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LA RINOBILITAZIONE FISICO-MATEMATICA DELLA NON-LOCALITA’
E IL PARADOSSO PARMENIDEO NEL PRINCIPIO DI REALTA’

 

Da certe speculazioni che si leggono oggi intorno ad alcuni fenomeni fisici estrapolo e riporto questa frase di meraviglia: «Il fatto notevole è che si tratta di una sconcertante "azione fantomatica a distanza"». "Azione fantomatica a distanza" credo sia una frase di Einstein, che rifiutava a priori l'interazione a distanza.
Ma gli esperimenti di Fisica moderna, (in concordanza con certe esotiche interpretazioni dell'Entanglement come legato ad una azione a distanza, anche se la sua spiegazione può essere ben più ovvia, compresa meglio la Fisica Quantistica proprio grazie allo stesso Modec), penso debbano aprire la mente, ma non certo nel verso dell'abbandono del "principio di realtà", del "realismo" oggettivo e materialistico a favore di una concezione "idealistica", quello mai, come in certi tentativi di interpretazione di questi fenomeni spesso leggo.
Io considero (almeno fin ora!) insuperabile quello che io chiamo "paradosso Parmenideo", (dal nome del filosofo magno-greco del sud Italia, Parmenide), che credo corrisponda anche alla concezione di George Berkeley, filosofo del secolo XVIII, secondo il quale "Esse est percipi" (dal latino "esistere significa essere percepito"), una concezione immateriale dell'universo, che in filosofia viene detta "empirismo idealistico". Il Paradosso Pamenideo di cui parlo corrisponde all'interrogativo se sia superabile l'idea del "solipsismo" (dal latino “solus”, "solo" e “ipse”, "stesso": "solo se stesso"), credenza secondo cui tutto quello che l'individuo percepisce venga creato dalla propria coscienza, e dunque nulla esista oltre lui ed in lui, tutta la realtà è lui, e dunque in definitiva lui è anche Dio. Inoltre l’esperienza della percezione della “realtà” onirica del sogno che al risveglio si è portati, nel confronto con la percezione di quella che definiamo realtà reale, a definire illusoria e inesistente, non fa altro che rafforzare il dubbio in merito all’effettiva realtà di ciò che da svegli giudichiamo come reale.
Ora questo è il problema: se la realtà che percepiamo, o meglio ancora pensiamo di percepire, esista fuori da un noi o sia parte di noi, in tal caso di Io=Dio?
Con gli amici da piccolo era questo uno dei nostri paradossi più divertenti che formulavo, e degli amici ci han perso sopra tantissime ore di monoideismo!
La verità è che non abbiamo nulla per risolverlo.
Ma che la realtà esista dentro di noi, e dunque Io=Dio, o che esista fuori di noi, poco cambia: se la si vuole studiare scientificamente,
si deve accettare, o meglio porre per ipotesi di base, (questa l'etica operativa da assumere), che sia un oggetto esterno a noi, al nostro io pensante, che noi dobbiamo indagare, tramite la "meravigliosa" capacità della nostra ragione di intelligere il linguaggio matematico in cui la Natura sembra proprio scritta. Questa ultima "meravigliosa" corrispondenza non basta per dire che la Natura è tutta in noi, perché potrebbe essere conseguenza del fatto che noi siamo fatti secondo Natura, nella Natura e secondo le sue leggi, evoluti anche proprio per comprenderle necessariamente per vivere nella realtà!
Dare credito a semplicistiche interpretazioni che negano il principio di realtà, vorrebbe dire non indagare più la realtà, ma convincersi di aver risolto il paradosso parmenideo nel verso che esistiamo solo noi, o meglio Io=Dio … e che "noi" sarebbe, dovendo rinunciare all’esistenza vera di tutti gli altri, se non come parti fantasiose della nostra mente, di noi stessi?!
Per cui lo sforzo, se si vuol fare Scienza davvero, deve essere: anche laddove tutto sembra negare l’esistenza della realtà a favore della sola esistenza di Io, indagare altre strade!

Così tornando alle interpretazioni che richiamano in ballo l'azione a distanza per gli esperimenti di entanglement, nel verso di quanto sin ora ci ha detto il Modello Doppio Elicoidale, quali punti interessanti si possono cogliere?

Innanzitutto il MODEC ci ha costretti a scoprire, a svelare, quello che ho chiamato il grande “errore di Maxwell, il peccato originale della Fisica moderna”, aver creduto che le Eq. di Maxwell affermassero perentoriamente che le onde previste fossero fatte di campi elettrici e magnetici variabili indipendenti da sorgenti di quei campi viaggianti con l'onda e.m. stessa, mentre le stesse prevedevano identicamente dal punto di vista matematico onde fatte dai campi di sorgenti dipolari rototraslanti, traslanti a velocità c.
Da qui la degenerazione che ha distorto la originaria comprensione del campo elettrico che è sempre elettrostatico a forze centrali rispetto alla sua sorgente, il quanto di carica, e che varia rigidamente in ogni punto dell’universo al mutare della posizione della sua sorgente quantizzata, dunque istantaneamente a distanza, (in questo senso "elettrostatico" anche se la carica si muove, poiché la segue spostandosi rigidamente in tutto lo spazio, quale sia lo stato di moto della sua sorgente),
degenerazione nel verso di immaginare persino il campo elettrostatico generato da una particella ferma che dovesse poi muoversi, soggetto a principi di località, per cui in un luogo distante tale da restare immutato sino all’arrivo di un segnale a velocità finita, che informi del mutamento della posizione della sua sorgente!!!!

Il Modec, riportando piena dignità all’azione a distanza elettro-magnetica, senza scandali, ma con pieno accordo con l’Elettromagnetismo più classico, può offrirci una strada nuova nella lettura di questi fenomeni.

Dobbiamo studiare come i fotoni si correlino tra loro, ma oggi che possediamo con il Modec molte più conoscenze della loro struttura di base elettromagnetica è questa una strada percorribile, certi di un fatto, quello che avviene ad un fotone, l’altro lo saprà senza magia istantaneamente, perché questa è la natura dell’interazione elettrica come già comprese e descrisse Coulomb secoli or sono!

Riguardo alla nuova visione per il campo elettrico che emerge dal Modec, e che ci riconduce a visioni classiche pre-maxwelliane di azione a distanza, fondamentale a sostegno della sua validità anche quanto recentemente osservato nei laboratori di Frascati (Roma-Italia) in esperimenti le cui conclusioni vanno nel verso della conferma di una natura interattiva di azione a distanza per il campo elettrico (2012).

[Qui riportiamo un successivo articolo in merito del 2014:

"Measuring propagation speed of Coulomb fields"

Authors: R. de Sangro, G. Finocchiaro, P. Patteri, M. Piccolo, G. Pizzella 

Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Laboratori Nazionali di Frascati, Frascati, Italy

Link: https://link.springer.com/article/10.1140/epjc/s10052-015-3355-3

Link PDF: https://link.springer.com/content/pdf/10.1140%2Fepjc%2Fs10052-015-3355-3.pdf

 

P.S.: oggi certa speculazione fisica, di fronte all'incapacità di spiegare alcuni fenomeni, è arrivata a negare persino il principio di realtà, già ai tempi di Einstein, che ironizzava su chi, tra i ritenuti fisici dell'epoca, voleva fargli credere che la Luna non c'era se lui non la guardava.

Ma vediamo il paradosso che ne verrebbe fuori se accettassimo che "la Luna esiste solo se e quando la guardiamo" una proposizione che sintetizza la negazione del Principio di Realtà:

se la persona A non guarda la Luna allora in quel momento: La Luna non esiste;

se A intanto guarda una persona B essa esiste per A;

ma se B intanto invece guarda la Luna allora: la Luna esiste.

Si giunge ad una contraddizione "Luna non esiste/Luna esiste".

Per risolverla:

o B esiste solo nella mente di A, è un suo parto mentale come ogni cosa e dunque B, pur guardando verso dove dovrebbe stare la Luna secondo A, non ha potere di farla esistere, ed in tal caso ricadiamo nel Paradosso Parmenideo, A = Dio,

o, più eticamente corretto per fare scienza, si deve considerare inaccettabile la negazione del Principio di Realtà!     

Nell'incapacità di risolvere grossi problemi teorici, in gran parte anche generati proprio dall'errore di Maxwell, nella fisica del '900 e dei primi del XXI secolo abbiamo visto venir formulate teorie, che per una veste matematica cui le si è data, sono state credute come "fisica", ma non son fisica, ma utilissima e sempre importante filosofia, e speculazione filosofica, di questo bisogna tenerne conto!

   

 

NOTA: “Può davvero Socrate dirsi mortale?!” 

Si possono formulare tante ben poste domande esistenziali e cosmiche filosofiche ultime, alla ricerca di un perché, a che fine, o inseriti in quale ciclicità,
ma consideriamo il famoso sillogismo:

“tutti gli uomini sono mortali,

Socrate è un uomo,

dunque Socrate è mortale!”

Ma come può Socrate dimostrare a sé stesso davvero la validità della premessa di essere un uomo anche lui esattamente come gli altri!? Lui può solo cartesianamente ("cogito ergo sum") essere certo della sua esistenza come "Io", ma se il suo Io non può mai identificarsi con il "loro", con l'io degli altri, come fa a dire che anche lui è come gli altri, con cui solo certe parvenze da specchio, e simili, lo porterebbero a supporre una somiglianza non verificabile a lui interamente? Come fa a dire che gli altri esistono davvero oltre la sua immaginazione, oltre il suo pensiero, e che esistono con un "Io" pensante come il suo? Come può davvero essere certo allora sulla base di quel sillogismo di dirsi mortale come gli altri? Non ha neppure l'idea di esser davvero nato! Chi davvero ha questa idea precisa se non per il fatto di prestare fede ad un racconto fatto a noi dagli “altri”?

 

 

NOTA: Universo frattale, Universi paralleli e Big Bang tra pensiero religioso e scientifico!

Aggiungo qui una nota, che esula comunque dal discorso prettamente sopra sviluppato, ma che riguarda le concezioni cosmologiche della realtà, e che qui riporto poiché abbiamo comunque affrontato in questo paragrafo ragionamenti di natura filosofica inerenti la concezione della realtà.
Riscontro, tanto nelle mie personali speculazioni fantasiose giovanili sulla realtà, quanto anche in altri amici salentini che come me han dedicato riflessioni indipendenti su temi cosmologici-filosofici, la seguente idea:
quella, potremmo dire, di un "Universo frattale", sempre uguale a sé stesso ad ogni ordine di grandezza, dall'infinitamente piccolo all'infinitamente grande, senza che sia possibile mai raggiungere un limite, sia che si "scenda" nel piccolo, sia che si "salga" nel grande. Le similitudini tra il modello planetario eliocentrico copernicano e il modello dell'atomo di di Rutheford e Bohr, la scoperta dell'esistenza nel macrocosmo di innumerevoli sistemi simili a quello solare sparsi nell'Universo, così come l'esistenza nel microcosmo di tanti atomi simili tra loro, dove semplicemente l'uomo è punto di riferimento dimensionale intermedio tra ciò che chiamiamo macro e ciò che chiamiamo micro, (del resto "l'uomo è misura di tutte le cose", dicevano giustamente dei savi filosofi greci antichi), sono scoperte e concezioni che inducono e rafforzano l'idea, forse archetipa, di un universo ontologicamente frattale nella sua più profonda essenza, cosicché una particella del nostro corpo potrebbe essere a sua volta un sorta di minuscolo pianeta abitato da infinitesimamente piccoli esseri viventi, e noi stessi potremmo vivere su un pianeta a sua volta particella costitutiva del corpo di un immenso organismo vivente e così via in un verso dimensionale e nell'altro! Una concettualità questa che ci richiama alla mente quei principi di certe correnti esoteriche che affermavano forti similitudini e rapporti tra "microcosmo" e "macrocosmo".

Così, sempre in merito a queste considerazioni intermedie tra teoria fisica cosmologica e psicologia-antropologia, mi piace ricordare qui come l'idea nell'esistenza sia di un mondo materiale che di un mondo spirituale, che connota tante concezioni religiose umane, oggi abbia ispirato vere e proprie teorie fisiche che cercano, nei fatti, di dare una veste matematica a questi concetti originariamente filosofici, nella forma dei cosiddetti oggi "Universi paralleli".

Ma anche certi sviluppi teorici della teoria della Relatività Generale, sfociate e confuse ormai pienamente con la fanta-scienza, parlano oggi di portali spazio-temporali per spostarsi quasi “istantaneamente” in un qualsiasi punto del tempo e dello spazio per quanto distante, anche per andare indietro nel tempo; tutto questo in realtà ci richiama alla mente quasi quelle simboliche porte dell'aldilà, tra il regno dei vivi e il regno dei morti, tra dimensioni parallele, che caratterizzavano le visioni religioni antiche, e non solo quelle antiche.

Del resto anche concezioni teologiche arcaiche, ad esempio nella filosofia neoplatonica, delle realtà esistenti come emanazioni da un Uno divino centrale irradiatore, hanno ispirato, o per lo meno guidato e facilitato possiamo immaginare, la teoria fisica odierna del Big Bang, fermo restando sempre le osservazioni sperimentali astronomiche che l'hanno suggerita a monte.

Una evoluzione concettuale della teoria fisica del Big Bang è quella della Teoria dell'Universo Oscillante (o Modello Ciclico anche chiamata), secondo la quale l'universo, dopo l’esplosione di un evento Big Bang e conseguente espansione iniziale, si espanderà fino ad un certo punto e poi si contrarrà implodendo su sé stesso, in un evento opposto al Big Bang, ma simmetrico in verso opposto, chiamato Big Crunch; quindi con una sorta di Big Bouncing, (di grande rimbalzo), si avrà un nuovo Big Bang, e così via in un processo infinito, che potrebbe anche esser stato infinito nel verso temporale del passato. Tutto questo in un certo senso in coerente con il Teorema di Ricorrenza del fisico-matematico e filosofo Henri Poincaré (1854 –1912).

In veste di teoria fisica ritroviamo pertanto parallelismi o forse anche storicamente l’influsso di teorie filosofiche più antiche, antropiche ancestrali probabilmente, espresse da filosofi come Giambattista Vico (Napoli, 1668 – 1744) con la sua teoria dei “corsi e ricorsi storici”, e ancor più dal filosofo Friedrich Nietzsche (1844 – 1900) con la sua teoria dell' "eterno ritorno dell'uguale" (più spesso detta soltanto “eterno ritorno”), che affermava un’ infinità circolare del tempo. Una visione che ci richiama alla mente le concezioni del "tempo ciclico" (o "concezione circolare" detta), come quella stoica diffusa nella civiltà greca e romana, per cui l'universo rinasce e rimuore, o quella rintracciabile nella filosofia indiana e nella filosofia buddhista. La ciclicità di numerosi fenomeni naturali che ispira questa visione cosmologica ciclica, che a sua volta trova un parallelismo, pertanto, con le concezioni religiose e filosofiche dell'esistenza individuale come connotata da continui sequenziali cicli di vita-morte-rinascita: è la concezione della metempsicosi che compare tanto nella cultura occidentale con il filosofo greco Pitagora, quanto nelle culture orientali.

Usando modelli matematici, dunque, spesso si dà una veste di teoria fisica a concezioni che son filosofiche, magari anche archetipiche universali umane. Di questo è importante tener sempre conto quando si indaga la validità in termini di veridicità di tali teorie nel verso della descrizione della vera realtà; occorre ricordare sempre che la matematica permette di esprimere mondi teorici, ma tra tutti questi poi la fisica deve ricercare il modello che descrive davvero il mondo osservabile.

 

IN APPENDICE

-) Riflessioni filosofiche sull’esistenza oggi dell’Universo alla luce dell’esistenza a fondamento di esso delle coppie di cariche elettriche opposte complementari.

Il filosofo magnogreco Parmenide nel suo poema intitolato tradizionalmente  “Περί Φύσεως” (Perí Physeos), traducendo “Sulla Natura”, dice

"l'essere è, il non-essere non è!"

ma osserviamo

se esiste il maschio, esiste la femmina,

se esiste il bianco, esiste il nero,

se esiste il buono, esiste il cattivo,

se esiste la carica elettrica negativa, esiste, e come se esiste, la carica elettrica positiva, esistenza fisica questa di opposti complementari assai importante, la cui importanza il Modec esalta ancor di più,

perché allora, se esiste l'essere, dovrebbe non esistere il non-essere?!

E se essere e non-essere, se dunque esistono, esistono insieme, così insieme potrebbero allora anche non esistere!

 

 

Oreste Caroppo