Trottola - ''Lu Fitu'' in dialetto salentino ESCAPE='HTML'

 

NEL MODELLO DOPPIO-ELICOIDALE DEL FOTONE
IL SEGRETO DELLA SUA STABILITÀ ELETTROMAGNETICA:
la stabilità del suo moto in equilibrio dinamico coincide con il suo continuo auto-irradiarsi!

 

Valutiamo ora il quesito importante che hai mosso e su quale ho già speso delle riflessioni in merito nel lavoro PDF in inglese linkato, ovvero
la valutazione della stabilità elettromagnetica del fotone se descritto con il modello doppio elicoidale qui proposto.

 

PREMESSE e CONSIDERAZIONI INIZIALI

E’ ovvio partire facendo il paragone tra il nostro sistema fotone con le due semi-particelle dette di carica opposta e il modello atomico di Bohr dell’atomo di idrogeno, che vede legato un elettrone con quanto di carica negativa e un protone con quanto di carica positiva e ben maggiore massa.

Non solo, il modello dell’atomo di Bohr, adattato al caso, spiega anche perfettamente il sistema legato del Positronio, formato da un elettrone ed un positrone, che son particelle di una coppia di materia ed antimateria corrispondente, dunque una struttura con le due particelle opposte e rotanti con moto circolare uniforme intorno al loro centro di massa che corrisponde al punto medio del segmento di loro costante distanza, poiché hanno uguali masse, e quanto di carica opposto tra le due particelle (negativo per l’elettrone, positivo per il positrone).

Dunque una struttura assolutamente da valutare e confrontare con il modello doppio elicoidale del fotone, dove le due semi-particelle di materia-antimateria a stesse masse(energie) e quanto opposto di carica, se si considera la loro proiezione su un piano ortogonale alla traiettoria rettilinea complessiva di traslazione dell’intero sistema fotone, ruotano con moto circolare uniforme intorno al loro centro di massa che corrisponde al punto medio del segmento di loro costante distanza, poiché hanno uguali masse. (Nel moto il loro centro di massa che trasla alla velcocità c della luce nel vuoto, come il classico fotone, descrive come traiettoria l’asse della doppia elica.
Il centro di massa assomma in sé diverse delle proprietà del fotone nella sua visione più classica e semplicistica come mero punto materiale dotato di energia e moto).

Ora partiamo dai postulati di Bohr per le sue strutture atomiche (validi per il suo modello dell’ atomo di Idrogeno, come poi anche per il Positronio)

Egli parte dalla scoperta di Planck, ovvero del fatto che le onde elettromagnetiche si possono immaginare come costituite da pacchetti di energia, dei quanti identificabili con gli scoperti fotoni da parte di Einstein, dove se v è la frequenza della radiazione elettromagnetica, l’energia associata a questo suo quanto sarà data da:

E=hv

il fotone però non è un pacchetto di energia fisso. Tale rimane la sua energia se nella sua propagazione non subisce perturbazioni esterne. Ma nella sua esistenza, se perturbato da campi esterni, come in fenomeni di urto, scattering con altre particelle, può scambiare energia con continuità, come mostrano i fenomeni di Red-shift Gravitazionale e l’ Effetto Compton.

Il "primo postulato di Bohr" dice:

Il valore del modulo del momento angolare dell'elettrone che ruota intorno al nucleo (o meglio intorno al centro di massa del sistema) deve essere un multiplo intero della costante di Planck Ridotta. Si parla del momento angolare connesso a questo suo moto di rivoluzione attorno al nucleo.

Spostandoci ora nella considerazione del fotone reale, e da qui nel verso di un suo modello simile al modello del positronio, quale è in parte il modello doppio elicoidale del fotone, osserviamo che per il fotone, il primo postulato diventerebbe, già sulla base della realtà sperimentale osservata:

Il primo postulato per il fotone:

il fotone ha sempre momento angolare intrinseco in modulo pari alla Costante di Planck Ridotta, a:
[misurato nella direzione del moto traslatorio complessivo del fotone]

Questo postulato non è di comodo ed inventato di sana pianta, ma è un dato sperimentale ed è probabilmente in qualche modo il postulato implicito, ancor più fondamentale, che poi porta verso il postulato formulato da Bohr per studiare l’atomo di Idrogeno!
Il modello doppio elicoidale del fotone si basa su questo postulato del fotone, poiché è costruito facendo in modo che abbia momento angolare intrinseco, lo spin lungo la direzione di traslazione del fotone complessivo, pari proprio in modulo alla Costante di Planck Ridotta; e da qui conseguono nel modello altre proprietà importanti e notevoli della cinematica della struttuta, come ad esempio il modulo pari a c, anche della definita velocità tangenziale.
Le due-semiparticelle del fotone non hanno a loro volta uno spin nel fotone, son immaginate come punti materiali, ma è con il loro moto rotatorio che contribuiscono alla spin intrinseco totale del sistema da loro composto, il fotone. Una precisazione importante, ed uno dei numerosi punti di differenza con il positronio, in cui le sue particelle componenti hanno invece momenti angolari intrinseci non nulli.

Il "secondo postulato di Bohr" afferma che:

l'atomo irraggia energia solamente quando, per un qualche motivo, un elettrone effettua una transizione da uno stato energetico stazionario ad un altro. Se Ei ed Ef sono le energie connesse alle orbite finale ed iniziale dell' elettrone, allora
la frequenza v della radiazione emessa è legata all'energia del livello di partenza e di quello di arrivo dalla relazione:

v=|ΔE|/h= |(Ef - Ei)|/h :

dove h è la Costante di Planck,
è presente il modulo in quanto la frequenza ha significato fisico solo e soltanto se è un numero positivo,
invece il ΔE= (Ef - Ei) può essere negativo o psitivo, e indica se viene emessa una radiazione o viene assorbita energia ("sotto forma di quanti con frequenza derivata dalla suddetta formula" ).
L'energia che l'atomo scambia soddisfa dunque sia il principio della conservazione dell'energia, sia la relazione tra l'energia e la frequenza introdotta da Planck.

Secondo la teoria classica, invece, la frequenza della radiazione emessa avrebbe dovuto essere uguale a quella del moto periodico della particella carica. Il modello planetario di atomo proposto da Rutherford, lo stesso modello per l’ atomo di idrogeno in cui Bohr introdusse i suoi postulati risolutivi, soffriva inizialmente (prima delle idee risolutive di Bohr) di una instabilità elettromagnetica: poiché l'elettrone, nel suo moto intorno al nucleo positivo, è sottoposto a un' accelerazione, esso avrebbe dovuto irraggiare energia elettromagnetica della stessa frequenza del suo moto di rivoluzione, finendo così per perdere energia e quindi cadere sul nucleo con un moto a spirale.


PERTANTO [da leggere con attenzione perché è una dimostrazione molto sottile e affascinante]

Fatte queste premesse, discutiamo della stabilità elettromagnetica del nostro modello del fotone.
Prendiamo il nostro sistema fotone doppio elicoidale e supponiamo di considerarlo in un istante di tempo t .

Per la sua descrizione, dato che è il fondamento, (cui in realtà giunge la ricerca classica ottocentesca nei primi del '900), su cui poi si fonda la MQ, credo che sia giusto cercare di darne, quanto più è possibile, e tanto più quanto più questo nostro modello si dovesse rilevare coerente lungo tale strada, una descrizione fondata su principi e scoperte precedenti includenti la relatività ristretta, ed aggiungendo questa scoperta della quantizzazione della radiazione elettromagnetica, come si fa nel modello proposto!

Ora chiediamoci: cosa vuol dire applicare al nostro modello del sistema fotone la “scoperta della quantizzazione della radiazione elettromagnetica”?
Vuol dire affermare che, se esso irradia parte della sua energia (sotto forma di energia elettromagnetica - questo il significato di "irradiare" usato in questo contesto), non può che farlo sempre generando ed emettendo altri fotoni.

A questo punto torniamo al nostro sistema fotone che abbiamo "fotografato", diciamo fissato, nell’istante t.
Questo sistema a prima vista è instabile per la fisica classica, (anche per quanto detto nel caso dell’atomo di Idrogeno per come lo avrebbe valutato la fisica classica senza i postulati quantizzanti di Bohr).
Applicando la fisica classica, infatti, io nostro fotone, nella forma teorizzata, tenderebbe a perdere energia irradiandola.
Ora, per quanto detto, esso tenderebbe ad irradiare la sua energia sottoforma di onda elettromagnetica, con la frequenza della radiazione emessa, uguale a quella del moto periodico delle particelle cariche.
Ma questo moto periodico nel nostro modello ha proprio la frequenza del fotone considerato e descritto.
Ma allora esso emette un fotone di frequenza pari alla sua stessa frequenza!
Ma un fotone di stessa frequenza ha la sua stessa energia,
ergo il fotone del nostro modello se irradia per instabilità elettromagnetica, non può che irradiare tutto sé stesso in un altro fotone;
e poiché nel passaggio tra i due fotoni (nel nostro modello),
scomparsa di uno nel tempo “t” e comparsa dell’altro in “t+dt”,
deve conservarsi la quantità di moto, il nuovo fotone dell’istante successivo “t+dt” continuerà ad avanzare nello stesso verso e direzione dell’originario fotone dell’ istante “t”;
ma non solo, per la conservazione dello spin, del momento angolare, il nuovo fotone ruoterà anche nello stesso verso del fotone precedente scomparso!
Questo ragionamento vale e si ripete ricorsivamente per ogni istante, ma questa ricorsività non da paradossi, poiché nel continuo autorigenerarsi, il nuovo fotone coincide con quello che si avrebbe dalla mera propagazione del precedente se l’instabilità non vi fosse, ecco quindi che il nostro sistema non è instabile elettromagneticamente, o tautologicamente possiamo dire, che è intrinsecamente instabile elettromagneticamente, ma con esito della sua instabilità nella sua stazionarietà: la stabilità del suo moto in equilibrio dinamico coincide con il suo continuo auto-irradiarsi!

Dunque volendo formulare per il fotone il parallelo del secondo postulato di Bohr per l’atomo di idrogeno, forse per il fotone esso sarebbe questa considerazione tautologica:

Un fotone di energia hv non perturbato dall’esterno tende ad autoirradiarsi emettendo sé stesso in continuazione ricorsivamente conservando nel processo quantità di moto, energia e momento angolare.

Ma si tratterebbe di postulati fittizi, poiché verità derivate e spiegate da leggi della fisica preesistenti e comprese nel modello doppio elicoidale del fotone!

 

APPROFONDIMENTO ULTERIORE

Il fotone ci appare dal Modec come un sistema doppio di due semi-fotoni di carica opposta, che come tali ruotano uno intorno all'altro, stando in equilibrio; inevitabile, fatte salve le differenze, la similitudine forte è con il comportamento legato rotatorio della coppia elettrone-positrone nel sistema tipo-atomico chiamato positronium, con in più però nel Modec un moto traslatorio del loro piano di rotazione il quale non ha bisogno di forze per avvenire poiché moto rettilineo uniforme, ma tale da far sì, con il valore della sua velocità precisa, che le forze di Lorentz interne, che in questo modello compaiono, si annullano, e questo avviene proprio quando tale velocità di traslazione quindi anche del centro di massa è pari a c la velocità della luce nel vuoto.
Una eccezionale proprietà della struttura, dunque, che vede annullarsi le forze di Lorentz magnetiche interne nonostante le cariche siano entrambe in movimento; una proprietà che trovo notevole del modello!
Abbiam espresso le equazioni del moto del sistema, e abbiam scoperto così cosa comporta, a partire da esse, l’ equilibrio dinamico, ovvero ottenere proprio la relazione E=hν, la proporzionalità diretta tra energia e sua frequenza, e per un fotone questa è l’ essenza della sua natura; in più esse ci danno il suo corretto momento angolare e corretta quantità di moto, che si conservano essendo valide le leggi di conservazione di momento, quantità di moto ed energia, valide per la nostra struttura, quindi, per il cui studio ci siamo posti in un sistema isolato. Struttura che è in equilibrio interno, dinamico, e vedremo persino in equilibrio elettromagnetico
E' chiaro che a partire dalle equazioni del moto potremmo poi darne altre descrizioni più astratte proprie della meccanica razionale, in impostazioni Lagrangiane, ma si tratta di un livello di complicazione di cui assolutamente non abbiamo bisogno in questo approccio volto alla scoperta e descrizione e comprensione dei fondamenti del Modello Doppio Elicoidale.
La presenza di due cariche in moto circolare, fa si che esse siano cariche accelerate, per cui devono irraggiare energia, lo afferma l’elettromagnetismo classico.
Solitamente quando ciò avviene il sistema evolve in maniera dinamicamente instabile, per la perdita di energia, e non solo, che l’irraggiamento comporta.
Ma ci chiediamo: in questo nostro “caso al limite”, come sempre più ci pare corretto ritenere il fotone nel Modec, avremmo davvero in tal caso instabilità, date le peculiarità del nostro sistema specifico con la sua particolarissima cinematica?
Ed è qui che si disvela un’ altra delle meraviglie di questa struttura scoperta, ovvero che proprio nella natura del modello doppio-elicoidale del fotone scoviamo il segreto della sua stabilità elettromagnetica: la stabilità del suo moto in equilibrio dinamico coincide con il suo continuo auto-irradiarsi!
E lo dimostreremo nel ragionamento che segue.
Pensate che nel modello dell’atomo di Idrogeno di Bohr dove vi era questo problema a priori di instabilità elettromagnetica, sulla base dell’elettromagnetismo,
(come classicamente sviluppatosi a partire dall’errore di Maxwell, perdendo a causa di quella sua svista la possibilità di porre già le basi per la previsione della quantizzazione della radiazione energetica, con le sue conseguenze poi per i sistemi che scambiano energia attraverso emissione o assorbimento di fotoni, basi che si sarebbero consolidate alla scoperta o accertamento meglio dire della quantizzazione della carica),
il non irraggiamento non è dimostrato, ma è affermato come indimostrato assunto di partenza.
Qui invece, nel Modec, a differenza della stabilità elettromagnetica postulata, da Bohr sulla base di evidenze sperimentali ma non dimostrata, per il suo modello dell’atomo di idrogeno, non postuleremo nulla, volendo andare alle radici della comprensione dei fotoni e quindi della quantizzazione della radiazione e.m., alla ricerca delle ragioni e dei principi primi di questa sulla base di leggi più basilari ed elementari e note di Natura, (la grandezza appunto dell’unificazione consentita dal Modec!).
Anche per il fotone, seguendo l’ esempio di Bohr, avremmo potuto postulare la sua stabilità elettromagnetica, dato che il fotone la rivela tale sua stabilità sperimentalmente, ma così facendo non saremmo andati all’ essenza delle proprietà del fotone, nel verso della sua profonda comprensione, come abbiamo fatto, la stessa che ci permetterà poi anche di chiarire il perché della verità del postulato di Bohr per il suo atomo di Idrogeno; sistema che può scambiare energia, a seconda della distanza del suo elettrone rispetto al nucleo, per mezzo di assorbimento o emissione di fotoni.
Pertanto noi qui partiamo ammettendo che il nostro sistema, per come è strutturato, considerato in un istante di valutazione t0, deve iniziando da quell’ istante  irraggiare a frequenza ν secondo elettromagnetismo classico, dove ν è la frequenza dei moti rotativi delle sue cariche, questo prevedrebbe l’elettromagnetismo classico, dunque partiamo assolutamente affermando che ci sia irraggiamento e come, ma vedremo come questo si traduce eccezionalmente e coincide con la conservazione del moto del sistema!
Ma seguiamo il ragionamento, che ha la dignità di un’ equazione, e che è il caso si debba sviluppare data l’ esoticità di quanto stiamo osservando, al fine della sua comprensione.
Mostreremo che il fotone irraggia sé stesso, e irraggiando nella direzione del suo stesso moto.
La struttura trovata del Modec è un caso cinematicamente e dinamicamente limite dal punto di vista elettromagnetico in cui avviene questo: irraggia sé stesso continuamente, ma questo coincide esattamente con la struttura che non irraggia ma si limita a rototraslare come di fatto fà conservando la sua energia dall' equilibrio dinamico che la connota! E sé stesso è il fotone come qui descritto.
Per mostrare tutto questo, la prima domanda da porsi è: considerato il nostro sistema in un istante t, a che frequenza avverrebbe in quel primo istante considerato l'irraggiamento? Ovvero quale sarebbe la frequenza del primo fotone emesso?
Premettiamo che siamo in un caso limite in cui per come è descritto e costruito il modello, non dimentichiamo che dall’ equilibrio dinamico imposto, abbiamo un punto di partenza, che è questo: l’ energia che ha il nostro sistema è esattamente quella di un fotone di pari frequenza alla frequenza legata al periodo di rotazione del nostro sistema.
Dall’elettromagnetismo classico sappiamo che emetterebbe radiazione e.m. (e dunque questo vale anche per le proprietà del primo fotone emesso), con una frequenza pari alla stessa frequenza di rivoluzione delle nostre due semi-particelle del Modec, poiché particelle cariche sottoposte ad accelerazione centripeta nella loro componente di moto rotatorio, un moto di rivoluzione intorno al loro comune baricentro.
Quindi punto primo: il Modec emetterebbe alla sua stessa frequenza, quindi emetterebbe alla stessa energia. Quindi tutto il sistema trasferirebbe la sua energia nel nuovo fotone, che per come lo descriviamo è quello nella nostra struttura. Sparirebbe il primo, comparirebbe il secondo, questo vuol dire conservazione dell' energia.
Il primo irraggiamento, ricapitolando, avviene alla stessa frequenza rotazionale del nostro sistema, che è la frequenza del fotone stesso descritto nel nostro MODEC, il primo fotone emesso non potrebbe che essere caratterizzato dalla medesima frequenza e pertanto dalla stessa energia.
Ora per la conservazione della quantità di moto che direzione avrebbe il nuovo fotone?
In direzione longitudinale, ovvero lungo la direzione di traslazione complessiva del sistema fotone doppio elicoidale, che è la direzione del moto traslatorio del centro di massa della struttura. L’ irraggiamento avviene quindi nella direzione ortogonale al piano in cui ruotano i due semi-fotoni.
Opportuno fare un paragone con quanto si osserva nello spettro della radiazione di ciclotrone che ha il suo picco principale proprio alla stessa frequenza fondamentale dell’orbita della particella carica. Il ciclotrone è una macchina usata per accelerare fasci di particelle elettricamente cariche, e tutte le cariche elettriche, per le Eq. di Maxwell (nell’ errore di Maxwell che non permise di porre le basi per prevedere la quantizzazione), se accelerate, emettono fotoni.
Per le cariche fatte ruotare nel ciclotrone su orbite circolari, su un piano, grazie a campi magnetici e alla forza di Lorentz, l’irraggiamento avviene nel piano in cui ruota la carica.
La quantità di moto si deve conservare, come l' energia!
Per cui se nel nostro sistema del Modec, l’ irraggiamento avvenisse in direzione trasversale al moto traslatorio, cioè nel piano di rotazione, come per le particelle cariche nel ciclotrone (che non hanno il moto traslatorio, che hanno anche le cariche nel Modec), tale principio di conservazione verrebbe violato!
La quantità di moto del nostro sistema ben precisa, e all' inizio direzionata nella direzione di avanzamento, è pari a quella di un fotone di pari energia.
Il fotone emesso di pari energia e di pari frequenza non può che essere uno solo, e con una sola quantità di moto, che per la "conservazione della quantità di moto" non può che essere quella di partenza ! Ergo questa radiazione, autoirradiazione non può che avvenire nella direzione del moto traslatorio!
Se pensassimo di analizzare il modello, in termini del suo irraggiamento, a partire dalla considerazione dello stesso non ancora traslante, da fermo, non ancora propagante, pensando di doverne e poterne così ricavare la sua propagazione, in realtà esso non sarebbe più sé stesso, sarebbe come analizzare il modello stoppandolo, privandolo della sua natura propagativa che vuol dire semplicemente moto traslatorio a velocità c del suo centro di massa, far lì i calcoli a velocità di traslazione v=0.
La sua natura propagativa, la forniscono le Eq. di Maxwell, le leggi stesse dunque dell’ elettromagnetismo classico, che ci informano della sua velocità di traslazione a velocità pari a c, la velocità della luce nel vuoto.
Se così facessimo, studieremmo in tal modo un'altra cosa, e saremmo di gran lunga fuori strada, è come se si dicesse: “ferma il fotone, ergo converti in massa a riposo la sua massa relativistica(=energia), e poi studialo dimostrando che a quel punto propaga” ... ma non staremmo più studiando il fotone!
Così se pensassimo di fermare un fotone descritto dal Modec, ponendo pari a zero la sua velocità di traslazione, non avremmo più un fotone, ma al più eventualmente se lo consentissero varie altre condizioni a partire dall’energia, avremmo un positronium.
In tal caso, potremmo avere che la radiazioni di irraggiamento avviene sul piano di rotazione, ergo lì la sua energia irradierebbe, ma così staremmo descrivendo qualcosa di molto simile ad una normale radiazione di ciclotrone (dove la carica ruotando, senza traslare, emette nel suo piano di moto e alla sua frequenza di rotazione, ma si tratta di una carica che non ha certo il moto traslatorio poi ortogonale al piano di rotazione a velocità c del nostro sistema Modec, né la simmetria dipolare della nostra struttura), o saremmo in un situazione simile a quella del collasso elettromagnetico di un atomo di Bohr privato dei suoi due postulati di Bohr, in cui un elettrone secondo l’ elettromagnetismo classico, (nell’ errore di Maxwell che non permise di porre le basi per prevedere la quantizzazione), dovrebbe emettere con continuità radiazione elettromagnetica e così spiraleggiare fin a collassare sul nucleo atomico, formato da un protone.
Trattare  la questione in questo modo sarebbe un grave errore che non permetterebbe di vedere la semplicità dimostrativa che si avvale del fotone medesimo e delle semplici leggi di conservazione di energia, momento angolare e quantità di moto, per dimostrare la sua stabilità elettromagnetica auto-irraggiante del fotone nel Modec!
Tutto nel rispetto dunque dei principi di conservazione della meccanica.

E’ opportuno effettuare qui alcune considerazioni, ed evidenziare alcune interessanti possibili analogie con quanto si osserva astronomicamente nel fenomeno di espulsione di materia ed energia in forma di radiazione elettromagnetica (e quindi anche fotoni) nei cosiddetti “getti polari/relativistici”.

C’è un gran affascinate mistero in astrofisica, ed è quello di spiegare fisicamente tali getti.

La qui esposta Teoria del Modec (il Modello Doppio Elicoidale del Fotone con la scoperta dell’ Errore di Maxwell) sembra fornirci un interessante suggerimento per la spiegazione del fenomeno astronomico capace di alte efficienti conversioni di materia ordinaria in radiazione elettromagnetica!

Premettiamo qualche accenno ai fenomeni indagati.

Un getto polare consiste in flussi di materia emessi da oggetti compatti lungo il loro asse di rotazione, talvolta anche ben collimati. È generato da interazioni dinamiche all' interno di un disco di accrescimento. Quando la materia è accelerata a velocità prossime a quella della luce prende il nome di getto relativistico. Getti che possono grandemente estendersi nello spazio per distanze siderali.

Si chiamano flussi molecolari bipolari (più semplicemente flussi bipolari) dei flussi continui di materia gassosa ionizzata (plasma) che fuoriescono dai due poli di una stella con disco di accrescimento. Queste emissioni in corrispondenza dei poli del corpo astrofisico coinvolgono la presenza di dischi di accrescimento.

[NOTA AGGIUNTA: Osservazioni astronomiche e correlati studi astrofisici osservando ciò che avviene intorno a stelle-bambine hanno constatato che possono essere emessi dei getti di gas dal loro disco di accrescimento e che anch' essi ruotano trascinando così via con essi parte del momento angolare originario. Getti rotanti di gas. (Vedi questo articolo del 2017 dal titolo "Disk-driven rotating bipolar outflow in Orion Source I", al link: https://www.nature.com/articles/s41550-017-0146).] 

Un getto di energia e materia estremamente potente (getto relativistico) è in particolare quello che emerge dal centro di alcune galassie attive, (in particolare le radiogalassie e i quasar); “galassie attive” così chiamate in quanto caratterizzate da un cosiddetto “nucleo galattico attivo” caratterizzato, si ritiene, dalla presenza di un buco nero supermassiccio, dalla cui materia che cade verso di esso ha origine quell’ intensa energia che viene irradiata da quel nucleo galattico e che, a seconda del tipo di galassia attiva, può essere emessa lungo tutto lo spettro elettromagnetico, (onde radio, infrarossi, visibile, ultravioletto, raggi X e raggi gamma). Tra le fonti persistenti di radiazione elettromagnetica nell' Universo i nuclei galattici attivi sono le più intense.

[NOTA AGGIUNTA: «Quando la materia cade verso il buco nero, il suo momento angolare la costringe a formare un disco di accrescimento attorno al buco nero. L' attrito riscalda la materia e ne cambia lo stato in plasma, e questo materiale carico in movimento produce un forte campo magnetico. Il materiale che si muove dentro questo campo magnetico produce grandi quantità sia di radiazione di sincrotrone che di radiazione termica sotto forma di raggi X. Infatti la temperatura vicino al buco nero è di milioni e forse di miliardi di gradi, in quest' ultimo caso migliaia di volte più calda del centro del Sole. Spesso, vengono osservati getti che si originano dal disco di accrescimento, anche se il meccanismo che porta alla formazione di questi getti è poco compreso.

Tutto questo processo, alimentato dalla gravità del buco nero, è molto efficiente nel trasformare la materia in energia: quasi il 50% della materia in caduta può essere convertito in energia, contro i pochi punti percentuali della fusione nucleare che alimenta le stelle, e i decimi dell' uno per cento della fissione nucleare dei reattori nucleari contemporanei.

Si pensa che quando il buco nero ha inglobato tutto il gas e la polvere nelle sue vicinanze, semplicemente il nucleo smette di emettere grandi quantità di radiazione e la galassia diventa "normale".» (Link: https://it.wikipedia.org/wiki/Galassia_attiva  anno 2018)

Vi abbiamo letto: “Spesso, vengono osservati getti che si originano dal disco di accrescimento, anche se il meccanismo che porta alla formazione di questi getti è poco compreso.”]

Si ritiene che in scala minore possono svilupparsi simili getti anche in relazione ai dischi di accrescimento delle stelle di neutroni, come dei buchi neri stellari, (questi sistemi sono pertanto spesso chiamati microquasar).

Emessi da questa tipologia di fenomeni di getto nell’ accrescimento di materia dei buchi neri, si ritengono in astronomia anche i “lampi gamma”, (indicati spesso con l’ acronimo GRB della locuzione inglese “Gamma Ray Burst”), che sono degli intensi e misteriosi lampi di raggi gamma, di elevata potenza e relativamente breve durata, rilevati nell’ osservazione astronomica.
Questo rilascio di energia nei getti relativistici avviene nella forma di due getti simmetrici dal centro del sistema rotante, lungo l' asse di rotazione, perpendicolari dunque al disco di accrescimento. 

Ma approfondiamo cosa si definisce in astronomia “disco di accrescimento”: si tratta della struttura discoidale formata dal materiale che cade in una attrattiva sorgente di campo gravitazionale al suo centro, la quale per leggi fisiche classiche tende a disporsi ruotando su un piano ortogonale all’ asse di rotazione della attrattiva sorgente gravitazionale astronomica posta al centro. A seguito di fenomeni dissipativi di “attrito” all' interno del disco, con emissione elettromagnetica, (calore, luce, raggi X, ecc., in generale diciamo radiazioni elettromagnetiche emesse, e quindi anche fotoni), si dissipa il momento orbitale della materia orbitante nel disco, causando la caduta di tali materiali verso il centro in lente spirali (lente nel senso di una ideale spirale con passi molto stretti), spiraleggiando dunque verso il centro, finché tale materia non impatta contro il corpo centrale.

Si ritiene che giochino un ruolo importante i campi magnetici nella dinamica di questi fenomeni dei getti (come per i flussi bipolari), il cui mistero non è stato però ancora pienamente penetrato dalla fisica teorica.

Qui però vogliamo aggiungere l’ipotesi che alla genesi di questi fenomeni contribuisca una sorta di effetto antenna di emissione elettromagnetica da parte del disco di accrescimento nelle sue zone più centrali e caratterizzate da velocità tangenziali di rotazione maggiori. Disco di accrescimento connotato da particelle cariche positivamente e altre cariche negativamente. Dal punto di vista delle correnti elettriche, cariche positive e negative, grossomodo in equal numero, (condizioni di neutralità), che compongono tale disco, dan luogo a correnti elettriche complessivamente nulle, ma il Modello doppio elicoidale del fotone ci porta a ritenere tali flussi rotanti microscopicamente carichi ma complessivamente neutri possibili fonti di genesi di fotoni, (e a immaginare anche un fenomeno più diretto di loro conversione in fotoni di cui meglio diremo qui in seguito), che schizzano via dai poli verso l’ esterno. Immaginiamo che questa conseguente radiazione elettromagnetica con la sua pressione radiativa possa sospingere via materia dal disco di accrescimento, come immaginiamo che i suoi fotoni componenti possano poi convertirsi (o riconvertirsi) in particelle subluminali, ne abbiamo così quella possibile chiave di lettura mancante, che meglio poi approfondita, potrebbe permettere di meglio e più pienamente spiegare il fenomeno dei getti.

L’ emissione di fotoni in due getti simmetrici ortogonali al disco di accrescimento del nucleo galattico attivo ci aspettiamo che risponda a leggi complessive di conservazione del momento angolare in tali fenomeni di emissioni. Per cui non ci meraviglierebbe osservare spin dei fotoni inizialmente emessi ai poli concordi con il senso di rotazione del disco di accrescimento che dovrebbe essere concorde con il senso di rotazione della massa del buco nero supermassiccio.

Le particelle cariche, positive e negative della materia del disco di accrescimento, si vengono a trovare in una situazione di moto non molto dissimile da quella sperimentata in un acceleratore di tipo ciclotrone, (o sincrotrone date le velocità anche relativistiche che la materia sperimenta in questi fenomeni astronomici), e molto interessante è, ai nostri fini, l’ osservazione della produzione e liberazione dei fotoni nei getti, generati grossomodo a partire dal centro del sistema gravitazionale considerato, e che da esso si allontanano nello spazio proprio con moto del baricentro di tali fotoni diretto grossomodo proprio lungo la retta ideale dell’ asse di rotazione del disco di accrescimento e quindi anche del buco nero supermassiccio.

 

Getti da un disco di accrescimento astronomico - rappresentazione artistica ESCAPE='HTML'

L' emissione di energia dai poli di un buco nero, in realtà emessa non dal buco nero ma dalla massa roteante del disco di accrescimento in corrispondenza delle aree polari del buco nero, si potrebbe correlare e comprendere proprio alla "luce" della natura doppio elicoidale (e correlate proprietà) del fotone come qui accenno.

 

Questo fenomeno astronomico è pertanto estremamente interessante nel discorso sulla struttura del fotone che stiamo effettuando. Interessanti sono i confronti con i fenomeni di emissione di ciclotrone nelle apposite macchine, gli acceleratori ciclotroni, prodotte dall’ uomo, per le similitudini ma anche per le differenze in particolar modo queste nel caso ancor più specifico dei getti relativistici, che poi si ripercuotono sulle direzioni di emissione dei fotoni da parte delle particelle cariche accelerate del disco di accrescimento.

Nel caso del ciclotrone si opera su particelle cariche dello stesso segno e queste sviluppano i moti rotatori, più precisamente spiraleggianti, attraverso l’ interazione con un campo magnetico, viceversa nel caso dei dischi di accrescimento e dei correlati getti relativistici la materia carica elettricamente subisce moti rotatori sotto il prioritario effetto di un campo gravitazionale, (benché vi possano essere comunque campi magnetici che originano dal buco nero e dai plasmi sviluppati nel disco di accrescimento, il motore primo del fenomeno è in questo caso di tipo gravitazione e non o secondariamente di tipo magnetico), e pertanto con presenza tanto di particelle cariche positivamente tanto di particelle cariche negativamente rotanti con lo stesso senso di rotazione nel disco di accrescimento (e non dunque in linea di massima controrotanti).

In definitiva non soltanto possiamo dire che il fenomeno astronomico qui preso in considerazione offre spunti di comprensione maggiore relativamente all’ argomento specifico del Modello Doppio Elicoidale del fotone e alla sua stabilità dinamico-elettromagnetica che qui stiamo trattando, ma possiamo addirittura dire che lo stesso Modec permetterà e permette di far maggiore luce sul fenomeno dei getti relativistici in astrofisica, ad oggi non del tutto perfettamente compreso e spiegato, getti che in maniera più particolareggiata possiamo chiamare getti centrali e assiali di fotoni in corrispondenza dei dischi di accrescimento!

Il microcosmo e il macrocosmo che si incontrano e che si rendono vicendevolmente meglio intelligibili, comprensibili all' uomo!

L’ idea che qui abbozziamo e presentiamo per sommi capi, auspicando maggiori approfondimenti teorici ed indagini, è questa: nel disco di accrescimento per la conservazione del momento angolare più la materia precipitante si avvicina al buco nero più aumenta la densità, nel caso di un nucleo galattico attivo, all’ esterno dell’ orizzonte degli eventi del suo buco nero, ma comunque in prossimità del suo asse di rotazione, le particelle a carica elettrica positiva e negativa vengono accelerate raggiungendo velocità rotazionali luminali o comunque prossime in modulo a c (la velocità della luce nel vuoto), velocità tali per cui esse, immaginiamo, sotto opportune loro caratteristiche, possano generare-trasformarsi in dipoli elettrici di fotoni proprio secondo il Modello doppio elicoidale del fotone; quando si innescano queste condizioni cinematiche e dinamiche le due particelle cariche, sotto la loro reciproca interazione elettrica coulombiana, legatesi elettricamente raggiungono uno stato cinematico in cui immaginiamo il vuoto-etere diventa per essere non più polarizzato, a causa della sua inerzia alla polarizzazione, e le due particelle legate elettro-dinamicamente nella forma del sistema fotone cui possono dare origine schizzano via ortogonalmente al loro grossomodo comune iniziale piano di rotazione con il loro baricentro che da grossomodo fisso centrato nell’ asse di rotazione del buco nero, nella situazione di massima idealizzazione, trasla ora alla velocità della luce anch’ esso proprio nella direzione grossomodo dell’ asse di rotazione del buco nero che è quella perpendicolare al piano medio del disco di accrescimento e dunque grossomodo del piano di rotazione delle due particelle cariche nel disco di accrescimento in prossimità dell’ asse di rotazione passante per i due poli della “sfera” orizzonte degli eventi del buco nero. Lo sviluppo di simili fotoni in prossimità di tali due poli del sistema buco nero + suo disco di accrescimento, rispettivamente fotoni con spin opposto nelle due aree di loro genesi (in corrispondenza rispettivamente dei due poli), rende il fenomeno nel suo complesso simmetrico. Questa descritta la situazione più ideale, immaginiamo che nella realtà laddove si manifestano simili getti possano giocare anche un contributo i campi magnetici del sistema disco di accrescimento + buco nero (o altro corpo centrale massivo che esercita quindi attrazione gravitazione).

Il disco di accrescimento con il buco nero al centro nei confronti dei due getti operano insieme come una sorta di immensa antenna che genera le radiazioni elettromagnetiche che ipotizziamo siano alla base dei due getti e le cui caratteristiche dipenderanno anche, c’ è da aspettarsi, dalle caratteristiche complessive del sistema buco nero (o comunque sistema massivo attraente gravitazionalmente posto al centro) e suo disco di accrescimento.   

E se è fondato questo meccanismo di antenna emettitrice di fotoni in direzione polare quando si ha un disco rotante ad altissima velocità di materia complessivamente neutra, ma allo stato di plasma e formata microscopicamente di cariche elettriche negative e positive, possiamo immaginare che idem avvenga anche nel caso di stelle (non buchi neri) rotanti molto velocemente intorno al loro asse, come nel caso delle cosiddette stelle di neutroni, (dato che anche per il neutrone è lecito attendersi la presenza al suo interno di una carica elettrica negativa ed una positiva, sia in quanto il neutrone è particella non puntiforme, sia perché dal suo decadimento detto decadimento beta tra i suoi prodotti di decadimento si trova anche proprio un protone -particella di carica positiva - ed un elettrone - particella di carica negativa)? Il fenomeno astrofisico delle pulsar (sorgente radio pulsante), si tratta di densissime stelle di neutroni che possono ruotare velocemente anche con velocità superficiale che può arrivare ad essere una frazione significativa della velocità della luce nella vuoto, e che emettono un fascio di radiazioni elettromagnetiche, ci incoraggiano a percorrere anche questa linea speculativa.

L’ esistenza dei misteriosi ad oggi dal punto di vista fisico “getti relativistici” da un lato sembra qualitativamente confermare alcuni aspetti proprio previsti dalla fisica che ci rivela il Modello doppio elicoidale del fotone, dall’ altro lato quest’ ultima sembra permetterci di fare "luce" nel macrocosmo proprio a spiegazione fisica di questi meravigliosi ma affascinati fenomeni astrofisici così possenti e così simmetrici nella loro complessiva dinamica geometria.

La radiazione elettromagnetica emessa dai getti porta via da sistema quindi massa-energia, quantità di moto, (ma questa si dovrebbe grossomodo bilanciare a zero per la simmetria del fenomeno dei due getti all' incirca equi-intensi ma diretti in versi grossomodo opposti e con stessa direzione media), nonché momento angolare.  

Tornando ora espressamente alla trattazione del Modec, osserviamo come sulla base di semplici considerazioni logiche, si comprende che un sistema isolato rototraslante di cariche,
(come quello descritto per il singolo fotone isolato, o meglio dire "sufficientemente isolato", data la difficoltà di realizzare un tale isolamento in un universo con campi infinitamente estesi -  e ferma restando la presenza dell' etere di fondo),
a frequenza ν,
che ha quantità di moto ed energia pari a quella di un fotone di frequenza ν,
e che abbiamo assodato è un sistema che emette radiazione a frequenza ν,
non può emettere fotoni di stessa frequenza, uno o più, in direzione persino trasversale al suo moto.

Infatti se ne emettesse più d’ uno, fotone, libererebbe più energia di quella che ha in corpo, quindi può emette solo un fotone! PUNTO PRIMO
Se lo emettesse trasversalmente al suo moto non conserverebbe la sua quantità di moto,
ergo non può che emetterne uno solo con stessa energia e quantità di moto, il che vuol dire nella direzione sua stessa di propagazione! PUNTO SECONDO
Non solo dovrà poi conservarne anche il momento angolare, lo spin, continuando a roteare nello stesso senso del sistema iniziale!

Da qui che si deve partire, e qui c’ è un ABC di basilarità  insindacabili in termini fisici.
Non stiamo usando il modello in maniera ricorsiva nella dimostrazione, ma il secondo postulato di Bohr per l’ atomo di idrogeno, o più semplicemente un principio basilare dell’ elettromagnetismo quantistico che dice che dato un fotone a frequenza ν, non può che avere energia E=hν, o ugualmente che un pacchetto di energia pari ad hν, lo può trasportare solo un fotone a frequenza ν.
Se emettesse fotoni trasversali in direzioni opposte violerebbe la conservazione dell' energia avendo ogni fotone massa hν, e E=hν è la energia di partenza del sistema, emetterebbe più energia della posseduta.
Siamo partiti dal fatto che una carica rotante a frequenza ν emette radiazione a quella frequenza, il perché poi sia E=hν per l' energia dei fotoni di quella radiazione, (e quindi per la quantizzazione della radiazione elettromagnetica), lo si capisce dall’ equilibrio dinamico del sistema del modello doppio elicoidale, che discende dalla quantizzazione della carica elettrica. In un sistema si fatto, ad una frequenza non può che corrispondere quell’ energia!
ABBIAMO ASSODATO COSI’  LA STABILITA' DINAMICA ED ELETTROMAGNETICA DEL MODEC  C.V.D. (Come Volevasi Dimostrare)!

 

NOTA SULLE MASSE NEL MODEC

Le due semi-particelle nel Modec son particelle puntiformi cariche non massless, ("massless" dall’inglese, vuol dire prive di massa a riposo, con massa a riposo nulla).
Nella visione delle cariche puntiformi oggi, nel pensiero fisico, si ritiene che in una carica non nulla le interazioni ad essa interne, tra le sue componenti infinitesime, siano repulsive, (perché cariche di stesso segno si respingono), ammettendo la validità dell' andamento con la distanza per il campo elettrico coulombiano a qualunque distanza, anche infinitesima; pertanto la presenza di una massa nel medesimo punto in cui si ritiene presente una carica puntiforme, che diviene così un punto materiale per la presenza di una massa puntiforme, viene considerata come una sorta di stabilizzatore che possa mantenere la carica della particella localizzata, tanto da poter essere ritenuta puntiforme. Per la massa puntiforme il problema non si pone dato che tutte le masse invece si attraggono, quindi tra le porzioni infinitesime di massa della massa della medesima particella immaginata come puntiforme si hanno solo forze attrattive, ammettendo la validità dell' andamento con la distanza per il campo gravitazionale newtoniano a qualunque distanza, anche infinitesima! Resta il problema degli infiniti, delle divergenze dei potenziali coulombiani e gravitazionali. Nel caso di una particella puntiforme che abbia sia carica sia massa, (come anche avviene nell' ipotesi, in prima approssimazione, per le due semi-particelle del Modec), siamo in una situazione pari matematicamente ad una somma di due infiniti, di cui uno positivo ed uno negativo, in merito alla somma delle energie potenziali gravitazionali ed elettriche, un limite pari a (+infinito) + (-infinito), che è una forma indeterminata; una situazione che non risolve certo immediatamente la problematicità della puntiformità, della concentrazione in punti a zero dimensioni e volume nullo di masse e cariche non nulle, e che non ci permette un certo "sollievo razionale", poiché con le ipotesi di andamento dei campi elettrici e gravitazionali sovra accennati, i problemi di divergenza complessiva restano, eccetto che per altissimi valori di massa pari alla unità naturale della Massa di Stoney, (vedi anche il PDF), che è il corrispettivo in massa della carica elementare, ovvero quella massa tale per cui tra due punti materiali aventi tale e stessa massa, a distanza R tra loro, si sviluppa una forza gravitazionale newtoniana in modulo pari a quella che si sviluppa tra due cariche elementari poste a pari distanza R.
E si tratta di valori di massa, (e dunque energia), ben superiore a quanto normalmente si riscontra nelle masse relativistiche dei fotoni e nelle masse delle particelle elementari.

La puntiformità o meno, e gli studi intorno a questi aspetti delle particelle, dei rapporti tra massa e carica elettrica, rappresenteranno pertanto affascinanti capitoli della fisica del futuro.

Come osserviamo leggendo la parte dedicata alla dinamica, (da pag 27 nel PDF sul Modec), massless è nel mio modello la massa a riposo del centro di massa, (vedi pag 22 del PDF sul Modec), come deve essere in rispetto di una proprietà di una particella o quasi particella luminale (che deve avere per la RR massa a riposo totale nulla); le semi-particelle vengono pesate per la loro energia e massa relativistica pari a metà della energia totale del fotone, del resto nulla altro che loro potrebbero portare massa, dato che le abbiamo definite i due punti materiali carichi del modello.

Volendo riconoscere dei valori alla puntiformità che si associa al fotone nell'immaginario teoretico giunto sino a noi del fotone, questi valori sono preservati nel Modec dal fatto che, sebbene al fotone si scopre associata una struttura tridimensionale, questa si fonda sull'insieme di due semi-particelle sempre puntiformi. Inoltre puntiforme e puramente geometrico è il punto del centro di massa, CM, del fotone descritto dal Modello Doppio Elicoidale (Modec), in cui si accentrano molteplici proprietà del fotone, e che ben rappresenta, tale dinamico punto geometrico CM, il fotone nella visione semplicistica ed incompleta nella fisica teorica precedente al Modec.

 

NOTA: la qui discussa e dimostrata stabilità elettromagnetica del fotone nel suo modello doppio elicoidale rappresenta un  risultato molto consistete. Osserviamo comunque che non è del tutto corretto epistemologicamente pretendere l’applicazione delle Leggi di Maxwell, che approssimano il discreto dei fotoni ad un continuo ondulatorio, per studiare la stabilità di quello che possiamo definire l’elemento “atomico” costituente di base delle onde elettromagnetiche stesse, quale è il fotone. Avendo ottenuto poi anche con questa applicazione un risultato persino non contradditorio, questo non può che ancor di più corroborare nell’ eccelso risultato teorico rappresentato dal Modec.   

 

Oreste Caroppo                  estate anno 2014