' emissione dei fotoni (anche se quest'ultimo torna ad essere un risultato teorico relativistico).
Riporto qui in merito, senza aver ulteriormente approfondito, quanto sostengono gli autori di questo articolo, gli studiosi Luigi Maxmilian Caligiuri e Amrit Sorli, presentato in questo link: http://altrogiornale.org/energia-e-massa-relativistica-provengono-dallomogeneita-dello-spazio-e-del-tempo-e-dalla-densita-di-energia-del-vuoto-quantistico/.

Qui essi scrivono, e la presentazione che riporto è molto interessante ai nostri fini: “In questo articolo vi mostreremo in primo luogo che, usando le sole leggi classiche della meccanica di Newton, dell'elettrodinamica classica e i principi fisici fondamentali di omogeneità dello spazio e del tempo senza alcun riferimento alla Teoria della Relatività, è possibile ricavare la forma corretta dell'equazione fondamentale E = mc^2, l'energia relativistica e la quantità di moto di una particella libera in un sistema inerziale preferito.”
L' importanza che in questo primo sviluppo fisico-matematico del Modec riveste la relazione E=mc^2 ci invita ad ulteriori considerazioni su di essa. L' anno in cui questa formula, che lega massa ed energia, fece la sua comparsa nel mondo della fisica teorica, si considerava essere stato il 1905, con la pubblicazione da parte di di Albert Einstein di un' aggiunta, nel settembre del 1905, al suo articolo pubblicato in giugno, sulla Relatività Ristretta o Speciale come sarà chiamata; l'articolo si intitolava comunque "Sull'elettrodinamica dei corpi in movimento" (in tedesco "Zur Elektrodynamik bewegter Körper").

In realtà da pochi anni si è scoperto e rimarcato sulla stampa che la medesima formula fu raggiunta ed esposta pubblicamente alcuni anni prima del 1905, nella forma "mv^2", con v la velocità del corpo in movimento, dal fisico e agronomo italiano Olinto De Pretto (1857-1921), nel suo saggio dal titolo "Ipotesi dell'etere nella vita dell'universo", che, nel 1903, Olinto De Pretto presentò all' "Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti".

Vedi per approfondimento il testo medesimo di Olinto de Pretto consultabile al link: http://www.cartesio-episteme.net/st/mem-depr-vf.htm.

Lì egli affermava che  "la materia di un corpo contiene una quantità di energia rappresentata dall'intera massa del corpo". Nel suo saggio enunciò e argomentò la relazione tra massa ed energia usando per la prima volta la formula "mv^2" dove, la lettera “v”, rappresentava espressamente la velocità della luce.
Tale quantità, che dimensionalmente è un' energia, è chiamata da Olinto "forza viva", che è un concetto di dinamica fisica che risale al famoso filosofo fisico e matematico Leibniz (Gottfried Wilhelm von Leibniz, 1646 - 1716), e che corrispondeva al doppio dell’ energia cinetica classica di un corpo, dunque proprio E=2(Ecinetica)=2(1/2)mv^2=mv^2, ma ad Olinto va riconosciuto comunque l'aver intuito la necessità di porre tale velocità pari alla velocità della luce, per esprimere l'intero contenuto di energia totale ed equivalente alla massa di un corpo, come sarà poi nella formula di Einstein. Olinto si riferiva alla velocità delle particelle di etere, supposta pari a quella della luce. E in questo vediamo anche una maturazione nel verso del concetto di fotone, alla cui idea aveva contribuito già Planck nel 1900, con la scoperta del quanto di radiazione elettromagnetica, e cui contribuirà sempre nel 1905 Einstein con il suo articolo sulla spiegazione dell' effetto fotoelettrico, spiegazione con la quale si comprese come tale "quanto" viaggi nel vuoto alla stessa velocità della radiazione elettromagnetica nel vuoto di cui è il quanto, e dunque c.
L' immagine delle particelle di etere che viaggiano alla velocità c, (a differenza della concezione di un etere semi-statico in cui si diffonde l' onda e.m. che emerge dalle interpretazioni di etere di Maxwell), ci fa intravvedere una visione molto più prossima a quella che permette la teoria del Modec, la quale, individuando l' errore di Maxwell, (di cui però neppure Olinto si accorse), consente di capire che, fermo restando l' esistenza di un vuoto con delle proprietà, che implicano il valore di c, non è l'esistenza di un "etere luminifero" semi-statico che permette come loro substrato materiale il transito delle radiazioni elettromagnetiche come onde, ma son delle coppie di cariche dipolari, (nel complesso dunque neutre), che formano i fotoni, (che son per cui generatori-sorgenti dei campi elettromagnetici delle radiazioni e.m. dalle suggestioni ondulatorie), che rototraslano alla giusta velocità tale per cui, relativamente ad esse, il vuoto non è più in grado di opporre loro resistenza; viene meno l' "attrito elettrico da polarizzazione spaziale delle cariche del vuoto", (così possiamo interpretare questa resistenza), a causa di una inerzia del vuoto alla polarizzazione per particelle cariche con le caratteristiche di moto che nel fotone, e non a caso solo nel fotone, proprio si verificano!
Per cui ne sottolineiamo qui questa bella intuizione di Olinto de Pretto, delle "particelle di etere", (come le chiama -  ma son in realtà proprio i fotoni a ben vedere), viaggianti a velocità c; un’ intuizione che richiama una frase che io avevo scritto nello sviluppo degli studi sul Modec, e che qui riporto: "Se volessimo comunque recuperare un senso al concetto etereo di “etere lumini fero”, supportatore dell’onda elettromagnetica, suo sub-strato come in certe originarie interpretazioni delle scoperte delle onde e.m. di Maxwell, allora proprio per la sua aggettivazione “luminifero”, letteralmente dal latino “portatore di luce”, lo dovremmo identificare con l’insieme granulare dei fotoni che formano le onde elettromagnetiche stesse!"; fermo restando che, come vedremo, il concetto di un vuoto stazionario con proprietà elettromagnetiche, (tra cui la polarizzabilità a mo' di un dielettrico in presenza di cariche elettriche esterne ad esso, e l' inerzia alla polarizzazione per cariche ad altissime opportune velocità relativamente a tale vuoto stazionario), è implicato sempre dal Modec e pertanto deve essere da noi affermato. Un vuoto "pieno" che con le dovute distinzioni è possibile e bene continuare a chiamare con l'antico nome di "etere"!
La possibilità per Olinto, come per Einstein, come per Maxwell e Lorentz, ecc. ecc. ecc. di capire la vera struttura del fotone, fu condizionata ovviamente e impedita dal non visto e neppure mai supposto "errore di Maxwell".  Per giungere alla sua formula di relazione tra energia e massa, Olinto De Pretto non utilizzò la teoria della Relatività Ristretta che ancora doveva essere sviluppata, e questo è piuttosto interessante in queste osservazioni qui sviluppate.
Ma osserviamo che in ogni caso già negli studi del fisico olandese Hendrik Antoon Lorentz (1853-1928), sul finire dell' ottocento, nella definita "Teoria dell' Etere di Lorentz", in acronimo TEL, (in inglese "Lorentz Ether Theory", LET), con contributi anche in merito del matematico e fisico Henri Poincaré (1854-1912), si deve evidenziare l' importanza data proprio al fattore di conversione c^2 nella relazione tra massa ed energia, anche se non già in una formula semplice e definitiva come quella oggi universalmente nota, E=mc^2, grazie agli indiscutibili sviluppi e contributi di Einstein. Indubbio è comunque l'influsso esercitato su Einstein da Lorentz.
Si tratta di interessanti casi di convergenza storica, più o meno parallela, e più o meno con reciproche influenze, in uno stesso periodo storico, verso una medesima scoperta fisica. La Natura è una e sola, da tutti indagata e sulla base anche di contributi precedenti di indagine, per cui tutto questo non meraviglia certo, ma contribuisce a corroborare la validità di alcune scoperte; un fenomeno che si osserva spesso in tutti i campi scientifici e nella matematica, nella storia del pensiero umano!
In definitiva, osserviamo che la riconferma da parte del Modec della non-località delle interazioni elettro-magnetiche costringe ad una rivisitazione critica di tutto il pensiero einsteniano, che negava tale non-località, (una negazione che è effetto conseguente dell' errore di Maxwell), come anche obbliga ad una rilettura, alla luce dei nuovi dati forniti dal Modec sulle proprietà del vuoto e non solo, dei risultati teorici sviluppati a partire dal famoso esperimento di Michelson-Morley del 1887, che giustamente dimostrò, e questo aspetto in accordo con il Modec, l' insostenibilità dell'ipotesi dell' "etere luminifero" con le proprietà nel vuoto immaginate da Maxwell.
Una rivisitazione critica della Relatività Ristretta che nel mentre dovrà salvare i suoi grandi risultati teorici previsionali e/o esplicativi di fenomeni reali che sono stati osservati sperimentalmente e che hanno resistito solidamente all'analisi epistemica, dovrà al contempo ricontemplare nella visione dell' universo e consentire la possibilità dell' interazione a distanza, ad oggi negata nel quadro teorico complessivo della Relatività Ristretta.
Un' osservazione da cui ripartire nelle valutazioni critiche è che il valore della Velocità della Luce nel vuoto, c, che ci forniscono le Equazioni delle onde e.m. di Maxwell, è una valore che tali equazioni ci dicono dipendere ed essere implicato dalle proprietà statiche del vuoto legate al campo elettrico e al campo magnetico, e dall' isotropia ed omogeneità di tali proprietà nel vuoto. Proprietà che si ricavano dalla Legge del campo elettrostatico di Coulomb nel vuoto, da cui si misura il valore della Costante Dielettrica del vuoto "epsilon0", e dalla Legge di Biot-Savart, legge magnetostatica del campo magnetico, da cui si misura il valore della Permeabilità magnetica del vuoto "mu0". Dalle equazioni di Maxwell si ottiene che la Velocità della Luce nel vuoto, c, è data dall' inverso della radice quadrata del prodotto tra epsilon0 e mu0. Il "vuoto", dal Modec non ci appare del tutto vuoto, e vuoto esso non è neppure nella visione sviluppata nella Meccanica Quantistica, per cui difficile sarebbe non ripartire dallo studio di un sistema di riferimento solidale a tale "vuoto pieno" cui si riferiscono le proprietà misurate di epsilon0 e mu0, e c, dall' elettromagnetismo classico. 

Raggi di Luce ESCAPE='HTML'
Il modulo della Velocità della Luce nel vuoto, formula dalle Equazioni delle onde e.m. di Maxwell ESCAPE='HTML'

Il modulo della Velocità della Luce nel vuoto. Formula ottenuta dalle Equazioni delle onde e.m. di Maxwell.


-----------------------------------------------

 

COME IL MODEC INDICA IL VERSO DELLA CORRETTA MODIFICA DELLA RELATIVITA’ RISTRETTA
 

Le trasformazioni inerziali di Selleri che correggono le trasformazioni di Lorentz
in una straordinaria convergenza scientifica e storica crono-spaziale con il Modec

 

Per lo sviluppo della Relatività Ristretta fondamentali furono le riflessioni da parte di Einstein sul concetto di etere che emergeva dalle speculazioni dell’elettromagnetismo classico.
Alla base dello sviluppo da parte di Einstein della RR vi è, come anche diremo più approfonditamente in seguito, la rinuncia all’etere.
Con il Modec invece si riafferma l’esistenza dell’etere, con i distinguo anche sopra già evidenziati.  Cambia la comprensione del rapporto tra onda elettromagnetica e etere rispetto alle speculazioni di scarso successo, in merito effettuate da Maxwell e più in generale nel filone dell’elettromagnetismo classico, prettamente fondato sulla sola ottica ondulatoria della luce, (non integrata come necessario con la visione corpuscolare della luce di Newton).
Si approfondisce quindi con il Modec la comprensione del rapporto tra fotone ed etere: quest’ultimo non appare più come il substrato dove le onde elettromagnetiche diffondono come se fossero una sua perturbazione, ma come invece quel substrato che proprio al fotone, (con le sue precise caratteristiche rispetto all'etere stesso), riesce a mostrarsi come trasparente, ovvero tale da non esplicare più quella polarizzazione elettrica nei confronti delle cariche del dipolo di cariche elettriche elementari costituenti il fotone, (secondo quanto previsto e scoperto dal Modec); una polarizzazione elettrica che invece normalmente si manifesta intorno alle cariche elettriche ferme o viaggianti a bassa velocità rispetto a questo riscoperto etere!
È evidente pertanto come il Modello Doppio Elicoidale del Fotone implichi una rivisitazione critica della teoria della Relatività Ristretta, alla ricerca di sue possibili estensioni o modifiche tali da permettere la previsione di interazioni istantanee non-locali a distanza, interazioni che necessariamente abbisognano, per avere una consistenza fisica, di simultaneità assoluta, che invece la Relatività Ristretta, per come ad oggi formulata, nega, a favore di una sola simultaneità relativa di eventi che avvengono in punti differenti dello spazio, (la simultaneità diventa relativa in RR e dipende dal moto dell’osservatore); ma estensioni o modifiche tali anche da salvare tutti i successi empiricamente comprovati della Relatività Ristretta.
Proprio con la guida illuminante del Modec, e dell’universo che ci descrive, ho allora ricercato tutti i possibili punti ancora nebulosi e non ben chiari in seno alle teorie della Relatività, della Relatività Ristretta, come anche della Relatività Generale che ne rappresenta una estensione sviluppata negli anni successivi da Einstein ad inclusione della Gravità, di ci non si riusciva a tener conto nella formulata teoria della Relatività Ristretta. Nebulosità includenti paradossi logici-fisici, e fenomeni concernenti la luce, e riguardanti i postulati di base della RR, non spiegati dalla RR o spiegati ma solo attraverso esemplificazioni distorcenti o ignoranti importanti aspetti fenomenologici e loro implicazioni.
E’ il caso ad esempio dell’ Effetto Sagnac e dell’Aberrazione Astronomica, di cui anche oltre diremo. 
Partendo così dall’approfondimento delle implicazioni dell' effetto Sagnac, scoprendo come ben poco correttamente sia stato “spiegato”, come taluni hanno cercato di far invece credere, con l'uso delle teorie einsteiniane di relatività, ho avuto l’estremo piacere di scoprire gli importantissimi e anche recenti studi effettuati a cavallo tra XX-simo e XXI-simo secolo dal professor Franco Selleri, professore di Fisica Teorica presso l' Università di Bari. Studi critici sulla RR, che propongono una modifica semplice, matematicamente semplicissima, ma dalle grandi eccellenti conseguenze, da apportare alle trasformazioni di Lorentz, risolvendo così in un solo colpo numerosissimi paradossi della RR, spiegando coerentemente e senza forzature ed in maniera limpida l’ Effetto Sagnac, come l’Aberazione Astronomica, (cogliendo così e non negando quando questi due esperimenti e fenomeni mostrano limpidamente sulle relazioni tra luce ed etere), e descrivendo nel complesso un universo in nulla contraddittorio o paradossale, che, cosa che qui è poi altamente importante ai fini del nostro studio sul Modec, è in perfetto accordo con la visione dell’Universo che emerge dal Modec; la visione dell’ Universo che il Modello Doppio Elicoidale suggerisce, sulla base del suo quadro complessivo così tanto coerente con il fotone, le onde elettromagnetiche, e la quantizzazione della carica elettrica, da cui tale modello teorico ci mostra derivare quella della radiazione elettromagnetica, su cui si fondano e si devono fondare gli sviluppi della Fisica Quantistica, il cui compito, comprendiamo ancor più e ancor più nitidamente, è quello di studiare come i sistemi microscopici scambiano energia ed altre grandezze fisiche attraverso fotoni, e dunque attraverso i quanti del campo elettromagnetico.
Questi quanti son ora ben compresi attraverso il Modec, nella loro profonda natura di sorgenti basilari di tale ondulatorio campo elettromagnetico, meglio ancora dire di tali onde elettromagnetiche, in contrasto con la contraddittoria dogmatica idea affermatasi nella moderna Teoria Quantistica dei Campi, fondata sul dogmatico principio di complementarità di un dualismo onda-corpuscolo, che afferma le due nature, quella di corpuscolo-quanto e quella di campo-onda, come due facce dello stesso ente fisico, complementari ma tali da non poter coesistere insieme nello stesso tempo e luogo; mentre invece con il Modec le due nature si rivelano e spiegano coesistenti e connaturate tra loro nel campo elettromagnetico, nel e tramite il fotone e la sua struttura.
Teoria Quantistica dei Campi che arriva all’ ulteriore degenerazione della affermazione della “località” dell’interazione connessa al campo elettrico e magnetico, anche nel caso elettrostatico, affermando il fotone come particella mediatrice dell’interazione elettrica tra cariche, quando invece il Modec pur conservando la finita velocità di propagazione del fotone nello spazio-etere, come deve essere, rivela la natura superluminale, istantanea a distanza, dunque non-locale dell’interazione elettrica, e di quella magnetica dunque anche, (essendo il campo magnetico sempre legato al campo elettrico; due campi, quello elettrico e quello magnetico che hanno sempre nelle cariche elettriche, come in quelle che scopriamo costituire il fotone grazie al Modec, le loro continue sorgenti, da cui, con il Modec sempre scopriamo, non possono svincolarsi, divenendo in certe circostante indipendenti nelle onde e.m., come creduto erroneamente a seguito dell’errore di Maxwell).   
Di fronte agli evidenti successi teorici del Modec descrittivi della realtà fisica reale, si può essere tentati di sottoporre il modello al giudizio capitale della RR, con il rischio di dover abbandonare un simile modello di fronte a conseguenti contraddizioni con la teoria ortodossa della RR. Ma il Modec rappresenta una novità così inattesa e così illuminante dal forte valore dirompente che invece invita ad agire in verso opposto, ovvero sottoporre le teorie ortodosse alla sua valutazione!
Un simile agire non sarebbe epistemologicamente corretto se le teorie ortodosse, in questo caso la RR, fossero in tutto coerenti con la realtà, predittive correttamente e senza trucchi dimostrativi d’ogni aspetto della realtà trattata dalle teorie.
Così invece non è per la RR, come il professor Selleri ha ben esposto nei suoi lavori, rimarcandone paradossi logici interni e incapacità dimostrative di taluni fatti empirici che in coerenza con la teoria non dovrebbero mostrarsi come invece si mostrano.
Già tutto questo indica le necessità di una modifica della RR volta alla risoluzione di questi suoi evidenti problemi interni, conservandone gli indiscussi successi, non filosofici, ma descrittivi di vari altri fenomeni. La soluzione al problema è stata travato da Selleri matematicamente individuando le più corrette trasformazioni che generalizzano quelle galileiane anche al caso delle altissime velocità, mostrando come esse non siano esattamente quelle di Lorentz. Trasformazioni generalizzare al cui interno Selleri individua la presenza di un parametro cruciale, (vedi approfondimento seguente e link indicati), che impostato come fatto da Lorentz ed Einstein, porta nel verso del relativismo totale tra i sistemi di riferimento inerziali, posto invece il medesimo parametro uguale a zero, come compreso e fatto da Selleri per giungere alla sue definite “trasformazioni inerziali”, permette di affermare l’esistenza di un sistema di riferimento inerziale sempre, ma privilegiato rispetto a tutti gli altri per la descrizione dei fenomeni elettromagnetici, quello solidale ad un riaffermato esistente etere stazionario, rispetto al quale, si riafferma, correttamente le equazioni classiche dell’elettromagnetismo descrivono i fenomeni elettromagnetici.
Tutto questo stretto legame tra fenomeni elettromagnetici (luce ovviamente inclusa) ed etere entro cui si svolgono, venendone condizionati, viene ulteriormente ribadito e ancor più compreso oggi anche nei suoi più chiari meccanismi microscopici attraverso il Modec.   
Per Selleri, dunque anche, esiste un sistema di riferimento privilegiato e tale sistema va identificato con ciò che è possibile chiamare etere. Grazie ad esso e grazie alle connesse trasformazioni inerziali si ha modo di risolvere i problemi fisico-matematici implicati dalla RR e pertanto dalle trasformazioni di Lorentz.
La teoria di Selleri è nata dunque proprio in un’ università pugliese, quella di Bari, città poco distante da quella sempre pugliese di Lecce dove ha sede invece l’ Università del Salento, centro della mia formazione accademica presso la facoltà di Ingegneria dei Materiali.
Una teoria quella di Selleri che sembra essere stata scoperta e dipinta proprio in attesa del Modello Doppio Elicoidale del Fotone, per preparare e spianare a questo la strada per la sua piena affermazione, indicando in quali modi deve essere modificata la teoria della Relatività Ristretta per rendere non paradossali velocità superluminari, per ammettere l’esistenza dell’etere, spiegare l’ Effetto Sagnac, l’ Aberrazione Astronomica, ecc., e conservare tutti i successi dimostrati empiricamente della Relatività Ristretta, inclusa la relazione E=mc^2 di cui si fa uso nel Modec. Una teoria che si libera di tutto quel campionario di paradossi portato dalla teoria della Relatività Speciale, grazie all’affermazione del concetto di simultaneità assoluta e non più relativa, che apre le porte alla non-località delle interazioni elettro-magnetiche previste dal Modec. Mentre secondo Einstein e Poincaré la simultaneità di eventi che hanno luogo in punti diversi dello spazio può essere definita solo per convenzione, con la correlata negazione delle interazioni a distanza e quindi a velocità infinite, come di velocità superluminali.

Tantissimi successi teorici della teoria di Selleri, e soltanto attraverso l’impostazione a zero di un parametro che compare nella generalizzazione delle trasformazioni di Galileo, proprio in quello stesso verso generalizzante seguito da Lorentz, e volto a tener conto dei risultati sperimentali dell’esperimento di Michelson-Morley.

La Teoria del Modec e la Teoria delle Trasformazioni Inerziali, due teorie tra loro sviluppatesi indipendentemente, e grossomodo nello stesso periodo storico e area geografica, a cavallo tra i due secoli, e all’ inizio di questo nuovo millennio, e cosa ancor più straordinaria grazie al contributo di menti operanti, osservanti e riflettenti nella medesima regione del sud Italia, nel verso di una straordinaria convergenza tra le due teorie che ancor più si rafforzano in tal modo, scoprendosi ora l’un l’altra, vicendevolmente!

-----------------------------------------------

 

APPROFONDIMENTO
la Teoria Inerziale di Selleri e le sue Trasformazioni che sostituiscono la Teoria della Relatività Ristretta di Einstein e le Trasformazioni di Lorentz
con la conseguente descrizione di un Universo perfettamente coerente con il Modello Doppio Elicoidale del Fotone



Risulta quindi importante  approfondire qui le cosiddette “trasformazioni inerziali” proposte dallo studioso Franco Selleri, che, come questo stesso fisico teorico ci informa nei suoi molteplici scritti, permettono di risolvere i numerosi paradossi della Relatività Ristretta, permettendo di spiegare anche l'effetto Sagnac, e non solo.
Ai nostri fini le sue speculazioni si rivelano molto interessanti perché, mantenendo la conferma predittiva per tutte quelle stesse conseguenze della Relatività Ristretta che si son dimostrate corrispondere a fatti empiricamente confermati da fenomeni implicanti variazioni relative di intervalli temporali e di distanze, riaffermano il concetto dell’esistenza, tra tutti i sistemi di riferimento inerziali, di un sistema privilegiato solidale al vuoto stazionario dotato di proprietà fisiche e che ben afferma lo stesso Selleri, (sebbene con proprietà magari differenti da quelle immaginate dall’ elettromagnetismo classico per l'etere luminifero, aggiungo io), possiamo comunque continuare a chiamarlo “etere”.
Concentriamoci ad esempio su quanto scrive Selleri  in questi due suoi  articoli, di cui si consiglia una attenta lettura, intitolati:
-)  “Tempo Relativo e Simultaneità Assoluta” (Università di Bari - Dipart. di Fisica; INFN - Sezione di Bari; Via Amendola 173, I-70126 Bari - Link: http://www.brera.unimi.it/sisfa/atti/1996/selleri.html);
-) “Relativismo ed Etere Di Lorentz” (Franco Selleri, Università di Bari, link: http://www.brera.unimi.it/SISFA/atti/2003/16-34Selleribari.pdf ).
Selleri sottolinea come un’ «abolizione» dell’etere accompagnò la nascita delle due teorie relativistiche. Albert Einstein nel 1905 aveva sull’etere una posizione negativa, giungente quasi a negarne del tutto l’ esistenza, o comunque a ritenerlo non necessario per la descrizione dell’universo, e quindi del tutto trascurabile come concetto da prendere in considerazione in ambito fisico. Nel lavoro di Einstein del 1905 egli affermava che l’introduzione di un etere luminifero poteva essere considerata superflua, perché alla nuova teoria della Relatività Ristretta non serviva uno spazio assolutamente stazionario corredato di particolari proprietà, né un mezzo nel quale fare avvenire i processi elettromagnetici come la propagazione della luce; [una visione che oggi ci appare fin troppo semplicistica alla luce del Modec; praticamente errata!].
L’annullamento del concetto dell’etere, porta Einstein di conseguenza alla conclusione che non ha senso parlare di movimento rispetto ad un etere che è nulla, che non esiste. Pertanto si approda a dare senso solo al concetto di spostamento relativamente ad altri oggetti. La teoria di Relatività Speciale fondata  sulla negazione dell’etere implica di conseguenza la completa equivalenza degli osservatori in moto, relativo tra loro, rettilineo uniforme, perché non c'è ragione che siano inequivalenti, dato che, volendo ragionare in termini assoluti si muoverebbero rispetto al nulla, e pertanto non si potrebbe parlare di un moto assoluto. Ne consegue l’affermazione in fisica con la RR della filosofia del relativismo e del soggettivismo. 
La negazione dell’ etere attecchì  facilmente e fu sposata da parte dei fisici antirealisti fautori della corrente interpretativa della concezione di Copenaghen, detta, della Meccanica Quantistica. Ad esempio Heisenberg scrisse: “Dato che tutti i sistemi di riferimento che sono in moto traslatorio uniforme l’uno rispetto all’ altro sono equivalenti per la descrizione della natura, non ha significato affermare che c’ è una sostanza, l’etere, che è a riposo in uno solo di questi sistemi.” (W. Heisenberg, “Physics and Philosophy”, Harper, New York, 1962, p. 114).
[Sebbene poi, faccio qui notare, la stessa Teoria Quantistica dei Campi (in inglese Quantum Field Theory o QFT) riapproda al concetto di etere, come in seguito meglio dettaglieremo].
Con l’ affermarsi delle concezioni di Copenaghen in Meccanica Quantistica, a partire dalla metà degli anni ‘20, assistiamo alla convergenza della maggioranza dei fisici nel verso di una medesima visione filosofica fondata su basi idealistiche. In questo quadro l'abbandono dell’etere e l’accettazione del relativismo soggettivistico, il passaggio dal materialismo al mentalismo, diventò la grande e stabile moda in fisica del secolo trascorso, il ‘900, l’ortodosso pensiero dominante, il “main stream” in fisica, direttosi nel verso della negazione della stessa realtà! Follia! Il venir meno gravemente del “buon senso” che si collega alle “sensate esperienze” di galileiana memoria!
E così i tanti paradossi generati dalla RR, che come ogni paradosso che compare in una teoria dovrebbe portare ad una critica rianalisi della stessa, son divenuti, son stati presentati come caratterizzazione della stessa RR dai suoi tantissimi seguaci, affermando al contrario la scorrettezza di ciò che il pensiero umano ritiene ovvio, ma che si pone in contrasto con le conseguenze dei postulati della Relatività Ristretta! Un paradosso invece spesso è una predizione che ben indica che nella teoria si annidino ipotesi contro natura che devono essere rintracciate e modificate, se si vuole far sì che la teoria continui a descrivere e sempre più correttamente la realtà.
Nella storia del concetto di etere in fisica, all’ indomani del 1905, anno della pubblicazione dell’articolo di Einstein sulla teoria della RR, le affermazioni negazioniste non convinsero inizialmente alcun esperto della necessità di eliminare tale concetto, tanto sostenuto nel corso dell’ ‘800, dalla speculazione scientifica; un concetto talmente radicatosi anche popolarmente che persino ancor oggi, al di là del dibattito scientifico, viene utilizzato popolarmente soprattutto quando si parla delle trasmissioni in onde radio.
Così osserviamo che il grande matematico Henri Poincaré, che era in stretti rapporti con Einstein, continuò sempre a parlare tranquillamente dell’etere, come ad esempio nel 1912 in una conferenza fatta alla Società Francese di Fisica intitolata “I rapporti fra la materia e l'etere” (H. Poincaré, Jour. Phys. Théor. Appl., 1912, 5e série, vol. 2, p. 347).
Idem posizione favorevole all’esistenza dell’etere mantenne Lorentz che nel 1909 pubblicò un libro in cui sviluppava organicamente la sua diversa formulazione della fisica relativistica, formalmente equivalente alla RR, ma basata sull’idea dell'etere.
“Dato che può essere sede di un campo elettromagnetico con la sua energia e con le sue vibrazioni l’etere non posso che considerarlo dotato di un certo grado di sostanzialità, per quanto diverso possa essere dalla materia ordinaria. Su questa linea di pensiero sembra naturale non assumere  fin dall’inizio che non possa mai fare alcuna differenza che un corpo si muova o no attraverso l'etere, e misurare le distanze e gli intervalli temporali per mezzo di regoli e di orologi che hanno una posizione fissa relativamente all'etere.” (H.A. Lorentz, “The Theory of Electrons and its applications to the phenomena of Light and Radiant Heat”, Dover, New York, 1952; La frase sopra citata tra virgolette è alle pp. 229-230).
Nella concezione di Lorentz esiste un etere pensato come sempre restante in quiete assoluta. Il sistema di riferimento in cui l’etere è a riposo, risulta privilegiato nella formulazione delle leggi dell’elettromagnetismo; l’etere è dunque quel sistema in cui vengono formulate le leggi dell’elettromagnetismo e che quest’ultime indicano esistente.

L’etere di Lorentz, essendo in quiete assoluta, può fungere da mezzo per la propagazione di onde elettromagnetiche. Tutte le parti dell’etere devono pensarsi immobili, l’una rispetto all’altra, e l’etere a riposo costituisce un sistema di riferimento distinguibile dagli altri. Nella teoria di Lorentz esiste dunque la possibilità di un movimento assoluto, se valutato rispetto all’etere.
Selleri ci fa giustamente notare come il punto di partenza speculativo del 1905 di Einstein, fortemente critico e negazionista nei confronti dell’esistenza dell’etere, approda già a una contraddizione quando anni dopo, nel 1916 Einstein fondò sul principio d'equivalenza la costruzione della sua teoria di Relatività Generale. Da tale principio, sempre più verificato empiricamente nel corso del tempo, si deve concludere che l’inerzia ha la sua origine negli effetti gravitazionali delle masse lontane, mediati da campi fisici presenti nello spazio vuoto.
Ma le parole “etere” e “campo” indicano o comunque presuppongono lo stesso concetto di base, ovvero quello di  un vuoto dotato di proprietà fisiche, in contraddizione con quanto formulato da Einstein nel 1905 contro l’esistenza di un vuoto dotato di proprietà fisica, avendo ritenuto inesistente, e dunque nulla, l’ etere su cui tanto aveva speculato l’elettromagnetismo classico!
Tanto che alla fine lo stesso Einstein finì per cambiare parere dopo il 1920, probabilmente sotto l’ impatto della sua stessa formulazione del principio d'equivalenza. Einstein riconsiderò tutta la questione dell’etere, (vedi: L. Kostro, “Einstein e l’Etere”, Andromeda, Bologna 1987), e ammise che era possibile continuare a pensarlo esistente, anche se solo per designare particolari proprietà dello spazio. Einstein fece notare che nel corso dell’evoluzione della scienza la parola “etere” aveva più volte cambiato significato e che anche la relatività poteva limitarsi a questo!
Possiamo dire però che solo recentemente si è scoperto e divulgato questo cambiamento di opinione sull’etere avvenuto in Einstein, che arrivo a scrivere persino numerosi articoli in cui si dichiarava favorevole ad uno spazio dotato di proprietà fisiche, da lui stesso chiamato più volte, ancora, “etere” (vedi: L. Kostro, “An Outline of the History of Einstein's Relativistic Ether Concept”, in: “Studies in the history of General Relativity”, J. Eisenstaedt & A.J. Kox, eds., vol. 3, anno 1992, pp. 260-280).
Nonostante questo riconvergere del pensiero di Einstein verso un recupero, parziale almeno, di quell’etere che inizialmente aveva rifiutato dichiarandolo non necessario in blocco, fu però la sua posizione iniziale negazionista dell’ etere a diventare notissima e ad affermarsi, grazie a quei fisici della Meccanica Quantistica fautori dell’interpretazione antirealista, negazionista persino della intera realtà, detta di Copenaghen.  La conseguenza fu che la maggioranza dei fisici odierni crede che la relatività abbia portato ad una liquidazione definitiva dell’idea che il vuoto sia permeato da un etere!
Una posizione autocritica e matura, tanto che nel 1919 Einstein scrisse a Lorentz: “Sarebbe stato più corretto se nelle mie prime pubblicazioni mi fossi limitato a sottolineare l’irrealtà della velocità dell’etere, invece di sostenere soprattutto la sua non esistenza. Ora comprendo che con la parola etere non si intende nient’altro che la necessità di rappresentare lo spazio come portatore di proprietà fisiche”(cit. in LK: L. Kostro, “Einstein e l’Etere”, Andromeda, Bologna 1987, p. 12).
Einstein scrisse anche: “D’altra parte a favore dell’ipotesi dell’etere gioca un argomento molto importante. Negare l’etere significa, in ultima istanza, supporre che lo spazio vuoto non possieda alcuna proprietà fisica, il che è in disaccordo con le esperienze fondamentali della meccanica” (A. Einstein, “Opere scelte”, a cura di E. Bellone, Bollati Boringhieri, Torino 1988, pp. 512-513).

Riemergeva la necessità di non negare più il realismo dell’etere, per esempio per la genesi delle forze inerziali nei sistemi accelerati. Per spiegare questo fondamentale fenomeno per cui Mach invocava un’azione a distanza delle stelle, Einstein si rese conto che bisognava ricorrere comunque a ben definite proprietà dello spazio, magari generate da tutta la materia dell’universo, ma comunque attive qui e ora.

Pur in questo maturato recupero, in cui Einstein si rendeva conto dell’ importanza degli argomenti favorevoli all’esistenza di un mezzo etereo, Einstein cercò di recuperare il concetto ma in maniera tale da non causare una catastrofe per i suoi costrutti teorici, nati in un’ età più giovanile nel 1905 a partire proprio dalla negazione dell’etere elettromagnetico, per cui affermò che l’etere non andasse concepito come qualcosa di diverso dallo spazio quadridimensionale (il cronotopo, lo spazio-tempo della RR) dotato di proprietà fisiche reali.

“Lo spazio fisico e l’etere sono soltanto termini diversi per dire la stessa cosa; i campi sono stati fisici dello spazio. In realtà se non si attribuisce all’etere alcuno stato particolare di moto non c’è nessuna ragione di farlo figurare accanto allo spazio come un’entità di natura speciale”, scrive Einstein (cit. in L. Kostro, “Einstein e l’etere”, Andromeda, Bologna 1987, p. 169). Non aveva molto senso per Einstein supporre la preesistenza di uno spazio geometrico assolutamente vuoto e che ci fosse poi una sostanza, l’etere, in grado di riempirlo conferendogli delle proprietà fisiche.

“Una più ponderata riflessione ci suggerisce - scrive sempre Einstein - che la negazione dell’etere non è necessariamente richiesta dal principio di relatività ristretta. L’esistenza dell’etere può essere ammessa, purché si rinunzi ad attribuirgli un determinato stato di moto; bisogna cioè togliergli per astrazione l’ultima caratteristica meccanica lasciatagli da Lorentz” (A. Einstein,
“Opere scelte”, a cura di E. Bellone, Bollati Boringhieri, Torino 1988, p. 511). Un concetto ribadito da Einstein anche con queste altre parole: “Quanto alla natura meccanica dell’etere di Lorentz, si potrebbe dire, un po’ per celia [per scherzo], che l’immobilità sia l’unica proprietà meccanica che Lorentz gli abbia lasciato. Il mutamento radicale che la teoria della relatività ristretta apportò nella concezione dell’etere consisteva nel privarlo anche di questa sua ultima proprietà meccanica, cioè dell’immobilità” (A. Einstein, Opere scelte, a cura di E. Bellone, Bollati Boringhieri, Torino 1988, p. 510).

Anche nella Relatività Generale l’etere di Einstein era privo di ogni tipo di movimento, quindi anche della possibilità di essere immobile, a differenza dell’etere di Lorentz. Aveva insomma delle proprietà radicalmente nuove che impedivano di immaginarlo composto di parti o di corpuscoli che si trovassero in un qualsiasi stato di movimento.
Questa nuova descrizione era inevitabile se l’etere doveva apparire esattamente lo stesso in tutti i sistemi di riferimento inerziali, da qui il perdere di importanza per Einstein dell’esistenza o meno dell’ etere: così nacque l’idea di un etere compatibile con la teoria della relatività, di un etere relativistico. In fondo questa idea può essere considerata un tentativo di compromesso fra il relativismo della RR e il realismo dell’etere.
Ma ormai il concetto negazionista sull’ etere si era fortemente affermato e radicato in ambiente teorico, che non si diede gran peso a questo recupero dell’etere da parte di Einstein!

All’ approfondimento fatto da Selleri sul concetto di etere maturato in Einstein, possiamo aggiungere noi qui sulla base del Modec, che in giovane età Einstein fu portato ad affermare la non necessità di postulare l’esistenza dell’etere su cui fondare le teorie fisiche, (per poi correggere questo suo pensiero in età più matura), a causa di una certa sfiducia nei confronti delle capacità descrittive dei fenomeni elettromagnetici da parte delle Equazioni di Maxwell, su cui pesò lo stesso contributo dato da Einstein alla scoperta del fotone. Fotone che Einstein ritenne in un certo qual modo contraddire delle previsioni fatta dalle stesse Eq. di Maxwell, ma questa sua interpretazione fu condizionata pesantemente dal non visto “errore di Maxwell”, di cui Einstein non si occorse, comprensione che avrebbe fatto capire invece come il fotone fosse in realtà predetto da quelle Eq. di Maxwell ! L’impossibilità, conseguenza sempre del non visto “errore di M.”, di pervenire alla scoperta della vera struttura del fotone, impedì a Einstein di comprendere il ruolo giocato dall’etere sulle proprietà del fotone, e quantitativamente condensato nella stessa Costante di Planck, (come oggi il Modec ci spiega), facendo sì che l’etere fosse ritenuto non misurabile, non visibile in alcun modo, e dunque come giustamente per un ente che fosse così impalpabile, secondo i dettami della filosofia positivista di Mach della scienza, da scartare dalla fisica! Ma fu un errore, non la filosofia positivista, che aveva nel filosofo Mach un suo grandissimo esponente, e che Einstein applicò, ma l’idea incompleta e superficiale che dell’ etere Einstein aveva sviluppato, a causa dei problemi sopra esposti.

Nota: Ernst Mach (1838 – 1916) è stato un fisico, neuro-scienziato e filosofo, convinto sostenitore di una forma di positivismo che tenesse conto della pura sperimentazione, senza che vi fosse alcuna tendenza a moltiplicare illazioni e teorie che spiegassero la natura a prescindere dai nostri sensi, con l’ausilio di concetti che nulla descrivevano della realtà che ci circonda. Da qui il pensiero di Mach è come se avesse voluto costruire un modello scientifico che producesse una sorta di “economia dei concetti”, quelli che si risparmiano devono essere tutti naturalmente riscontrabili nella nostra esperienza diretta con i fatti.

Il Modec oggi non solo ci ha permesso di scoprire l’errore di Maxwell, e dunque come la scoperta del fotone non fosse assolutamente in contraddizione con le equazioni di Maxwell, ma ci permette anche di capire quanto fosse fondata l’idea dell'esistenza di un sistema di riferimento inerziale privilegiato, solidale ad un esistente “substrato” occupante lo spazio interamente vuoto, conferendo a quest’ultimo determinate proprietà fisiche che altrimenti non potrebbe avere, e chiamato “etere”. Il Modec ci permette anche, con la comprensione e descrizione della struttura del fotone, di “vedere” empiricamente l’etere, di prendere atto della sua esistenza; etere che esprime i suoi effetti quantitativamente,
-) non solo attraverso le equazioni delle onde e.m. di Maxwell nel preciso valore costante, che esse prevedono sulla base di proprietà elettriche e magnetiche del vuoto=etere, del modulo della velocità di traslazione dei fotoni nel vuoto (= nell’ etere), rispetto all’etere che è, nel suo complesso almeno, macroscopicamente, stazionario, (la velocità della luce nel vuoto è isotropa rispetto all’etere, una conclusione cui già conducono tali Eq. di Maxwell),
-) ma anche nella Costante di Planck e nella Costante di Struttura Fine, come il Modec fa eloquentemente scoprire!  (Vedi solo ad esempio: di O. Caroppo “La Costante di Struttura Fine e la Costante di Planck esprimono proprietà legate al vuoto, la scoperta tramite il Modec”, link: http://fiatlux.altervista.org/la-costante-di-struttura-fine-e-la-costante-di-planck-esprimono-propriet%C3%A0-legate-al-vuoto-la-scoperta-tramite-il-modec.html).

Del Modello doppio elicoidale del fotone, ad oggi ne ho dato una descrizione in un sistema di riferimento immaginato come solidale a quella sorta di vuoto stazionario che emerge dall’interpretazione fisica del Modec. Si tratta di un “vuoto”, substrato della propagazione dei fotoni ben diverso dall’ “etere luminifero” sempre stazionario ma immaginato, da Fresnell e da Maxwell, come un substrato nel quale le onde elettromagnetiche si propagavano quasi come onde meccaniche in un mezzo materiale, un etere dunque di cui indagare in tale visione le sue proprietà meccaniche-ondulatorie. Nel caso del Modec invece il vuoto appare con proprietà di tipo elettromagnetico, in particolare come costituito da cariche positive e negative, complessivamente neutro, ed in grado di polarizzarsi elettricamente come un dielettrico in presenza della carica elettrica di una particella a causa del campo elettrico ad essa associato.
Nell’interpretazione che è resa plausibile dal Modec, tale vuoto avrebbe una inerzia alla polarizzazione elettrica in presenza di cariche veloci oltre una certa soglia di velocità relativamente a tale vuoto stazionario; una sorta di proprietà di risonanza dunque tale da comportare che proprio il fotone,
(non a caso e di conseguenza proprio con le sue precise, ed implicate dal vuoto stesso in parte, caratteristiche e quantità cinematiche rispetto a tale vuoto stazionario),
sia in grado di sfuggire,
(sebbene formato, come emerge dal Modec, da un dipolo elettrico di cariche elementari -  a somma totale dunque nulla, dunque nel complesso neutro come deve essere per descrivere il fotone reale),
a tale polarizzazione del vuoto, tanto da propagare praticamente senza avvertire più il vuoto stesso; per il fotone il “vuoto” diventa, possiamo dire, del tutto trasparente, (ed è anzi proprio lo stato speciale di trasparenza del vuoto per il fotone, ad implicare e plasmare lo stesso fotone), motivo per cui ho definito il vuoto che vede il fotone come “super-vuoto”, una condizione pertanto quasi di totale assenza di attrito al suo moto. Non a caso il moto di propagazione di un fotone su distanze ipergalattiche, come anche quello di rotazione intrinseco, e per tempi di eoni ed eoni è quanto di più prossimo nell’ Universo al concetto di moto perpetuo.
In merito alle infruttuosamente indagate da Maxwell proprietà meccaniche dell’etere, infruttuosamente indagate a causa della incorrettezza del suo modello di etere, a causa dell’ incorrettezza del suo ipotizzato rapporto tra onde e.m. e etere, distorto dal suo errore, l’ “errore di M.”, di cui mai si accorse e che distorse la sua concezione della radiazione e.m., ora possiamo dire che le proprietà meccaniche di interesse sono quelle legate all’inerzia alla polarizzazione del vuoto. Ulteriori approfondimenti sull’etere volti ad indagarne la sua composizione e struttura coincideranno dunque con gli studi sulle proprietà del “vuoto” e su ciò che esso contiene; vuoto che anche nel pensiero fisico quantistico odierno nessuno più ritiene davvero del tutto “vuoto”, nonostante l’abbandono del concetto di etere in Meccanica Quantistica di cui abbiamo detto.  
E così osserviamo, dato che la Natura indagata empiricamente e teoricamente, anche se da punti di partenza e con metodi differenti, è una sola e la stessa per tutti nel tempo e nello spazio, che la visione del vuoto cui porta il Modec ha dei punti di convergenza con le teorie del vuoto-etere di :
-) K. P. Sinha, C. Sivaram e E. C. G. Sudarshan che pubblicarono nel 1975 una serie di articoli dove suggerirono un nuovo modello per l’ etere secondo il quale esso è uno stato superfluido di coppie di fermioni e anti-fermioni, descrivibile da una macroscopica funzione d’onda.
-) Secondo la Teoria Quantistica dei Campi, (in inglese Quantum Field Theory o QFT), anche in assenza di reali particelle lo spazio-vuoto è sempre pieno di coppie di particelle virtuali che si creano e annichilano in continuazione

Dopo questi approfondimenti sul concetto di etere nel corso del ‘900 nel pensiero fisico, basati sugli articoli di Selleri sopra citati, riportiamo direttamente da alcuni suoi scritti, tra virgolette, le parole dello studioso:

“Che dire, oggi, dell’etere relativistico di Einstein? Beh, in primo luogo che il ritorno all’etere è un’operazione dettata dal buon senso: lo spazio vuoto dotato di proprietà fisiche può benissimo essere chiamato «etere», una guerra sulle parole essendo priva di significato scientifico. In secondo luogo bisogna però aggiungere che è strano privare l’etere di ogni tipo di movimento. La cosa doveva sembrare inevitabile a Einstein per difendere il relativismo della TRS, ma oggi, grazie alle trasformazioni inerziali che ammettono un sistema privilegiato, è possibile un pieno ritorno a un etere dotato di movimento, cioè proprio all’etere di Lorentz” (F. Selleri, “Lezioni di relatività da Einstein all’etere di Lorentz”, Progedit, Bari 2003).
“E’ la natura stessa che sembra scegliere le Trasformazioni Inerziali per descrivere le proprietà fisiche di sistemi inerziali concretamente esistenti. D’altra parte esistono anche altri fenomeni che danno nette indicazioni dello stesso tipo, ad esempio l'effetto Sagnac (…). Queste considerazioni fanno ormai vedere con chiarezza il punto d’arrivo, una nuova teoria in cui il rallentamento degli orologi non è più relativo ma dipendente soltanto dalla velocità rispetto ad un sistema privilegiato. Questo fa sparire tutti i paradossi del relativismo. Viene poi recuperata la simultaneità assoluta: tutti gli osservatori inerziali hanno lo stesso presente. Infine l'esistenza del vuoto dotato di proprietà fisiche concrete diventa pienamente accettabile. Naturalmente un problema è anche quello di verificare sperimentalmente questa teoria, ma in un certo senso la verifica è già stata fatta dalla natura almeno nel caso dell’ effetto Sagnac.” (F. Selleri, Found. Phys. 26, anno 1996; Found. Phys. Letters, 9, 43, anno 1996).
L’effetto Sagnac è un fenomeno fisico di interferenza ottica scoperto dal fisico francese Georges Sagnac nel 1913. Si tratta di una asimmetria della velocità relativa dei segnali luminosi che percorrono in senso inverso la circonferenza di un disco in rotazione.
“Un grande silenzio ha circondato l’effetto Sagnac (del 1913) per il quale esiste una vera e propria incapacità esplicativa delle due teorie relativistiche, nonostante i tentativi di Langevin, Post, Landau e Lifshitz. Inoltre ci sono le mezze spiegazioni dell’aberrazione della luce stellare [che in realtà contraddice la RR] (…) L’approccio basato sulle Trasformazioni Inerziali che sono le sole fra tutte le trasformazioni equivalenti a fornire una rigorosa spiegazione qualitativa e quantitativa dell’effetto Sagnac.” (F. Selleri, “Relativismo ed Etere di Lorentz”, Università di Bari, PDF link: http://www.brera.unimi.it/SISFA/atti/2003/16-34Selleribari.pdf ; per un approfondimento: F. Selleri, “Lezioni di relatività da Einstein all’etere di Lorentz”, Progedit, Bari 2003).

Selleri inoltre mostra come nel tentativo di usare le Teorie di Relatività per spiegare l’ effetto Sagnac, alcuni fisici teorici hanno finito per utilizzare nelle loro ipotesi di partenza, senza rendersene conto, quelle che oggi Selleri ha definito le Trasformazioni Inerziali.


La “simultaneità” è in RR un fatto relativo, mentre nella Teoria Inerziale di Selleri è invece un fatto assoluto.

 

Il tempo presente ESCAPE='HTML'

Nella RR riferirsi all’ordine temporale di due eventi senza specificare in quale sistema di riferimento inerziale le coordinate temporali vengano misurate è considerato privo di significato.
Se si considerano due eventi simultanei in un sistema di riferimento inerziale S (stesso t), ma che avvengono in punti distinti, (diverse terne delle coordinate spaziali), allora essi non saranno in generale più simultanei in un secondo sistema di riferimento inerziale S’, non in quiete rispetto a S, in ciò consiste la relatività della simultaneità. La RR comporta l ’idea che la simultaneità di eventi spazialmente separati non esista in natura e vada perciò stabilita da una convenzione umana, e una volta stabilita tale convenzione resta la relatività della contemporaneità secondo cui due eventi simultanei per un osservatore inerziale in generale non sono più tali per un altro.

Con interessantissimi esempi Selleri mostra come si possono trovare convincenti prove del fatto che la simultaneità assoluta sia concretamente realizzata nei sistemi in moto, e come essa dia la descrizione più naturale della realtà fisica.
Ad esempio. Consideriamo inizialmente un sistema di riferimento inerziale in cui si siano sincronizzati gli orologi convenzionalmente in modo da avere la simultaneità in due punti diversi; vi sono all’istante iniziale fissato in tali due punti distinti rispettivamente due astronavi guidate una da uno e l’altra dall’altro di una coppia di gemelli identici. Queste astronavi da ferme che sono all’istante considerato di partenza si mettono in moto accelerando con un moto identico istante per istante per poi portarsi ad una stessa velocità che conservano da lì in poi costante nel tempo. A questo punto, riconsiderate le due astronavi nel sistema di riferimento ad esse solidale, che sarà ora un sistema di riferimento inerziale e rispetto al quale appaiono ferme, esse conservano naturalmente, data la comune storia del loro moto, la stessa distanza che avevano inizialmente. I loro orologi, alle due astronavi solidali, avendo subito i medesimi influssi a seguito del comune moto, segneranno pertanto ancora lo stesso tempo tra loro, indicando che anche nel nuovo sistema di riferimento inerziale in cui essi son in quiete le due astronavi hanno conservato la stessa simultaneità temporale che avevano inizialmente, e i due astronauti son invecchiati del medesimo tempo biologico. Questo è quanto prevedono anche le Trasformazioni Inerziali!Viceversa se si usassero le Trasformazioni di Lorentz, i loro orologi dovrebbero essere risincronizzati secondo tali trasformazioni, con la conseguenza di perdere l’originaria simultaneità, poiché le astronavi avevano inizialmente posizioni differenti, e con il conseguente paradosso di avere età biologiche di invecchiamento uguali per i due gemelli, ma età segnate dai loro strumenti-orologi differenti!       

 

Vediamo le differenze matematiche tra le Trasformazioni di Lorentz e le Trasformazioni Inerziali.  
Dati i sistemi inerziali S0 e S si possono sempre scegliere due sistemi di
coordinate cartesiane ortogonali come in figura.
Assumiamo
-) che lo spazio sia omogeneo e isotropo e che il tempo sia omogeneo, almeno se giudicati da osservatori a riposo in S0;
-) che in S0 la velocità della luce sia c in ogni direzione; quindi gli orologi di S0 possono essere sincronizzati e ogni velocità relativa a S0 è misurabile;
-) che gli assi di S e S0 coincidano, i due sistemi dunque si sovrappongono per t = t0 = 0;
-) che l’origine di S, osservata da S0, sia vista muovere con velocità v < c parallela all’asse x0 e diretta nel verso delle ascisse crescenti positivamente, cioè secondo l’equazione x0= v t0 . Il sistema S trasla ma non ruota rispetto a S0.
Un sistema inerziale S che ha coordinate (x, y, z) si muove dunque con velocità  v < c rispetto al sistema isotropo S0 che ha coordinate (x0, y0, z0).

Per Selleri S0 è il sistema di riferimento inerziale privilegiato, solidale all’ etere dove vale la isotropia della velocità della luce.
Per la RR e dunque per le trasformazioni di Lorentz tutti i sistemi inerziali son invece equivalenti, non esistendo l’ etere, ed in tutti essi si afferma la isotropia della velocità della luce.
Mentre per Selleri in ogni sistema inerziale ciò che è isotropa è la velocità media di andata e ritorno della luce, non la sua velocità istantanea, (isotropa anche ed in ogni istante solo nel sistema di riferimento privilegiato).
      
In RR con le trasformazioni di Lorentz, ottenute tramite il “parametro di sincronizzazione”, Ps, chiamato, posto pari all’ espressione indicata in figura come Ps(Einstein-Liorentz), si introduce una simmetria fra variabili spaziali e tempo, costringendo quest’ultimo a un ruolo geometrico in uno spazio a quattro dimensioni. Così si esprime in merito il matematico Minkowski che ha introdotto, nel 1908, il cosiddetto cronotopo , lo spazio-tempo in fisica a servizio della RR, lo spazio a quattro dimensioni (le 3 coordinate spaziali, reali, più il tempo, immaginario): “Le concezioni dello spazio e del tempo (...) esprimono una tendenza radicale. D’ora in poi lo spazio da solo e il tempo da solo svaniranno del tutto come ombre e solo una specie di unione fra i due manterrà ancora una realtà indipendente” (A. Einstein, H.A. Lorentz  et al., “The Principle of Relativity”, Dover, New York 1923, p. 75).

Trasformazioni di Lorentz e Trasformazioni di Selleri ESCAPE='HTML'

Tale parametro di sincronizzazione è l’ unico che fa cadere l’ipotesi di esistenza di un sistema privilegiato. Per valori diversi di tale fattore tutte le teorie che ne derivano si basano sull’esistenza di un sistema di riferimento privilegiato, e i diversi possibili valori di tale fattore corrispondono a diverse teorie dello spazio e del tempo, che sono empiricamente equivalenti in larga misura, dato che, come Selleri ha verificato, possono spiegare egualmente bene i risultati degli esperimenti. (quali quelli  di Römer, Bradley, Fizeau, Michelson-Morley, Doppler, ...). Sebbene in linea di principio esistono infinite teorie, tanti quanti i possibili arbitrari valori del parametro di sincronizzazione, per poter anche eliminare i vari paradossi della RR e spiegare situazioni empiriche di altro genere, la sincronizzazione preferita dalla Natura si scopre essere non quella della RR ma quella definita dal parametro di sincronizzazione Ps posto pari a 0, corrispondente a quelle che Selleri ha battezzato come Trasformazioni Inerziali, da cui il nome di Teoria Inerziale con cui stiamo indicando qui il quadro teorico proposto da Selleri in sostituzione migliorativa della RR . (per approfondimenti F. Selleri, “Lezioni di relatività da Einstein all’etere di Lorentz”, Progedit, Bari 2003).

Con le trasformazioni di Selleri la grandezza tempo viene svincolata da quel ruolo meramente geometrico in cui il tempo era stato imprigionato da Minkowski, e quindi da Einstein nella RR, all’interno del crono-topo.
La conseguenza è che con queste trasformazioni la velocità della luce relativa a un sistema diverso da quello privilegiato non è più isotropa, superando anche in tal modo il paradosso non da poco, della RR, per la quale sia un osservatore fermo rispetto al Sistema di Riferimento inerziale delle Stelle Fisse, sia un osservatore in moto rettilineo uniforme rispetto al primo con velocità pari alla velocità c meno una frazione anche infinitesima, vedrebbero lo stesso raggio luminoso sfrecciare sempre a velocità c nei due sistemi di riferimento inerziali ad essi rispettivamente solidali!
Le teorie della relatività, accanto ai loro successi sono piene di paradossi, e Selleri scrive: “Naturalmente non è affatto ovvio a priori che si possano eliminare i paradossi preservando i successi della teoria; non è ovvio a priori ma è un fatto che la teoria (…) basata sulle «trasformazioni inerziali», non solo spiega tutto ciò che spiega la relatività, ma registra successi anche là dove quest’ultima non arriva. Sa spiegare l’effetto Sagnac, per esempio.” (F. Selleri, PDF link: http://www.brera.unimi.it/SISFA/atti/2003/16-34Selleribari.pdf).

Tra questi, un altro paradosso della RR che la Teoria Inerziale di Selleri supera è il contrasto fra la equivalenza di massa ed energia, secondo la nota equazione E=mc^2 cui si perviene anche nella Teoria Inerziale, e l’ideologia del relativismo che dichiarando perfettamente equivalenti tutti gli osservatori inerziali priva l’energia della sua piena fisicità.
L’ equivalenza tra massa ed energia secondo la nota formula ottenuta nel 1905 da Einstein, ha ricevuto un numero enorme di conferme sperimentali, tanto che dobbiamo ritenerla una conquista irreversibile della fisica. La formula E=mc^2  che esprime questa equivalenza viene così commentata da Einstein: “Secondo la teoria della relatività non c’è differenza essenziale fra massa ed energia. L’ energia possiede massa e la massa rappresenta energia. In luogo di due leggi di conservazione ne abbiamo una sola: la legge di conservazione della massa-energia” (A. Einstein e L. Infeld, “L’ evoluzione della fisica”, Boringhieri, Torino 1965, p. 207)
Secondo le leggi rigorose della conservazione ciò che si conserva sempre nell’ Universo è l’energia che è una grandezza scalare, e la quantità di moto che è una grandezza vettoriale. Due grandezze pertanto basilari della realtà. E Selleri scrive: “L’ energia avrebbe tutte le carte in regola per essere considerata una specie di sostanza fondamentale dell’universo: è indistruttibile, entra in tutti i processi dinamici e la stessa materia deve essere considerata una sua forma localizzata.” (F.Selleri, PDF link: http://www.brera.unimi.it/SISFA/atti/2003/16-34Selleribari.pdf).

Pertanto, sebbene la scoperta dell’ equivalenza massa-energia fatta da Einstein, (come da Olinto de Pretto sentiamo il bisogno di aggiungere), deve appartenere al campo del realismo, tuttavia la medesima RR nega ad essa un ruolo fondamentale con il suo relativismo, sottolinea Selleri. “Ogni
osservatore inerziale attribuisce una diversa velocità, e quindi una diversa energia, a una data particella. Tutti gli osservatori sono equivalenti e le loro risposte sono tutte egualmente valide. E siccome ciascuno attribuisce all’energia un valore diverso, nell’impossibilità di scegliere uno di questi come «più vero» degli altri si conclude che non esiste un valore ben definito dell’energia. Così l’energia viene spogliata della proprietà più importante, quella di avere un ben definito valore.” (F.Selleri, PDF link: http://www.brera.unimi.it/SISFA/atti/2003/16-34Selleribari.pdf).

Tanto che si perviene a simili degenerazioni del pensiero fisico: nel 1943 scriveva ad esempio il fisico  James Jeans, “Il fatto che tanta parte di quello che si pensava possedesse un’esistenza fisica oggettiva mostri ora [con la relatività] di consistere solo di costruzioni mentali soggettive deve sicuramente essere considerato un passo importante nella direzione del mentalismo [contro il materialismo]” (J. Jeans,  “Physics and Philosophy”, Cambridge Univ. Press, Cambridge 1943, p. 200).

E sempre da J. James: “L’universo comincia ad apparire più come un grande pensiero che come una grande macchina” (cit. in P. Frank,  Philosophy of Science, Prentice-Hall, Englewood Cl. 1957, p. 235).

“Il recupero dell’oggettività dell’energia e delle altre grandezze fisiche deve puntare piuttosto sull’inequivalenza dei diversi sistemi di riferimento. Ma questo è proprio ciò che fanno le Trasformazioni Inerziali che, basandosi sull’esistenza di un sistema privilegiato, restituiscono all’equivalenza massa-energia tutta la sua grande importanza concettuale [F. Selleri, “Lezioni di relatività da Einstein all’etere di Lorentz”, Progedit, Bari 2003]. C’è un valore dell’energia che è più fondamentale di tutti gli altri, quello calcolato rispetto al sistema di riferimento privilegiato” (F. Selleri, PDF link: http://www.brera.unimi.it/SISFA/atti/2003/16-34Selleribari.pdf).
Si tratta di osservazioni importanti che ci appaiono fortemente convergere con quelle suggerite dal Modec.
Selleri afferma che l’esistenza della radiazione cosmica di fondo o, (in altri suoi articoli), l’esistenza della luce che ci giunge da tutte le direzioni dalle diverse stelle, permette di definire un sistema di riferimento privilegiato che nessuno può ignorare. Si tratta nel mondo reale del sistema di riferimento in cui la radiazione elettromagnetica considerata è isotropa. Esso è il più fondamentale dei sistemi di riferimento inerziali e quindi deve essere privilegiato rispetto agli altri, e, possiamo aggiungere, sembra coincidere con il cosiddetto sistema inerziale delle stelle fisse. E’ il sistema di riferimento rispetto al quale l’etere è stazionario.
Se si adoperano le Trasformazioni Inerziali vale la simultaneità assoluta: due eventi che hanno luogo in diversi punti e allo stesso istante per osservatori che si trovano a riposo in un sistema inerziale devono essere giudicati simultanei anche da osservatori a riposo in un altro sistema inerziale anche se in moto relativamente al primo.

E tutto questo è estremamente importante, ora per noi, per la coincidenza che osserviamo dell’universo descritto da Selleri con quello che emerge dal Modec, in cui si afferma la natura non-locale dell’interazione elettrica e magnetica.

La teoria dello spazio e del tempo basata sulle trasformazioni inerziali di Selleri a differenza della teoria della RR consente poi la possibilità che esistano “segnali superluminali” o “tachioni”, senza che questo porti a paradossi.
Mentre infatti in Relatività Speciale l’esistenza di segnali superluminali genera dei paradossi causali, situazioni assurde secondo cui sarebbe in tal caso possibile, almeno in linea di principio, la retrocausalità, il futuro capace di modificare, di condizionare il passato, anche in modo da negare la realtà del presente,
nella teoria basata sulle Trasformazioni Inerziali, invece, si è in grado di superare questi paradossi causali e di fornire un quadro teorico molto soddisfacente per l’esistenza di segnali superluminali.
La teoria dello spazio e del tempo che emerge da Selleri con le sue trasformazioni è basata sulla sincronizzazione assoluta, pertanto, come mostrato da Selleri, nessuno scambio di segnali superluminali può portare a un paradosso causale!

Tutto questo è in estremo e spettacolare provvidenziale accordo con la Teoria del Modello Doppio Elicoidale del  Fotone, sia perché le interazioni elettriche e magnetiche su cui si basa sono non-locali, come nell’elettromagnetismo classico pre-maxwelliano, sia perché le due componenti dicotomiche del fotone, si muovono rispetto all’etere a velocità superluminare pari in modulo a c moltiplicata per la radice quadrata di √2 (una velocità V all’incirca dunque pari a 1,414*c ); fotone che nel suo complesso nel sistema inerziale di riferimento, in cui lo ha studiato inizialmente la teoria del Modec scoprendolo stabile, il sistema di riferimento solidale all’etere, trasla con il suo centro di massa a velocità pari a c, la velocità della luce nel vuoto, (che possiamo anche chiamare equivalentemente, o addirittura ora posiamo dire con maggiore precisione concettuale, come “velocità della luce nell’etere”, essendo il suo valore pari a c lungo ogni possibile direzione, isotropicamente, proprio se si considera il moto di traslazione della radiazione e.m. relativamente all’etere, che si può definire moto assoluto.

Nel sistema di riferimento assoluto, quello privilegiato solidale all’etere, considerato isotropo e omogeneo, per Selleri, la velocità della luce è dunque isotropa, ha cioè lo stesso valore in tutte le direzioni in accordo con le previsioni delle equazioni delle onde elettromagnetiche di Maxwell. Infatti le equazioni di Maxwell implicano la validità dell’equazione delle onde di d’Alembert per i campi della radiazione elettromagnetica, un’equazione matematica questa che descrive la propagazione di onde, elettromagnetiche in questo caso, aventi modulo della velocità di traslazione=propagazione costante in mezzi isotropi e omogenei, (mezzo che in questo caso è l’ etere, considerato isotropo e omogeneo, come le valutazioni dell’elettromagnetismo classico pre-maxwelliano per il vuoto fanno ipotizzare).
Un modulo di velocità pari in questo caso delle onde e.m. a c nel vuoto(=etere), e che, l’equazione delle onde di d’Alembert  dice indipendente dallo stato di moto delle loro sorgenti oscillanti iniziali, (che oggi possiamo anche dire equivalentemente: sorgenti emettitrici dei fotoni componenti di tali radiazioni e.m.).
E il valore di questa velocità, in questo caso c, è fornito esattamente con una precisa formula fisico-matematica, da queste equazioni!

La spiegazione dei fenomeni relativistici da parte della teoria di Selleri riesce clamorosamente bene, pur implicando l’esistenza di un sistema di riferimento privilegiato, che recupera l’etere di Lorentz, sebbene ne modifica le trasformazioni, passando dalle trasformazioni di Lorentz a quelle di Selleri, ottenute impostando pari a zero quel parametro arbitrario che nelle trasformazioni di Lorentz è scelto in maniera tale da simmetrizzare tempo e spazio.

Ad esempio la Teoria Inerziale di Selleri che si fonda sulle sue Trasformazioni Inerziali:

-) ottenendo la medesima previsione, con la medesima formula contenente il fattore di Lorentz, per la contrazione relativistica delle lunghezze tra sistemi di riferimento inerziali in moto gli uni rispetto agli altri, secondo moti rettilinei uniformi, consente di prevedere la contrazione delle lunghezze di Lorentz-FitzGerald in grado di spiegare quanto osservato nell’esperimento di Michelson-Morley del 1887, senza che questo implichi, come ben osservato da Lorentz nella sua teoria dell’etere, la negazione dell’esistenza dell’etere, (etere, richiamiamo, che è il vuoto “pieno” stazionario), e dunque di un sistema di riferimento assoluto, quello ad esso associato e ad esso solidale, che si rivela essere un sistema inerziale e dunque privilegiato rispetto a tutti gli altri sistemi di riferimento inerziali, e che, almeno con buona approssimazione, appare coincidere con il sistema di riferimento delle stelle fisse.

-) conservando la medesima previsione, con la medesima formula contenente il fattore di Lorentz, per la dilatazione relativistica dei tempi tra sistemi di riferimento inerziali in moto gli uni rispetto agli altri, secondo moti rettilinei uniformi, consente di spiegare quanto osservato relativamente ai tempi di decadimento, le vite medie dei muoni,
(il muone è una particella instabile, avente la stessa carica elettrica di un elettrone, e come l’ elettrone è un fermione, ma ha massa circa 207 volte superiore a quella dell’elettrone; dopo un certo intervallo di tempo si disintegra spontaneamente, decadendo in un elettrone e in due diversi neutrini),
prodotti dai raggi cosmici giungenti nell’atmosfera terrestre, che si considerava un enigma a cui la RR era riuscita a rispondere brillantemente venendone confermata, ma che oggi vediamo essere un “enigma” che anche la teoria di Selleri, (priva dei paradossi della RR), riesce equivalentemente a spiegare. Questo fa si che la spiegazione data dalla RR all’enigma dei muoni, cada quale prova assoluta della validità della RR, rivelandosi anche al contempo prova equivalente per la validità della teoria di Selleri.
RR e Teoria Inerziale di Selleri fanno le medesime previsioni confermate da centinaia e centinaia di misure fatte su fasci di particelle instabili (muoni, pioni, iperoni, ecc.), che hanno dimostrato che la loro vita media, fino all'istante della disintegrazione spontanea, dipende dalla loro velocità proprio come previsto dalla due teorie.

Raggi cosmici che producono muoni interagendo con l'atmosfera terrestre ESCAPE='HTML'

Didascalia immagine

La vita media dei muoni prodotti  dai raggi cosmici interagenti con l’atmosfera terrestre è data con buona approssimazione da Δt0, espresso dalla formula sopra, (la formula che fornisce la dilatazione dei tempi), dove V è la loro velocità rispetto alla terra e Δt è la loro vita media se misurata con i muoni invece in quiete rispetto alla terra.
L’ enigma deriva dal fatto che pur avendo elevate velocità, la piccola vita media dei muoni misurata in laboratorio Δt=2,2µs, non avrebbe permesso ai muoni prodotti dai raggi cosmici negli strati superiori dell’atmosfera terrestre di giungere al suolo, come invece avviene dove è possibile osservarli con opportuna strumentazione rivelatrice. La dilatazione Δt0 della loro vita media dovuta alla loro velocità V rispetto alla terra, con la formula sopra presentata, ben ha consentito di risolvere l’ enigma scientifico.
Considerata l’espressione della radice che appare nella formula, il suo inverso è quello che si definisce solitamente Fattore di Lorentz.
Il fatto stesso di possedere una velocità, altera il movimento delle lancette di un orologio nel quadrante, così come altera qualsiasi movimento periodico che si pensi di utilizzare per misurare il tempo.

------------------------------------------------------

Inoltre nella Teoria di Selleri, la medesima formula di dilatazione dei tempi, può essere applicata nel caso dei tempi di decadimento dei muoni che si muovono di moto circolare uniforme entro gli acceleratori, e dunque a velocità in modulo costante e con accelerazione centripeta non nulla, anche molto elevata, dandone una corretta spiegazione dell’osservato empirico. Selleri scrive: “l’evidenza empirica ci dice un’altra cosa importante, che l'accelerazione non gioca alcun ruolo nel modificare il ritmo degli orologi. Infatti a parità di velocità viene rallentata allo stesso modo la vita media dei fasci rettilinei di muoni (privi di accelerazione) e quella dei muoni nell'anello di accumulazione [di un’ acceleratore di particelle] che possiedono un’ accelerazione enorme.” (Dal link sopra già ricordato: http://www.brera.unimi.it/sisfa/atti/1996/selleri.html, di cui si consiglia una lettura).

E così anche l' enigma dei "muoni" viene spiegato dalla Teoria Inerziale, ma l' Universo che emerge dalle Trasformazioni di Selleri è lo stesso che ci ha fatto vedere il Modello Doppio Elicoidale del Fotone!
Un Universo dove vale la simultaneità assoluta, dove i segnali super-luminali non generano paradossi, dove i tanti paradossi della Relatività Ristretta scompaiono, e si spiegano con le Trasformate di Selleri correttamente, e senza forzature o tagli ad hoc di dati empirici, fenomeni scomodi per la RR, come l' Aberrazione astronomica e l' Effetto Sagnac, e tutto questo nel pieno mantenimento delle medesime capacità predittive ed esplicative di tutti quei fenomeni empiricamente verificati e osservati che la RR aveva spiegato, ma ora senza paradossi, e aprendo così la strada, come ora comprendiamo, alla piena affermazione del Modello Doppio Elicoidale del Fotone, il Modec, perfettamente coerente con la teoria del tempo e dello spazio che emerge dalle Trasformate di Selleri.

NOTA: Nei fenomeni di moto traslatorio rispetto all’etere, (il cui sistema di riferimento ad esso solidale appare come inerziale), le trasformate di Selleri prevedono, (come quelle di Lorentz per moti traslatori rispetto ad un sistema di riferimento inerziale), il fenomeno della contrazione delle lunghezze nella direzione del moto. Per il fotone la questione di tali possibili contrazioni non si manifesta, facciamo qui notare.
Il fotone viaggia rispetto all’ etere nella visione di Selleri, come del Modec, traslando a velocità c.
A tale velocità la contrazione ridurrebbe a zero una qualche sua teorizzabile estensione a riposo o a bassa velocità nella direzione di tale moto, anche se ha poco senso immaginare caratteristiche a riposo o a basse velocità v Ma una estensione nulla del fotone nella sua direzione del moto traslatorio è ben compatibile con la visione semplicistica del fotone come puntiforme, vigente prima del Modec, come ora con la visione del Modec in cui il fotone consta di due sotto-particelle puntiformi e sempre giacenti su un piano, in ogni istante ortogonale alla direzione di propagazione per traslazione complessiva del fotone, per cui con estensione n tale direzione (=distanza tra le proiezioni delle due semi-particelle puntiformi del fotone lungo tale direzione), sempre nulla!

 

Dal medesimo link riportiamo qui il famoso sillogismo di Dingle:
Herbert Dingle, professore di Storia e Filosofia della Scienza a Londra, negli anni ‘50 e nei primi anni ’60, contro l’invecchiamento asimmetrico di cui si parla nel paradosso dei gemelli, cui si perviene in RR, formulò il sillogismo che va sotto il suo nome.  Il sillogismo è quel ragionamento potentissimo già formalizzato dai filosofi greci antichi che permette una perfetta deduzione date opportune premesse:
(Premessa maggiore) Secondo il postulato di relatività se due corpi (ad esempio due orologi identici) prima si separano poi si riuniscono non c'è alcun fenomeno osservabile che possa mostrare in senso assoluto che uno si è mosso anziché l'altro.
(Premessa minore) Se dopo il riavvicinamento un orologio fosse ritardato di una quantità dipendente dal movimento relativo, e l'altro no, questo fenomeno mostrerebbe che il primo si è mosso e non il secondo.
(Conclusione) Pertanto, se il postulato di relatività è vero, gli orologi debbono essere egualmente ritardati, o non esserlo affatto: in ogni caso i loro quadranti debbono mostrare lo stesso tempo dopo la riunione se lo mostravano prima della separazione.
Scrive quindi Selleri: “Oggi possiamo dire che il comportamento asimmetrico dei due orologi è una certezza empirica (muoni dei raggi cosmici, esperimento con l'anello di accumulazione del CERN, fasci di particelle instabili, esperimento di Hafele e Keating). Pertanto, a norma del terzo punto del sillogismo, è il postulato di relatività che va in qualche modo rifiutato.(…) Il totale relativismo di cui la teoria sembrerebbe portatrice è un'illusione. Insomma non tutto è relativo nella relatività: essa contiene anche qualcosa che relativo non è, qualcosa di assoluto!”.
Come scriveva Dingle: “Dovrebbe essere ovvio che se c'è un effetto assoluto che è funzione della velocità, allora la stessa velocità deve essere assoluta. Nessuna manipolazione di formule e nessun concepimento di ingegnosi esperimenti può alterare questo semplice fatto.” (Riferimenti bibliografici: H. Dingle, Nature, 179, 866 e 1242, anno 1957; H. Dingle, “Introduction”, in Henri Bergson, “Duration and Simultaneity”, pp. xv-xlii, The Library of Liberal Arts, Indianapolis, anno 1965).
Einstein afferma il suo postulato, alla base della Relatività Ristretta, frutto di una sua opinione non verificata sperimentalmente che però egli ha semplicemente assunto come vera, cioè che la velocità della luce ha medesimo modulo costante per tutti gli osservatori in sistemi di riferimento inerziali, non importa la loro velocità. Una conseguenza fondamentale che ne discende è proprio la relatività della simultaneità e l’idea di un “universo blocco”, in cui passato, presente e futuro in qualche modo esistono già. Come dichiarato Einstein in una lettera 1952: “La distinzione tra passato, presente e futuro è un’ illusione ostinatamente persistente.” La Relatività Speciale conduce all’idea che il flusso del tempo che conosciamo intimamente è in realtà un’illusione. Per la RR il passato e il futuro co-esistono in qualche modo con il presente ‘in blocco’.
Un’ idea che si scontra direttamente con la nostra prova diretta del mondo che ci circonda, in particolare con la nostra esperienza del fluire del tempo, la nostra esperienza del passaggio del tempo. C’è davvero una freccia del tempo e un flusso di tempo, ovunque si valuti il tempo nell’universo. Questo non è un problema banale per Relatività Speciale. Conciliare la freccia del tempo e lo scorrere del tempo con la relatività ristretta e generale rimaneva un grave problema della fisica odierna.

Il flusso del tempo ESCAPE='HTML'

Per Selleri questo problema non si pone, attraverso le trasformazioni inerziali il presente, spartiacque tra passato e futuro, riassume tutta la sua realtà oggettiva profonda comune a qualsiasi osservatore, e il tempo manifesta normalmente la sua freccia dal passato verso il futuro passando attraverso l’attimo presente, con la conseguente eliminazione di tanti paradossi che invece sorgono in RR.
Nella teoria di Selleri la luce, più in generale la radiazione elettromagnetica, nel vuoto, (termine con cui si deve intendere l’etere), ha modulo di velocità di traslazione identica in tutte le direzioni, è isotropa, ma solo nel sistema di riferimento privilegiato, come deve essere coincidendo questo con l’etere elettromagnetico, mentre tale isotropia si perde per osservatori in moto e non in quiete rispetto all’etere.

In RR per il sopra ricordato postulato di Einstein, invece, la luce si affermava essere isotropa per tutti gli osservatori inerziali con conseguenti innumerevoli paradossi, e l’incapacità teorica, impossibilità, possiamo anche dire, per una serie di imposti veti teorici, di giungere ad una comprensione profonda e descrizione strutturale del fotone, come con il Modec è stato invece ben possibile fare!    

La teoria che qui abbiamo chiamato "Teoria Inerziale", vista invece come una modifica della Relatività Ristretta, viene da Selleri definita "Relatività Debole".

Valutiamo quali soluzioni permette la Teoria Inerziale di Selleri, che corregge e prende il posto di quella dela RR, per il problema rappresentato dal fenomeno dell’ Aberrazione della luce (detta anche Aberrazione astronomica o Aberrazione stellare); si tratta del fenomeno consistente nello spostamento apparente (deviazione angolare della luce) delle stelle sulla volta celeste, dovuto al moto del punto sulla terra da cui si effettuano le osservazioni e al fatto che la luce ha una velocità finita.
L’ “Aberrazione annua” è dovuta, più nello specifico, al moto di rivoluzione della Terra attorno al Sole. Essa consiste nel movimento apparente di ogni stella lungo una piccola ellisse, descritta da ogni stella durante la sua osservazione, se effettuata dalla terra, in maniera continua e protratta lungo il tempo di un intero periodo di rivoluzione della terra attorno al sole. E’ un effetto dovuto alla composizione della velocità c della luce proveniente dalla stella con la velocità V del moto di rivoluzione della Terra. E’ un fenomeno noto da tempo, essendo stato scoperto negli anni ’20 del XVIII sec. dall’astronomo inglese  J. Bradley che estendendo le sue osservazioni a varie stelle, si accorse che tutte descrivevano nel cielo, se osservate nel corso di un anno intero, una piccola ellisse, il cui asse maggiore era costante per tutte le stelle, indipendentemente dunque dal loro moto rispetto alla terra, (vario da stella a stella), e dalla loro distanza. Il semiasse maggiore di quest’ellisse viene detto anche “costante di aberrazione”.
Prende invece il nome di “aberrazione diurna” un effetto collaterale di analoga aberrazione dato però dal movimento di rotazione della Terra attorno al proprio asse.
L’ “aberrazione secolare” è quella dovuta invece al movimento che il Sole, in compagnia di tutto il sistema solare, compie rispetto alle stelle fisse, creando un effetto di aberrazione conseguente.
La domanda che si è posto Selleri è: la teoria della Relatività Speciale descrive correttamente l’aberrazione astronomica meglio evidenziata dal punto di vista misurativo dal fenomeno dell’aberrazione annua?
Il primo studio relativistico dell’aberrazione stellare è stato fatto nel 1905 da Einstein che identificò la velocità V , di cui occorre tener conto per la descrizione quantitativa del fenomeno, come quella relativa fra la Terra e la stella. Dal punto di vista relativistico, dunque, il valore misurato dell’aberrazione dovrebbe  dipendere solo dalla velocità relativa fra Terra e stella, e quindi dovrebbe essere indipendente dal fatto che si consideri la Terra che si muove rispetto alla stella o la stella che si muove rispetto alla Terra. Tuttavia si verifica  sperimentalmente  che l’aberrazione  dipende dal moto della Terra rispetto alle stelle fisse, cioè nel sistema inerziale delle stelle fisse, ma è indipendente dal moto della stella rispetto alla Terra, come dal moto della stella, sorgente della luce che giunge sulla terra, rispetto al sistema delle stelle fisse. E’ con questa forzatura, che nei fatti nega i principi basilari di relatività, che Einstein ottenne una soddisfacente descrizione del fenomeno con l’applicazione della sua teoria della RR. Una spiegazione che da un lato evidenziava la presenza di capacità descrittive del fenomeno nell’ambito della sua teoria, e al contempo problemi con i suoi postulati di base. Un’ anomalia non da poco messa in evidenza da più autori (vedi ad esempio: F. Selleri, “Lezioni di Relatività”,  2003), e qualcuno di loro, non trovando una spiegazione accettabile di questa asimmetria nell’ambito della RR, ha anche evidenziato, come ha fatto Selleri, come il fenomeno dell’aberrazione metta in crisi la Teoria della Relatività Speciale.
Nell’ambito della Teoria Inerziale di Selleri, affermandosi l’esistenza dell’etere stazionario, e dunque di un sistema di riferimento ad esso solidale, coincidente con il sistema di riferimento delle stelle fisse, le anomalie teorico-descrittive che si hanno per la spiegazione dell’aberrazione della luce in RR scompaiono nella Teoria di Selleri, dove l’indipendenza del fenomeno dalla velocità della stella rispetto alla terra, è una conseguenza del fatto che la velocità della luce è isotropa solo nel sistema di riferimento dell’etere, nel sistema di riferimento privilegiato per l’elettromagnetismo, ma anche per la meccanica in un certo qual modo,  e non conserva isotropia in ogni altro sistema di riferimento inerziale come postulato invece da Einstein. Questo fa comprendere come la spiegazione del fenomeno dipenda dalla composizione, (secondo le trasformazioni adottate, quelle di Selleri), del vettore della velocità della luce rispetto all’etere (sistema delle stelle fisse), con il vettore della velocità della terra sempre nel suo moto definibile come assoluto, se riferito al medesimo sistema delle stelle fisse. Il moto della stella rispetto all’etere, stella da cui ha origine il raggio luminoso, (o più in generale diciamo la radiazione elettromagnetica, il fotone), che giunge all’ osservatore sulla terra, non può influire infatti sul modulo della velocità della luce, (velocità di traslazione del fotone = velocità di propagazione della radiazione e.m.), rispetto all’etere, per quanto ampiamente detto.     
Benché non abbia avuto la fortuna di conoscere personalmente il professor Selleri, (nato nel 1936 – venuto a mancare il 20 novembre 2013), fisico teorico, se non attraverso i suoi articoli e testi, sono estremamente piacevolmente sorpreso dalla sua apertura mentale e dal suo pensiero critico sulla fisica moderna. Dalle presentazione dei suoi libri estraggo le  seguenti domande retoriche: “Ma chi ha detto che la fine della fisica è vicina? Che tutto quello che c’era da scoprire è già stato scoperto? E che le generazioni future potranno solo precisare e raffinare, e mai negare o arricchire le attuali teorie?”.
Non è un caso che Selleri ci informi che: Nel 1949, rispondendo all’amico M. Solovine che gli aveva inviato una affettuosa lettera di auguri per il settantesimo compleanno Einstein aveva scritto: “Tu immagini che io guardi all’indietro sul lavoro della mia vita con calma soddisfazione. Ma da vicino la cosa appare ben diversa. Non c’è un solo concetto di cui io sia convinto che resisterà stabilmente”. Einstein non nascondeva la probabile transitorietà delle sue creazioni.” (link: http://www.brera.unimi.it/SISFA/atti/2003/16-34Selleribari.pdf).

Selleri si contrappone a pensatori come Heisenberg, Feyman e Hawking che hanno predetto la fine della fisica, sostenendo che grandi progressi sono possibili, ma che il prezzo da pagare per realizzarli è una modifica radicale delle basi della fisica moderna, in particolare abbandonando l'indeterminismo, la località, e lo stesso principio di relatività. Selleri parla di una Fisica che deve liberarsi dai dogmi, comprendendo come la fisica proceda tra fasi di sviluppo e fasi stagnanti quasi di regressione. Tutti concetti che formano la mia medesima visione della Fisica.

In definitiva, il Modec ci orienta nel verso nella scelta, tra le varie modifiche alla Teoria della Relatività, proprio di quella implicata dalle Trasformazioni Inerziali.
La Teoria Inerziale di Selleri in realtà ha già una sua grande consistenza interna, con dati empirici ben previsti e spiegati dalla teoria e con la risoluzione dei paradossi della Relatività Ristretta, ma oggi potrebbe persino avere un’ ulteriore conferma ad opera di quanto indica ed emerge dalla teoria del Modec in termini della corretta visione dell’ Universo, che Teoria del Modec e Teoria Inerziale hanno sviluppato, cui vi son giunte separatamente da strade diverse, e che ora scoprono essere convergentemente il medesimo Universo, con le medesime proprietà, caratteristiche e leggi!
Così come le speculazioni e i successi teorici di Lorentz, con le sue trasformate diedero un enorme contributo per la costruzione della RR, oggi i maggiori successi teorici di Selleri, con le sue trasformate, vanno nel verso di dare sostegno e maggiore consistenza alla Teoria del Modello Doppio Elicoidale del Fotone.
L’ incontro con le trasformazioni di Selleri, (e con la teoria ad esse connessa che sostituisce la RR e che abbiamo qui chiamiamo “Teoria Inerziale” di Selleri, dal nome "Trasformazioni Inerziali", dato da Selleri alle sue trasformazioni), è stato pertanto illuminante, facendo comprendere come la strada indicata dal Modec fosse quella corretta.
Dopo i successi di ulteriore sviluppo del quadro teorico emergente dal Modec nel corso del 2014, annus mirabilis, in particolare risalenti al periodo estivo, i periodi autunnali e invernali di fine anno sono stati dedicati allo studio del Modec al variare del sistema di riferimento rispetto a quello di sua iniziale valutazione, quello dell’etere. Inevitabile dunque, nell’ambito di questo ordine di speculazioni, valutare, in seno alla teoria vigente della Relatività Ristretta, il Modec stesso, ma la mia critica affermante l’esistenza dell’etere sulla base del Modec, mi ha condotto a chiedermi se tale approccio fosse epistemologicamente giusto. E la risposta è stata No, o per lo meno non prima di una approfondita valutazione della RR sulla base del concetto di etere. Di fronte ai paradossi e fenomeni non ben spiegati dalla Relatività Ristretta di cui son venuto a conoscenza tramite questi miei studi, in dicembre ho scoperto l’esistenza della Teoria di Selleri che, provvidenzialmente, nella modifica correttiva che apporta per la RR, approda ad una teoria che descrive esattamente, e senza volerlo, lo stesso universo che emerge dagli studi paralleli ed indipendenti che ho condotto dai primi anni del 2000 sul Modec, e lo fa fornendo una solida teoria dello spazio e del tempo, fondata questa volta sull’accettata esistenza, e non sulla negazione dell’etere, implicato comunque dall’elettromagnetismo, come ere avvenuto invece per la RR. 
La Teoria Inerziale, (così come il Modec), non solo cancella l’indeterminismo che è stato introdotto ad inquinamento del pensiero scientifico nella fisica teorica del ‘900, ma oggi ci permette anche di liberarci da un relativismo ossessivo e poco fisico cui si è pervenuti proprio a causa dell’imprudente e superficiale abbandono del concetto di etere da parte di Einstein. Un relativismo che oggi appare persino non più necessario alla formulazione di una teoria, che equivalentemente alla Relatività Ristretta, permetta di prevedere e spiegare correttamente le medesime osservazioni empiriche.
Ci appare oggi come una sorta di pensiero preistorico, quello della Fisica moderna, ricco di paradossi, contraddizioni e non-sensi, rispetto a quelle mete cognitive elevate di comprensione della realtà cui ci ha permesso di giungere il Modec, adesso anche con il convergente supporto della Teoria Inerziale di Selleri. Un gran passo nell’avanzamento scientifico, nell’avanzamento della conoscenza della Natura, come della unificazione teorica tra fisica classica, relatività e fisica quantistica, delle quali oggi il Modec ha permesso di individuare e capire gli errori di fondo e le cause che le portavano verso l’assurda descrizione di “realtà” differenti e non convergenti, come deve invece essere essendo una e sola la Natura da tutte le teorie fisiche indagata!
La Fisica che torna pertanto ad essere Fisica, allontanandosi dalle degenerazioni metafisiche iper-relativistiche e mentalistiche, che, sia ad opera della Relatività, sia ad opera della Meccanica Quantistica come ad oggi concepita, hanno inquinato e frenato il pensiero umano di indagine teorica della Natura, della Physis, nel corso del Novecento.
Mentalismo e spiritismo, relativismo, irrealismo ed indeterminismo dilagati nella Fisica del novecento, facendola “collassare” dal punto di vista teorico come scienza della natura, portandola nel verso di una dogmatica teologia religiosa. Bassifondi da cui finalmente dobbiamo e possiamo liberarci, risollevarsi tornando alla Natura = Fisica, per questo nuovo millennio, ridefinendo il confine sfumato nel novecento tra metafisica e fisica. E che i contributi maggiori stiano venendo dall’ Italia, e dal suo meridione, terra dove insegnò il grande Pitagora e di grandi filosofi, come Archita di Taranto, Giordano Bruno e Giulio Cesare Vanini, e scienziati del passato, come Archimede, Plinio il Vecchio e Galileo Galilei, non è forse un caso!

-----------------------------------------------

 

Quali le conseguenze della Teoria Inerziale e del Modec sulla Relatività Generale ?

 

La Teoria Inerziale portando ad una modifica delle trasformazioni di Lorentz, e dunque dei postulati della Relatività Ristretta costringe a valutare in maniera critica anche la Teoria einsteniana della Relatività Generale (RG), che sulla sua Relatività Ristretta è stata costruita ad inclusione della interazione gravitazionale di cui non tiene conto la Relatività Ristretta. E così come le Trasformate di Selleri portano la Teoria Inerziale a sostituire la Teoria della Relatività Ristretta, così è necessario valutare come la Teoria Inerziale influisce sulla analisi critica della RG.    
La riaffermazione della simultaneità assoluta nella Teoria Inerziale di Selleri che rende non più fonti di paradossi l’interazione a distanza, come invece avveniva con la RR, porta a valutare nella trattazione dell’ interazione gravitazionale la non-località di quest’ultima negata invece nella visione Einsteiniana, e invece affermata e sostenuta con argomentazioni fisico-matematiche da Newton per la legge di gravitazione universale da lui scoperta.  Newton aveva dimostrato matematicamente che se l'interazione non fosse stata istantanea, il momento angolare non si sarebbe conservato. Invece le osservazioni sui pianeti del sistema solare condotte dell’astronomo Keplero dimostravano proprio che questo si conservava!

Inoltre, si può in qualche modo ristabilire un parallelismo con la visione newtoniana se consideriamo che nell’opera in tre volumi intitolata “Philosophiae Naturalis Principia Mathematica”, (in italiano: “I principi matematici della filosofia naturale”), di Isaac Newton, pubblicata il 5 luglio 1687, lì egli ipotizza esplicitamente l’esistenza di uno spazio e di un tempo esistenti a priori, assoluti, sempre uguali a sé stessi; all’interno di questo spazio e di questo tempo, che definiscono un sistema di riferimento privilegiato, valevano le leggi della meccanica e della gravità da lui enunciate. E sempre fatti salvi questi concetti basilari, nella sua opera “Opticks” pubblicata nel 1704, Newton descrive un modello corpuscolare della luce i cui corpuscoli costituenti si muovono nel tempo e nello spazio. Per spiegare i fenomeni luminosi Newton ipotizzò che nello spazio fosse diffusa una sostanza “finissima” chiamata etere.
Lo stesso termine, etere, con cui secoli dopo viene chiamato l'ipotizzato mezzo stazionario distribuito nel vuoto, rispetto al quale e nel quale sembrano propagarsi le onde elettromagnetiche, previste dalle equazioni delle onde derivate dalle Equazioni di Maxwell. Per le onde e.m. tali equazioni delle onde e.m. prevedono in ogni direzione nel vuoto(=etere) isotropicamente una stessa velocità di propagazione ben precisa, pari a quella che si sapeva sperimentalmente essere la velocità della luce nel vuoto, da cui la comprensione che ne derivò della natura di radiazione elettromagnetica per la luce. Tali equazioni individuavano nel sistema di riferimento solidale a tale etere un sistema di riferimento assoluto, privilegiato per i fenomeni elettromagnetici. Maxwell nel 1864 presentò alla Royal Society questi suoi risultati, lo stesso ente scientifico di cui Newton era stato presidente. Poiché ogni fenomeno ondulatorio sin ad allora scoperto aveva un mezzo di propagazione, idem si ipotizzò per le onde e.m. senza però riuscire, per 150 anni circa, a capire, come oggi il Modec permette, l’interazione di questo ipotizzato etere con la radiazione e.m., tanto che Einstein si poté permettere, sbagliando, di ignorarlo e di dichiararlo, (almeno inizialmente), non esistente o comunque non fisicamente necessario. Ma anche solo il fatto che al vuoto si erano comunque attribuite proprietà dielettriche e magnetiche, le stesse che combinate insieme nella formula della velocità della luce data dalle Equazioni di Maxwell determinavano il valore del modulo di tale velocità, già orientava nel verso della bontà dell’ ipotesi di esistenza dell’etere a rendere il vuoto non del tutto vuoto!


-------------------------------------
In questo spazio ci limiteremo per ora ad esporre il seguente interrogativo che ho formulato; un quesito-curiosità sulla strada di valutazioni euristiche:


LA NON CONSERVAZIONE DELLA DIREZIONE DEL MOMENTO ANGOLARE INTRINSECO (SPIN) DEL FOTONE NELLA DEVIAZIONE PER EFFETTI GRAVITAZIONALI DELLA SUA TRAIETTORIA

Effetto delle Lente Gravitazionale ESCAPE='HTML'

PREMESSA
consideriamo un grande corpo sferico stellare di grande massa (omogeneo, o a densità di massa comunque a simmetria sferica). Consideriamolo fermò rispetto al sistema delle stelle fisse.

-) Consideriamo un secondo corpo, quale un piccolo pianeta errante di forma sferica (omogeneo, o a densità di massa comunque a simmetria sferica), che transita in prossimità del corpo stellare subendone pertanto una variazione della sua traiettoria a seguito dell'interazione gravitazionale con il corpo stellare; immaginiamo che la sua orbita complessiva sia un' orbita iperbolica. Se tale pianeta ha anche un suo moto rotatorio iniziale allora, per la conservazione del momento angolare, questo si conserva, e quindi rimane sempre la medesima la direzione del suo momento angolare nonostante la deviazione di traiettoria del moto che caratterizza il centro di massa del pianeta; (come accade anche nel caso della terra dotata di un suo moto rotatorio e che a sua volta è in rivoluzione attorno al sole su un'orbita ellittica; l'attrazione gravitazionale solare ha effetti sulla traiettoria del centro di massa, e, trascurando possibili effetti mareali gravitazionali di freno, non influisce significativamente sul momento angolare della rotazione terrestre che si conserva in modulo, direzione e verso). Quindi nel caso del pianeta considerato ipotizziamo che sia molto piccolo rispetto al corpo stellare e che passi ad una opportuna distanza da quest'ultimo, in maniera tale anche da poter considerare trascurabili possibili effetti gravitazionali mareali sullo stesso, che possono influire sulla sua rotazione intorno ad un suo asse baricentrico. La grande massa stellare per ipotesi è anche ferma, quindi sono del tutto trascurabili anche effetti di fionda gravitazionale.
La conservazione del momento angolare sta alla base dell’ effetto giroscopico, e dell’ effetto stabilizzante che viene conferito ad un proiettile facendolo ruotare intorno al suo asse coincidente con l’asse della canna da sparo, rigata in maniera tale da conferirgli tale rotazione in aggiunta al moto traslatorio; in tal modo il proiettile conserverà la direzione del suo asse baricentrico, che è anche suo asse di rotazione, rispetto al sistema delle stele fisse, nonostante gli effetti di abbassamento della sua traiettoria dovuti all’attrazione gravitazionale.

-) Se lungo la stessa iniziale direzione e traiettoria di arrivo del pianeta consideriamo invece l'arrivo di un fotone, anche questo sappiamo, per quanto ci dice la Relatività Generale,
(ma anche la stessa gravità newtoniana - eventualmente con differenze nell' entità angolare di deviazione prevista - nella quale si consideri il fotone dotato di massa gravitazionale pari alla sua massa relativistica, considerata pertanto quale massa inerziale),
subirà una deviazione della sua traiettoria, sempre più preciso dire subirà una deviazione la traiettoria del suo centro di massa, ad opera della grande massa stellare e della sua azione gravitazionale. Ma in questo caso, relativamente al fotone, poiché nel fotone il suo spin, sempre non nullo e costante in modulo, è sempre diretto per natura del fotone nella stessa direzione della sua complessiva traiettoria, la direzione del suo spin, (che deve essere sempre tangente alla sua traiettoria), subisce pertanto una deviazione nel processo, poiché una deviazione subisce la traiettoria tutta del fotone. Ne consegue che tale variazione di direzione, essendo lo spin il momento angolare intrinseco del fotone e trattandosi di una grandezza vettoriale, che in questo fenomeno dovrebbe per il fotone non osservarsi la conservazione del suo momento angolare, contrariamente a quanto accade invece nel caso precedente per un pianeta!

QUESTIONE
Quali meccanismi fisici in Relatività Generale, (o anche nella semplice interazione gravitazionale newtoniana), possono spiegare questo fenomeno in cui appare venire modificata la direzione del momento angolare intrinseco del fotone, una grandezza che viene invece conservata nell’interazione gravitazionale del medesimo tipo con un pianeta?
La differenza di momento angolare intrinseco subito dal fotone viene magari compensata da un cambio del momento angolare del corpo stellare, in maniera tale da far sì che il momento angolare totale del sistema corpo stellare più fotone si conservi, come dovrebbe conservarsi in sistemi di corpi in interazione attraverso forze centrali quali quelle gravitazionali? E se si, attraverso quali fenomeni che parrebbero essere fenomeni a distanza non locali, avviene la reciproca interazione che permette tutto questo?
O al momento nessuna teoria spiega la variazione di direzione del momento angolare del fotone nella deviazione gravitazionale della sua traiettoria, (fenomeno di deviazione che è alla base dell' effetto di lente gravitazionale, "gravitational lensing"), postulandola come un dato di fatto ad oggi non spiegato che segue il fenomeno di deviazione gravitazionale della traiettoria del fotone, e che ha i suoi fondamenti nella natura ignota del fotone senza molto altro poter aggiungere in merito per rendere pienamente intelligibile e spiegabile tutto il fenomeno?
O altro?

OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI
Il fotone ha una proprietà molto interessante e che non si riscontra in tutte le particelle note, e sulla quale non si era mai posta la giusta attenzione riflessiva: il suo momento angolare intrinseco di spin è sempre diretto nella stessa direzione di propagazione del fotone (con verso concorde o discorde). Nessun modello del fotone permetteva di spiegare questa proprietà sperimentale del fotone ad oggi, proprietà comunque prevedibile e prevista sulla base delle equazioni di Maxwell per un’ onda elettromagnetica piana monocromatica polarizzata circolarmente. Il modello doppio elicoidale del fotone, attraverso la sua stessa struttura meccanica, ci ha permesso invece oggi anche una perfetta spiegazione anche del perché di questa singolare proprietà che scaturisce fisiologicamente dalla sua stabilità dinamica ed elettromagnetica.
I due possibili sensi di rotazione destrogiro o sinistrogiro dell'onda piana monocromatica elettromagnetica polarizzata circolarmente vengono associati solitamente ai due possibili versi di orientamento dello spin del fotone sempre parallelo come vettore alla direzione di propagazione del fotone e che può essere orientato nei due versi in avanti o indietro rispetto al verso di traslazione del fotone. Il modello doppio elicoidale del fotone non solo permette di prevedere il valore esatto nel modulo dello spin del fotone correlandolo alla nota equazione del fotone E=hv, ma permette anche di comprendere meccanicamente il perché dei due possibili suoi versi di orientamento, che si correlano alla possibilità del sistema di doppia elica di essere formato o da due eliche entrambi destrogire o da due eliche entrambi sinistrogire, facendo comprendere e spiegando anche perché tale spin deve essere sempre parallelo alla direzione di traslazione complessiva del fotone (tale struttura geometrico-cinematica permette infatti la condizione dinamica dell’annullamento delle reciproche forze di Lorentz scambiate tra le cariche del dipolo costituente del fotone).
Inoltre il Modec, permettendo di comprendere e descrivere come l'onda elettromagnetica è associata e generata dal dipolo elettrico del fotone, permette poi anche di capire come le proprietà meccaniche del moto sinistrogiro o destrogiro del fotone si correlano e sono causa di proprietà dello stesso tipo dei campi elettrici e magnetici dell’onda elettromagnetica che ha nel fotone non solo il suo quanto ma anche e soprattutto la sua continua sorgente.

 

E per riflettere ancora: la CURVATURA che in Relatività Generale riveste tanta importanza, ma è valutata rispetto a che cosa!?
Mi spiego meglio. Se in un piano cartesiano (quindi euclideo), consideriamo una curva, la sua curvatura in un suo punto sarà espressa tramite il raggio del cerchio osculatore, raggio e cerchio giacenti nel piano medesimo che è piano, senza curvatura alcuna, euclideo. Senza questo piano di base non potrei definire la curvatura della curva, la sua curvatura anzi non avrebbe alcun senso.
Così per la curvatura di una superficie, varietà bidimensionale in uno spazio tridimensionale, la sua curvatura sarà espressa rispetto allo spazio euclideo in cui si espande tale superficie, spazio senza curvatura alcuna.
Se considero un volume tridimensionale e lo immagino curvo, immagino una maglia reticolare di suoi punti distorta, ma distorta (curvata) rispetto a che cosa? Non sarà sempre tale, distorta, se di base considero uno spazio euclideo, non curvo, di riferimento irrinunciabile?
E così via.
Se la concezione di uno spazio incurvato dalla massa implica pertanto sempre uno spazio sottostante della medesima o maggiore dimensione non curvo, rispetto a cui definire la sua curvatura, non sarà dunque che era forse altrettanto equivalente la descrizione della gravità con lo strumento matematico dei campi di forza definiti su uno spazio piano euclideo?

In merito è opportuno richiamare quanto già sopra (vedi paragrafo 6 del PDF http://www.brera.unimi.it/SISFA/atti/2003/16-34Selleribari.pdf), recenti studi sul pensiero, e in particolare l' evoluzione del pensiero di Einstein, mostrano come proprio il passaggio dalla Relatività ristretta alla Relatività generale portò Einstein nel verso di un parziale recupero del concetto di etere, sebbene con dei distinguo tali da non dover del tutto sconfessare le sue posizioni iniziali e idee poste alla base della relatività ristretta nella quale il concetto di etere, anche nel senso di un sistema di riferimento assoluto, veniva invece praticamente abolito.
 

               

                                            31 dicembre 2014

Oreste Caroppo 

-----------------------------------------------
Specchietto sintetico sulla
STORIA DELLA RICERCA SCIENTIFICA IN MERITO ALLA LUCE IN FISICA

Grandissima è l’ importanza della Luce nelle tradizioni religiose e mistiche dell’ uomo, per la vita e il funzionamento del cosmo intero.
Sulla comprensione tramite un modello fisico della luce, si so alternate due teorie nel corso del tempo, una affermante la natura corpuscolare della luce, l’altra la natura ondulatoria della stessa.
Una "particella" è un corpuscolo di piccolissime dimensioni, o anche almeno teoricamente puntiforme, con la caratteristiche della “solidità” e della localizzazione; in altri termini una "particella" occupa una posizione dello spazio ben definita: se è in un punto dello spazio, non può essere allo stesso istante di tempo in un altro punto. Il corpuscolo muovendosi percorre una traiettoria con velocità che, in linea di principio, può essere conosciuta istante per istante.
Le caratteristiche salienti di un' “onda”, son invece “fluidità” e delocalizzazione; l'onda non occupa una posizione precisa dello spazio ma è più o meno estesa o, in termini tecnici si suol dire de localizzata, e la sua estensione può variare nel tempo. Le onde si comportano come se ogni loro punto punti fosse sorgente di tante altre onde che sovrapponendosi riformano nella direzione di propagazione l’ onda stessa, con tale procedura matematica si può con buona iniziale approssimazione descrivere il comportamento dell’ onda al di là di un ostacolo finito sul suo cammino, come dell’ altro caso estremo, quello di un ostacolo idealmente infinitamente esteso e con delle fessure almeno finite in una dimensione.
Si tratta di aspetti e proprietà per certi aspetti antitetici, tanto che mentre due particelle non possono penetrarsi, due onde possono invece ben sovrapporsi.

Nell' antichità fino a tutto il Medioevo si sapeva poco sulla luce e la sua natura: erano conosciuti i fenomeni della riflessione e della rifrazione, era stato appurato che i raggi luminosi viaggiano in linea retta.
Accanto all’ idea che fossero raggi continui, come apparivano talvolta dalla luce del sole passante attraverso fessure tra le nuvole, si iniziò a congetturare che gli stessi fossero costituiti da corpuscoli emessi, secondo alcuni, dagli oggetti luminosi, secondo altri addirittura dall’ occhio stesso (ipotesi quest’ultima rivelatasi presto errata).

L’ idea corpuscolare della luce fatta di particelle, fu quindi sostenuta con maggiori speculazioni dallo scienziato e matematico Isaac Newton nel XVII secolo.

Sempre nel XVII secolo, il fisico olandese C. Huygens introdusse una teoria antitetica a quella corpuscolare esposta da Newton, una teoria ondulatoria della luce, secondo cui la luce è fatta di onde piccolissime e i diversi colori sono dovuti alle diverse lunghezze d'onda, essendo la lunghezza d'onda la distanza tra due creste'successive, o tra due ventri successive dell’onda.

Per tutto il secolo XVIII le due teorie alternative rimasero in competizione.

Il secolo XIX tutta una serie di acquisizioni sperimentali e teoriche diedero maggior vigore e consistenza alla teoria ondulatoria.
Fresnel dimostrò infatti che la luce aggira effettivamente gli ostacoli con il fenomeno della diffrazione, di cui si ha difficoltà ad accorgersene a causa dell'estrema piccolezza delle lunghezze d'onda della luce.
Young dimostrò che la luce può "interferire", e l'interferenza è un fenomeno tipico delle onde ma non delle particelle.
C. Maxwell con le sue famosissime equazioni che unificavano elettricità e magnetismo riuscì a mostrare che la luce è un’ onda elettromagnetica: campi elettrici e magnetici vibranti che si propagano come onde di varia lunghezza d’onda, ma con la stessa velocità (diversa tuttavia nei vari mezzi ). Le sue equazioni delle onde e.m. permettevano addirittura di dedurre la velocità della luce nei vari mezzi e nel vuoto che si dimostrò corrispondere ai valori sperimentali che per tali velocità erano noti grazie alle accurate misurazioni di Fizeau, effettuate nel medesimo secolo. Le equazioni di Maxwell mostrarono la possibilità, dimostrata poi sperimentalmente, dell’ esistenza di altre radiazioni della stessa natura della luce, con lunghezze d’onda tanto al di sotto della lunghezza d'onda della luce violetta (quella a lunghezza d’onda più corta) e al di sopra di quella della luce rossa (quella a lunghezza d’onda più lunga). si comprese che la luce occupa solo un piccolissimo intervello dello spettro elettromagnetico, che in ordine per lunghezza d'onda crescente, comprende in successione: raggi gamma, raggi X, raggi ultravioletti, luce, infrarosso (calore irraggiato), microonde, onde radio, che sono tutti un’ unico fenomeno, tutti onde elettromagnetiche che viaggiano alla medesima velocità e differiscono solo per la lunghezza d'onda.
Dall’ interpretazione che se ne diede in questo secolo, a seguito della visione ondulatoria della luce e più in generale delle onde e.m. di cui la luce si comprese fare parte, il vuoto si concepì come occupato dall' “etere”, una materia sottilissima che doveva permeare tutto l'universo, e nel quale e non dunque in un vuoto totale e assoluto, le onde elettromagnetiche si formavano e viaggiavano.

Nei primi del XX secolo, Planck ed Einstein dimostrarono che le onde e.m. erano composte di quanti cui si diede il nome di fotoni, e da cui discese la Meccanica Quantistica. I fotoni sono i corpuscoli della radiazione e.m., ma ormai gli elementi a favore della teoria ondulatoria delle radiazioni e.m. sono troppo forti per poter essere abbandonati, perché questo ulteriore dato che va invece nel verso di nuovo della teoria corpuscolare della luce, viene integrato nel verso di una nuova visione della radiazione immaginata come dotata di una doppia natura dualistica, è il dogma del dualismo onda-particella e del principio di complementarità, che afferma che la radiazione e.m. può presentare ora l’ uno ora l’altra natura, ma mai insieme le due natura durante una sua osservazione; l’ una escluderebbe l’altra. Parliamo di “dogma” perché di questa doppia natura evidente teoricamente e sperimentalmente non se ne riuscì a dare nessuna spiegazione.
Einstein poi nega l’ esistenza dell’etere con lo sviluppo della teoria della Relatività Ristretta, e con questa teoria postula l’ invarianza del modulo della velocità della luce nel vuoto per tutti gli osservatori solidali a sistemi di riferimento inerziali indipendentemente dalla velocità relativa di traslazione di questi sistemi tra loro.

Agli inizi del XXI secolo lo sviluppo da parte di Oreste Caroppo della Teoria del Modello Doppio Elicoidale del Fotone (Modec) spiega, con la scoperta della struttura costitutiva del fotone, fondata su un dipolo di cariche elementari, tutte le sue proprietà, e quindi anche l’ origine della doppia natura corpuscolare ed ondulatoria della radiazione elettromagnetica, ed inoltre permette la scoperta dell’ “errore di Maxwell”, che non visto e propagandosi nel pensiero fisico teorico è divenuto “il peccato originale della fisica moderno”, causa delle sue divisioni e contraddizioni tra teorie, di paradossi interne alle teorie, come anche di difficoltà descrittive attraverso esse della realtà; punti deboli ora analizzabili criticamente e via via risanabili con le indicazioni guida alla visione dell’Universo emersa dal Modec.
In tal modo viene ben unificato l’ elettromagnetismo a partire dai suoi successi classici con la Meccanica Quantistica, riconducendo il quanto del campo elettromagnetico, il fotone e dunque ogni quantizzazione oggetto di studio della MQ, alla più basilare quantizzazione della carica elettrica. Un’ unificazione che è una semplificazione nella comprensione della natura secondo il buon criterio del rasoio di Occam.
Al contempo il Modec riporta in auge l’ esistenza dell’ etere, migliorandone la comprensione e le sue interazioni con la radiazione elettromagnetica, con i fotoni, correggendo così la Relatività Ristretta, indicando nelle Trasformazioni Inerziali di Selleri, sviluppate proprio a cavallo tra XX e XXI secolo, e nella sua conseguente Teoria Inerziale, la corretta correzione secondo natura delle Trasformazioni di Lorentz, e della RR, risolvendo così i moltissimi paradossi della Relatività Ristretta e conservandone però tutti i successi, aggiungendone di ulteriori nella descrizione corretta della realtà. Indicando così la strada verso una più corretta teoria del tempo e dello spazio, quale quella delle Trasformazioni Inerziali di Selleri, nel verso della unificazione delle teorie fisiche novecentesche tra loro in conflitto.

-----------------------------------------------

Ricapitolazione di alcuni concetti e pensieri a chiusura

Non insisto con Newton, a priori, ma pongo un problema di fondo evidenziando quell' interpretativo "errore di Maxwell" che ho enucleato e messo in risalto, che in Maxwell fu solo ancora interpretativo (dunque non provocando nella sua teoria grossi danni predittivi), ma che poi divenne in seguito fondamento teorico di altre teorie e per cui errore che mina le fondamenta di tanta fisica moderna. Se si trova un vulnus, una falla in una teoria per quanto accettata universalmente da tutti, è quella teoria che va messa in discussione inizialmente e più delle nuove idee alternative, verso cui comunque la stessa falla scoperta conduce! E questa scoperta è una falla addirittura matematica tanto quanto fisica!

Il mio interesse per le teorie di Selleri della cosiddetta Relatività Debole derivano proprio dalla osservazione dell' esistenza dell'errore di Maxwell! Errore da cui si scopre che i fotoni sono le sorgenti continue nel tempo della radiazione elettromagnetica non a caso con essa viaggianti, centri bipolari di forza elettromagnetica praticamente dipoli di cariche elettriche elementari, per cui neutri nel complesso come deve essere per un fotone reale, la conseguenza è che il fotone non media l'interazione elettrica come interazione locale a velocità finita, ma semplicemente a velocità finita trasporta le sorgenti di campo elettromagnetico, per cui congelando una radiazione elettromagnetica costituita da un fotone in un tempo t, vedremmo come il campo elettrico non nasce e termina nel punto monopuntiforme in cui ci sarebbe il fotone, come fino ad oggi si è creduto, ma dalle cariche del fotone invece vedremmo il sistema di linee di forza di un campo elettrico di un dipolo che è già espanso in tutto l'universo, ma ovviamente con intensità decrescente secondo essenzialmente la Legge di Coulomb, per la quale anche recenti esperimenti scientifici, condotti nei laboratori italiani di Frascati, hanno messo in evidenza, la natura già ipotizzata in origine, di interazione non locale a distanza. Da qui le mie ricerche nel verso di una modifica della relatività che possa tener conto, mantenendone tutti i successi predittivi, della natura non locale dell' interazione elettromagnetica in primis. Pertanto una modifica tale da garantire il mantenimento della simultaneità assoluta che l'attuale conformazione teorica complessiva della Relatività Ristretta invece nega. Da qui fisiologico il mio interesse per la teoria della Relatività Debole proposta dal professore Selleri dell'Università di Bari. E di cui ne ho discusso a lungo, anche lanciando in conclusione degli spunti in merito ad un approfondimento critico della relatività generale.

Riporto qui un pensiero che ha il valore quasi di una nota a penna scritta al margine, ovvero quasi come un’ idea embrionale, appuntata e meritevole di ulteriori considerazioni: Se esiste l’etere e valgono le Trasformate di Selleri o di Lorentz, e la loro esistenza è legata in qualche modo ad interazioni di tipo polarizzazione elettrica con il vuoto, e tali trasformazioni valgono per ogni corpo, allora tutto ciò che esiste non può che essere composto di cariche elettriche!

 


                                             31 dicembre 2014

Oreste Caroppo 

 

-----------------------------------------------

Aggiungo questi contenuti che convergono nel quadro sopra esposto 

 

Riportiamo qui anche questo articolo dal titolo " Universal Time and Spacetime ‘Metabolism’ ", del marzo 2015, dei fisici Samy Marouna e Carlo Rovelli,
 

link: http://smc-quantum-physics.com/pdf/version3English.pdf

 

che ci sembra proprio convergere nel verso di quanto perseguito dal Professor Selleri, e quanto implicato dalla teoria del MODEC. Emerge un sempre più forte aleggiante sentire delle problematicità della Fisica Moderna e un bisogno di dissentire ai suoi dogmi.

 

In esso, anche al fine di conciliare la Relatività Ristretta e la Relatività Generale con un sentire comune e della Fisica Classica, per una conciliazione anche con la Fisica Quantistica, e con l' Astronomia nella quale la Cosmologia moderna persegue l' idea che il nostro Universo abbia una storia che sembra svolgersi in un "tempo universale" e in cui la radiazione di fondo cosmica fornisce un quadro di riferimento preferito elettivo, gli autori mostrano come sia possibile una reinterpretazione delle due teorie della Relatività di Einstein (la Speciale e la Generale) che non rinunci all' idea di un sistema di riferimento privilegiato, (che gli autori identificano con la cornice definita dalla radiazione cosmica di fondo), e che mantenga l' idea di un tempo universale, privilegiato dunque, e quindi il concetto di un presente globale reale in tutto l' Universo.

 

Riportiamo traducendo alcuni passi dall' articolo quando lì scrivono i due autori:

 

"L' articolo mostra che la Relatività Speciale e la Relatività Generale possono essere riformulate (...) perché non si debba abbandonare l' idea di un sistema di riferimento privilegiato e un tempo universale."
 

"La possibilità che un sistema di riferimento privilegiato giochi, dopo tutto, un ruolo, è stata recentemente considerata dai relativisti come George F. R. Ellis (nell' articolo intitolato "The arrow of time and the nature of spacetime" del 2013) e Lee Smolin (nell' articolo intitolato "Time Reborn: From the Crisis in Physics to the Future of the Universe", Houghton Mifflin Harcourt, 2013; traduzione italiana "La Rinascita del Tempo", Einaudi, 2014), che hanno sostenuto che una nozione di tempo più vicina a quella pre-relativista potrebbe essere necessaria!"

 

"Gli effetti fisici della Relatività Speciale e Generale sulla materia possono essere dedotti senza dover rinunciare al concetto di tempo universale, se decidiamo di usare la cosmologia per definire un sistema di riferimento privilegiato e un tempo universale."
 

"Le scoperte di Einstein possono essere lette come un invito a rinunciare a idee preconcette su spazio e tempo, fino a rinunciare completamente a queste nozioni. Ma possono anche essere lette come la scoperta di proprietà peculiari dello spazio e del tempo, che non abbiamo forse completamente svelato."

 

Ho trovato riferimenti a questo articolo nella lettura del testo del fisico italiano Carlo Rovelli intitolato "L' Ordine del Tempo", Adelphi Edizioni, 2017, dove in realtà egli pur riconoscendo la validità formale di quanto esposto in questo articolo, (in cui pur figura, al fianco di Samy Marouna, come autore), esprime la sua adesione filosofica all' impostazione data alle due teorie relativistiche einsteiniane dal suo fondatore, da Einstein; l' impostazione ortodossa che era giunta a rinunciare al concetto di un sistema di riferimento privilegiato, e ai concetti che venivano invece dalla fisica newtoniana e che sostenevano l' esistenza di uno spazio assoluto e di un tempo assoluto, concetti classici questi che si scontrano profondamente con quelli che invece connotano le teorie della speculazione fisica teorica contemporanee sposate da Rovelli e a cui egli ha dedicato il suo massimo fiducioso impegno: la teoria detta della Gravità Quantistica a Loop (LQG, acronimo del nome inglese Loop Quantum Gravity), in cui addirittura si sostiene la quantizzazione dello spazio e del tempo secondo le corrispondenti Unità di Planck, idea che invece il MODEC ha mostrato quanto sia infondata e derivata anch' essa dal non visto Errore di Maxwell ! 

Nota. Che sia fallace l' operazione di ritenere le Unità naturali di Planck punto di riferimento per legittimare, tramite poi anche esse stesse, una quantizzazione dello spazio e del tempo, lo mostra il fatto che, sebbene la Carica di Planck sia molto vicina quantitativamente parlando alla Carica elementare “e”, (e questo doveva dar luogo a quegli sviluppi di riflessione e indagine che sono stati possibili soltanto oggi grazie alla scoperta dell' Errore di Maxwell nella teoria del Modec, vedi link: http://fiatlux.altervista.org/svelati-i-misteri-delle-unità-naturali-di-planck-grazie-al-modello-doppio-elicoidale-del-fotone.html), la Massa di Planck risulta invece essere enormemente più grande, ad esempio, della massa sperimentalmente ricavata per l' elettrone. Un' illusione questa della necessità di quantizzare anche lo spazio e il tempo che, come abbiamo già discusso altrove qui in queste pagine del sito “Fiat Lux”, nasce dalla mancata scoperta dell’ Errore di Maxwell e dalla conseguente cattiva interpretazione del vero significato fisico di “h”, la Costante di Planck, e quindi della quantizzazione in sé in fisica, (che invece abbiamo ora scoperto come esser intrinsecamente dovuta alla quantizzazione della carica elettrica, da questa dunque scaturente). Costante di Planck che compare all' interno dell’ espressione di tutte le Unità di Planck, alimentando di conseguenza, in quel quadro offuscato, l’ idea teorica fallace di una quantizzazione dello spazio e del tempo, che in questa nota abbiamo brevemente ridiscusso.

 

 

                                             28 dicembre 2017

 

Oreste Caroppo