Dalle UNITÀ NATURALI DI PLANCK

attraverso il MODELLO DOPPIO ELICOIDALE DEL FOTONE

fino alla loro più profonda comprensione fisica

 

Il Sistema Fotone, e la sua meravigliosa funzione in cui compaiono tutte le Unità di Planck ESCAPE='HTML'

La meravigliosa funzione del "Sistema Fotone" in cui compaiono e disvelano i loro misteri le sin ad oggi enigmatiche Unità naturali di Planck.

 

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Il significato profondo della Carica di Planck, così meravigliosamente vicina alla Carica Elementare, e della Costante di Struttura Fine
compresi grazie al Modello Doppio Elicoidale del Fotone

IL MISTERO DISVELATO !

La Lunghezza di Planck e la Massa di Planck
valori notevoli teorici nello sviluppo del “Sistema Fotone” doppio elicoidale
in cui si considerano anche le forze interne di tipo gravitazionale


di

Oreste Caroppo

 

Per vedere e leggere l' intero studio clicca qui: Le Unità naturali di Planck comprese attraverso il Modello Doppio Elicoidale del Fotone di Oreste Caroppo

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SOMMARIO

 

Lo studio teorico qui presentato rappresenta una continuazione ed un approfondimento del mio precedente lavoro intitolato “Il Modello del FOTONE di Oreste Caroppo. The Photon Double-Helicoidal Model, by studies and researches of  Oreste Caroppo” (clicca sul testo sottolineato per aprirlo).


Nel primo paragrafo, intitolato “Il significato profondo della Carica di Planck, così meravigliosamente vicina alla Carica Elementare, e della Costante di Struttura Fine compresi grazie al Modello Doppio Elicoidale del Fotone”, già dal suo titolo comprendiamo il principale argomento in esso sviluppato. Di tutte le Unità naturali di Planck, che qui considereremo, in un preambolo dedicato all’analisi delle cosiddette “unità naturali”, mostreremo come la più interessante per le sue caratteristiche citate nel titolo, sia proprio la Carica di Planck. Ne comprenderemo finalmente il suo significato profondo, che era sino ad oggi uno dei maggiori misteri della Fisica, e il ruolo che riveste in seno al modello Doppio Elicoidale del Fotone; ma faremo vedere anche come già solo la particolarità della sua vicinanza, seppur con una lieve differenza, alla Carica Elementare, (che non compare nella formula della Carica di Planck), poteva già essere una chiave di partenza per intuire la natura elettrica interna alla struttura del fotone, e quindi anche condensata poi nella Costante di Planck, h, che si ottiene proprio dallo studio del fotone.


Nel paragrafo successivo intitolato “La Lunghezza di Planck e la Massa di Planck valori notevoli teorici nello sviluppo del “Sistema Fotone” doppio elicoidale in cui si considerano anche le forze interne di tipo gravitazionale”, partendo dal modello doppio elicoidale valido per i fotoni dello spettro elettromagnetico noto, per i quali abbiamo già dimostrato essere trascurabile l’interazione strutturale interna di tipo gravitazionale, generalizzeremo lo studio considerando anche le interazioni gravitazionali all’interno del modello, definendo pertanto il più generale “sistema fotone”; un modello sempre di tipo dipolare doppio elicoidale, con la medesima cinematica, ma in cui nello studio dell’ equilibrio dinamico considereremo anche le forze gravitazionali insieme a quelle elettro-magnetiche, in tal modo estenderemo il modello a qualsiasi valore di energia (positiva), ottenendo una funzione di equilibrio dinamico descrivente la geometria del sistema, e quindi la sua lunghezza d’onda e frequenza, in relazione alla sua energia. Nello studio di questa funzione vedremo come meravigliosamente compaiano tutte le Unità naturali di Planck. Vedremo come essa si riconduce alla descrizione del modello doppio elicoidale del fotone (già sviluppato nel primo lavoro sopra ricordato), per i valori di energia tipici dello spettro-elettromagnetico; e inoltre tale funzione ci permetterà di descrivere e analizzare “sistemi fotone” più esotici, ad elevatissime energie, (che chiameremo “fottoni”), e di questi discuteremo l’instabilità che è molto probabilmente causa della loro inesistenza sperimentale ad oggi; tutta una serie di considerazioni che possono aiutare a spiegare anche il perché lo spettro elettromagnetico appaia come dotato di limiti superiori di energia.  


Nell’ appendice che abbiamo intitolato “Il valore del campo elettrico del singolo fotone nel suo centro di massa”, mostreremo come utilizzando il vettore di Poynting dell’elettromagnetismo classico fondato sulle Equazioni di Maxwell, per un’onda elettromagnetica piana monocromatica polarizzata circolarmente e che viaggia nel vuoto, utilizzando la sola ipotesi di una sezione trasversale del fotone, (fotone con medesima lunghezza d’onda dell’onda monocromatica), con le caratteristiche di tale sezione date dal Modello Doppio Elicoidale, sia possibile calcolare esattamente la medesima funzione, con la medesima costante di proporzionalità, che nel modello ci fornisce il modulo del campo elettrico del fotone, e quindi dell’onda a lui associata, (poiché da lui generata, come il modello ci fa comprendere), nel centro di massa, dove ha valore costante, il tutto a meno di un fattore correttivo che occorre aggiungere, numerico, adimensionale, di solo circa 1,77!
Non solo, discuteremo, come il risultato ottenuto tramite questa procedura per calcolare il campo elettrico di un fotone a cui si associ, sulla base di evidenze sperimentali, (ad esempio dalla considerazione delle dimensioni che devono avere le fessure nei fenomeni di diffrazione), una sezione trasversale di larghezza dell’ordine della sua lunghezza d’onda, può già portare ad accorgersi come tale campo elettrico sia riconducibile a quello prodotto al centro di un dipolo di cariche all’incirca disposte sulla circonferenza di tale sua sezione trasversale, e in cui gioca un qualche ruolo il valore della Carica di Planck.
Tutto anche a conferma delle mie dimostrazioni, in altri scritti già divulgate, che mostrano come il fotone nella sua struttura dipolare rototraslativa fosse previsto già dalle equazioni delle onde elettromagnetiche sviluppate da Maxwell a partire dalle sue Equazioni studiate nel vuoto; ma Maxwell non se ne accorse, dando così luogo a quello che ho definito “l’ errore di Maxwell – il peccato originale della fisica contemporanea”, che ha avuto un peso enorme su tutto il pensiero fisico moderno, degli ultimi 150 anni, a partire da quando Maxwell presentò alla Royal Society, le sue meravigliose equazioni, nel 1864, esattamente 150 anni fa, da oggi, anno in cui, il 2014, ho scoperto, questo madornale errore, che ha avuto immense conseguenze sul pensiero fisico, oggi quasi tutto da rivedere a partire dai suoi fondamenti! Una scoperta di enorme importanza verso cui mi ha condotto lo studio approfondito del modello doppio elicoidale del fotone, già da me scoperto ed elaborato nei primi anni di questo XXI secolo.


Completiamo il lavoro  con un’ appendice speculativa, definita “immaginifica”, intitolata “Esiste una forza del tipo della forza Lorentz ma gravitazionale?”. Qui sviluppiamo alcune considerazioni sulla non-località delle interazioni; il Modello Doppio Elicoidale (MODEC) mostra come l’interazione elettrica e quella magnetica siano interazioni non-locali, a distanza, esse infatti con questa loro natura permettono proprio la completa e consistente descrizione del fotone nel MODEC. Qui la riflessione si estende nel verso della valutazione della non località anche dell’interazione gravitazionale, che come legge di interazione a distanza, nella sua forma più originaria newtoniana è usata nello studio del “sistema fotone”, affrontato in questo lavoro, e in cui compaiono meravigliosamente tutte le Unità di Planck, divenendo intelligibili nel loro significato, che fino ad oggi si presentava velato di mistero. Quindi, ispirati dalla simmetria della Natura, ci chiediamo quale aspetto avrebbe una forza della tipologia della forza magnetica di Lorentz, legata al campo elettrico, nel caso in cui invece del campo elettrico si considerasse il campo gravitazionale.  

 

Oreste Caroppo                                                                                         estate-autunno 2014
 

DIDASCALIA DELLA FOTO SOPRA: dallo studio del "sistema fotone" nel Modello Doppio Elicoidale, la funzione matematica, che battezziamo come l' "Equazione del Sistema Fotone" che conduce in maniera straordinaria ad ottenere e quindi spiegare, grazie al modello di partenza, il significato fisico profondo di tutte le Unità naturali di Planck, che vi compaiono in essa come valori notevoli dal preciso significato ora, in tal modo, ben intellegibile.

 

NOTE AGGIUNTIVE CONCLUSIVE al lavoro in pdf cui è dedicato questo paragrafo (pagina web)

 

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Ragioni di simmetria nel MODEC legittimano l’attribuzione di idem massa, per lo meno in prima approssimazione, alle due semi-particelle, (alle due cariche del dipolo fotonico dunque, uguali in modulo e opposte in segno). Quando da queste si generano coppie di particelle brachioniche elettrone-positrone, abbiamo immaginato la loro massa a riposo come almeno in parte legata alle interazioni tra la carica di queste particelle e le cariche connesse alla polarizzazione del vuoto circostante.
La uguale massa a riposo tra loro si spiega, alla luce di questa bozza di modello, anche come conseguenza della simmetria della situazione, (almeno in prima approssimazione), al cambio dei segni delle cariche coinvolte, della particella, (cariche che hanno appunto stessi moduli), come di quelle del vuoto circostante; vuoto in cui vi è omogeneità in merito alla distribuzione di cariche positive e negative, tali da rendere complessivamente mediamente neutro il vuoto.
    

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IPOTESI IMMAGINIFICHE SULLA “MATERIA OSCURA” ALLA LUCE DELLE SPECULAZIONI SUL “SISTEMA FOTONE”
Nell’ analisi del “sistema fotone”, discutendo la instabilità dei “fottoni”, (i “sistemi fotoni” ad altissime energie), è opportuno soffermarsi nell’analisi di quei “sistemi fotone” che potrebbe invece corrispondere a stati di stabilità. Ferma restando la stabilità dei fotoni dello spettro elettromagnetico noto, interessanti sono tutti quei sistemi fotoni teorici, ad oggi mai evidentemente rilevati, che potrebbero esistere tra i raggi gamma, (che son i fotoni osservati ad oggi di maggiori energie), fino a lunghezze d’onda dell’ordine della Lunghezza di Planck, fino quindi al sistema fotone che il modello del sistema fotone, (vedi nello studio del “sistema fotone” il grafico della funzione matematica, che abbiamo battezzato come l' “Equazione del Sistema Fotone”), prevede avere un’ energia pari all’ Energia di Planck moltiplicata per il prodotto di 2 per la radice di 2, una distanza spaziale tra le due cariche del dipolo fotonico pari alla Lunghezza di Planck moltiplicata per radice di 2, e un modulo di spin pari a 2 per la Costante di Planck ridotta, il doppio dunque di quello dello spin un normale fotone, (osserviamo che medesimo spin pari a 2 per la Costante di Planck, nelle attuali teorie fisiche speculative sulla cosiddetta gravità quantistica, è attribuito all'ipotetica particella messaggera dell' interazione gravitazionale e quanto delle ipotetiche onde gravitazionali, che è il cosiddetto gravitone!).
Si tratterebbe di particelle luminali, ad oggi teoriche, molto interessanti, aventi altissime energie e piccolissime lunghezze d’onda, stabili e dunque non emettenti a loro volta altre onde elettromagnetiche, altra luce, e che potrebbero essere delle candidate, come componenti, pertanto proprio della “materia oscura”; una materia che gli studi astronomici rivelano ormai senza dubbio esistere nell’universo in gran quantità.
Tale materia, sebbene scura, “oscura”, ovvero solitamente non emettente radiazione elettromagnetica nello spettro ad oggi noto, (spettro compreso tra le basse energie e gli energetici raggi gamma), viene “vista” per i suoi effetti di lente gravitazionale, ovvero di deviazione dei raggi luminosi, più in generale dello spettro elettromagnetico noto, emessi da galassie lontane, (un effetto di deviazione gravitazionale della traiettoria dei fotoni che si considera prova della validità predittiva della Relatività Generale, ma che è giusto dire anche prevedibile, con piccoli fattori numerici di differenza nella predittività tra le due teorie, anche dalla teoria della Legge di Gravitazione di Newton, una volta che si riconosce, come giusto al fotone, una massa gravitazionale pari alla sua massa relativistica, contrariamente alla diffusa opinione, una scorretta “doxa”, secondo cui il fotone non avrebbe massa con cui interagire gravitazionalmente perché la sua massa a riposo è, come in effetti deve essere sulla base della teoria della Relatività Ristretta, nulla. Ma proprio la stessa RR attribuisce al fotone proprio una massa relativistica non nulla legata alla sua energia totale secondo la legge E=mc^2).
Queste osservazioni sperimentali della materia oscura attraverso i suoi effetti gravitazionali sulla luce, hanno permesso di dimostrare come essa, presente nelle galassie e con un alone che si espande ben al di là delle parti luminose visibili, insieme all’applicazione della ipervalida legge della gravitazione di Newton, anche su distanze siderali sconfinate, può dare ragione delle misurate velocità delle stelle nei bracci delle galassie a spirale, un comportamento che la sola materia visibile delle galassie non permetterebbe invece di spiegare quantitativamente con gli effetti gravitazionali solo ad essa imputabili.
Ora tornando ai nostri candidati ipotetici per questa materia oscura, dovremmo immaginare che per le loro altissime masse, sino all’ordine della Massa di Planck, questi “sistemi fotone” ad alta energia interagendo gravitazionalmente tra loro e con la materia ordinaria, (elettroni, fotoni, protoni, neutroni, ecc.), o grazie ad altri processi interattivi, tenderebbero a non abbandonare facilmente le galassie e gli ammassi di galassie orbitando in esse. Siamo qui in queste note, ovviamente, nell’ambito di puri ragionamenti ipotetici, "immaginifici" come mi piace chiamarli. 
Questa ipotizzata qui componente della materia oscura fatta di particelle composte luminali, da “sistemi fotone” appunto, costituirebbe il prolungamento, ad oggi non visto o comunque non compreso come esistente, ad altissime energie dello spettro elettromagnetico; per cui sarebbe immaginabile una certa soglia comportamentale intorno all’ energia del fotone ad oggi più energetico mai rilevato, nei raggi gamma dunque, al di là della quale i “sistemi fotone” cessano di interagire, come invece fanno i noti fotoni, con la materia ordinaria, tanto da non essere più “visti”, tanto da quasi non interagire elettromagneticamente con la materia ordinaria, forse a causa della loro estrema piccolezza in termini spaziali, in particolare di dimensioni trasversali, e dunque di sezione d’urto, avendo lunghezze d’onda minori di quelle dei raggi gamma γ.

 
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NOTE SUL GRAVITOMAGNETISMO, SULL’IPOTESI DELLE ONDE GRAVITAZIONALI E DELLA ESISTENZA O MENO DEL GRAVITONE, SULLA BASE DELLA SCOPERTA DELL’ ERRORE DI MAXWELL

Tornando all’analisi della teoria del gravito-magnetismo, essa porta a delle equazioni simili alle equazioni di Maxwell ma per l’interazione gravitazionale.
Nella lettura di queste dovremmo pertanto seguire lo stesso approccio critico sviluppato sulla base della scoperta dell’ errore di Maxwell per le equazioni di Maxwell.

Dovremmo premettere il principio di inesistenza dei campi gravitazionali svincolati da masse sorgenti, il principio di vincolo e rigidità del campo gravitazionale alla sua sorgente massiva centrale puntiforme, il principio di non-località dell’interazione gravitazionale, per giudicare e valutare se accettabile o meno, e come leggere, l’ eventuale previsione teorica, sulla base di quelle equazioni, di onde gravitazionali.

Una valutazione di quelle equazioni gravito-magnetiche non può poi prescindere dai risultati sviluppati nella teoria del MODEC, inglobando l’elettromagnetismo e l’interazione gravitazionale newtoniana, nella sua estensione teorica speculativa del “sistema fotone” anche alle alte energie. Nel “sistema fotone” a basse energie prevalgono gli effetti elettromagnetici, ad alte quelli gravitazionali, ma nelle altissime energie tali sistemi son resi instabili da una intrinseca instabilità elettromagnetica. La velocità di traslazione complessiva nel vuoto di un sistema fotone è la velocità della luce nel vuoto.

Così come l’esistente fotone, (particella luminale), grazia al MODEC cessa di essere, si scopre non essere particella mediatrice, messaggera dell’interazione elettromagnetica tra cariche elettriche, così cessa l’idea di un’interazione gravitazionale locale che aveva bisogno di prevedere una particella, quale l’immaginato gravitone, (particella luminale anch’essa), nelle cosiddette teorie quantistiche di campo, mediatrice dell’interazione gravitazionale.
   

Oreste Caroppo