IL CONCETTO DI QUANTIZZAZIONE SCATURITO DALLA SCOPERTA DEL FOTONE, ALLA LUCE DEL MODELLO DOPPIO ELICOIDALE

 

Valutiamo ora come rileggere il concetto basilare della fisica quantistica, ovvero la quantizzazione, la discretizzazione dell'energia in determinati sistemi, alla luce del Modello Doppio Elicoidale del Fotone, (useremo l’abbreviazione MO.D.E.C. acronimo di Modello Doppio Elicoidale sviluppato e proposto da Caroppo).

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PREMESSA: cosa ci fa capire il Modello Doppio Elicoidale del Fotone (MODEC) insieme alla scoperta del "grande peccato originale della Fisica Moderna" in merito al concetto di "Quantizzazione" delle grandezze nella Fisica?

Capiamo che l' energia non è una grandezza quantizzata per una sua qualche proprietà intrinseca, non esiste solo in pacchetti discreti di valore fissato non ulteriormente divisibili, e questo lo dimostra già il fatto stesso, ben noto, che lo spettro elettromagnetico, che è l' insieme delle energie possibili per i fotoni, è continuo; si era compresa questa continuità per lo spettro e.m. già nella Fisica Classica limitatamente alla luce. La quantizzazione dell’ energia è semmai nei processi di trasporto energetico tra sistemi in quei fenomeni in cui questo passaggio di energia avviene per mezzo dello scambio di fotoni. Stesse considerazioni per altre grandezze fisiche che caratterizzano i fotoni, tali grandezze non son quantizzate a priori, non esistono discretizzate in pacchettini fissi, ma la loro apparente quantizzazione è una conseguenza di quei fenomeni che comportano scambio di fotoni; è il mezzo di scambio di natura fotonico di quelle grandezze in certi fenomeni che può dare la parvenza di una quantizzazione delle grandezze medesime, la cui quantizzazione non è però una proprietà di fondo; anche perché lo stesso fotone non è una particella fondamentale, ma una quasi-particella, una "particella" composta con una precisa struttura scoperta e ben descritta dal MODEC, e che fosse tale già le sue peculiarità di essere un sistema a velocità di traslazione fissa in modulo e a possibile energia variabile da fotone a fotone con continuità, (energia correlata linearmente alla frequenza del fotone), doveva farlo intuire. E' invece una proprietà di quantizzazione di fondo, una proprietà basale intrinseca di discretizzazione la quantizzazione della grandezza carica elettrica, quella sì; ed è infatti proprio essa, la quantizzazione della carica elettrica in un solo possibile valore in modulo, la carica elementare, con i suoi due possibili segni, positivo e negativo, insieme alle leggi dell' elettromagnetismo classico che, abbiamo scoperto, implicano la esistenza del fotone nel "vuoto" con le sue precise proprietà, che a loro volta possono dare l' impressione, qui corretta e meglio spiegata esplicata e compresa, di quantizzazione di altre grandezze. La non comprensione di questo ha portato a credere estendibile il concetto di una quantizzazione, di una discretizzazione intrinseca di fondo a tutte le grandezze fisiche, fino ad arrivare alle più aberranti, ed ora capiamo di più quanto distorte ed infondate, idee di una quantizzazione persino della grandezza spazio e della grandezza tempo! Capiamo l' infondatezza dell' idea aberrante di una quantizzazione intrinseca dello spazio e del tempo. Idee altamente insensate cui già una seria riflessione filosofica, logica, avrebbe dovuto portare ad intravvederne la infondatezza, oggi però il MODEC ha permesso una valutazione più solida, tanto da aver ritracciato i motivi psicologici e di propagazione dell’ errore, a partire dall’ errore rappresentato dal definito “peccato originale della Fisica Moderna”, che hanno condotto fino a questi sviluppi di pensiero teorico speculativo così tanto distanti dalla semplicità di fondo della Natura!       

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Scoperta l' esistenza di un quanto, che venne battezzato fotone per la radiazione elettromagnetica, e le sue proprietà fino allo spin, possiamo oggi affermare, che si compì l'errore di non indagarne ulteriormente e approfonditamente la sua natura, alla luce di tutte le precedenti leggi della fisica scoperte, come anche della recentemente sviluppata Relatività Ristretta (RR). L’errore soprattutto di non ipotizzarne una struttura chiave per la spiegazione unificante di tutte le sue proprietà, e magari alla luce di quella capire quali eventuali errori interpretativi e superificialità era stato compiute nell’ evoluzione delle teorie precedenti.
Se la scoperta del “quanto” in questione risale al 1900 ad opera di Planck, al 1905 risale la divulgazione da parte di Einstein della Relatività Ristretta, come anche la divulgazione nello stesso anno, sempre da parte di Einstein, della sua spiegazione dell’ effetto fotoelettrico, che permise una migliore comprensione del quanto dell’ onda elettro-magnetica (e.m.).
“Quanto di luce”, o “quanto di energia” lo indicò Einstein, identificandolo con il “quanto” della radiazione elettromagnetica di Planck; l’energia che dalla fisica classica, si riteneva trasmessa dalle radiazioni e.m. sotto forma di onda continua, Planck aveva compreso che veniva irraggiata in quantità discrete, in “pacchetti”, che il fisico battezzò “quanti”. “Quanti” che furono battezzati poi negli anni successivi dai fisici: “fotoni” (dal greco “photos”, luce).

La lacuna esplorativa e quindi conoscitiva sulla natura profonda del fotone, che stiamo evidenziando, ha fatto pertanto credere che la quantizzazione scoperta fosse una conseguenza di un insanabile limite di teorie precedenti, come l’elettromagnetismo nella sua forma raggiunta con le Equazioni di Maxwell, invece di indagare se in esse vi fossero stati dei punti trascurati di approfondimento o di migliore precisazione che avrebbero potuto, essi stessi, portare alla previsione dell’esistenza del quanto della radiazione elettromagnetica, magari anche grazie al supporto integrativo offerto da altre teorie più recenti, non contrastanti con l’elettromagnetismo, come la Relatività Ristretta!
Il modello doppio elicoidale del fotone (MODEC) sviluppato mostra invece proprio come fosse quella la strada che si doveva percorrere già allora, non tanto all'indomani della scoperta del quanto (fotone) nel 1900 ad opera di Planck, quanto soprattutto una volta che negli anni successivi, ma sempre dei primi del ‘900, Einstein fornì l'importante teoria della Relatività Ristretta e ulteriori ricerche portarono alla scoperta e alla misurazione dello spin del fotone.
Proprio infatti procedendo su questa strada, noi oggi, agli inizi di questo nuovo millennio, a distanza di circa un secolo da quegli sviluppi del primo novecento, abbiamo teoricamente scoperto e dimostrato con il MODEC l'esistenza, almeno teorica, o meglio dire in questa fase la consistenza, di un sistema basilare dicotomico bipuntiforme dipolare costituito da due “quanti di carica” semplici, a carica opposta, (puntiformi in prima approssimazione almeno nel nostro sviluppo teorico), per il quale è possibile una ben precisa cinematica a geometria di traiettoria doppio elicoidale, con un preciso e intrinsecamente collegato equilibrio dinamico, che lo rende in tutto e per tutto dotato delle stesse identiche proprietà attribuite, scoperte e misurate per il fotone!

Per queste due componenti puntiformi, con "quanti di carica" elettrica opposti, a tale puntiformità correliamo anche l' assenza di un loro spin intrinseco, a meno di non voler, (come possibile con tale precisazione a monte però), chiamare come loro spin, per le due componenti nel sistema legato del fotone, il loro momento angolare orbitale che hanno; poiché il fotone ha spin intero (ovvero modulo di spin pari a nħ con n=1) in coerenza con la sua classificazione come bosone, le due sue semi-componenti, avendo un momento angolare semi-intero (ovvero modulo di spin pari a mħ con m=1/2), possono essere considerati come particelle legate di natura fermionica, in coerenza anche con la natura di fermioni dell' elettrone e del positrone con cui condividono rispettivamente le caratteristiche di carica elettrica elementare. 

Il fotone quindi, espressione della quantizzazione della radiazione elettromagnetica, si scopre così, sulla base di leggi precedenti agli sviluppi della Meccanica Quantistica, (MQ, sviluppi che fissiamo a partire, per comprenderci, dall’Equazione di Schroedinger), essere non il frutto di una ulteriore nuova proprietà della Natura, ma una conseguenza di una quantizzazione della natura già scoperta, ovvero il fotone viene così ricondotto, dal Modello Doppio Elicoidale, a principi di quantizzazione ancor più basilari ed elementari, quale quello della quantizzazione della carica elettrica!

Nel procedere allo studio della struttura del fotone, che vede tra loro legati due quanti di carica di segno opposto, non si deve assolutamente applicare alcun principio esterno e nuovo di quantizzazione, come invece quando si studiano sistemi legati di tipo atomico, come l'atomo di Idrogeno nel modello di Bohr, o come anche, ad esempio, nello studio similare del sistema del Positronio.
[La quantizzazione del fotone, sta semmai nella sua stessa natura qualificante di esistere come quanto! ]
La considerazione semplicistica di dover applicare i medesimi principi di quantizzazione, in conseguenza dei risultati di ottima descrizione della realtà fisica ottenuti per l’ idrogeno e per il positronio, anche al simile sistema di due cariche opposte legate, e di tipo, almeno in parte, sempre planetario, del dipolo del fotone proposto, è infondata, e scaturirebbe solo da una non comprensione della immensa rivoluzione concettuale e cognitiva rappresentante del semplicissimo modello doppio elicoidale.
Ne avremmo poi così anche il paradosso cui si giungerebbe se fosse possibile applicare i medesimi concetti di quantizzazione dell’atomo di Bohr al fotone, ovvero avremmo per il fotone la possibilità di avere diversi valori di spin sebbene quantizzati, e inoltre avremmo che soltanto alcune energie sarebbero possibili per il fotone e quindi solo alcune frequenze, con tali energie e correlate frequenze quantizzate! Già questo basta per capire che quello che otterremmo non sarebbe assolutamente il fotone, dato che per il fotone si osserva sperimentalmente un solo possibile valore in modulo dello spin, ed inoltre la possibilità di avere, almeno in teoria, un qualsiasi valore di frequenza e quindi di energia positiva in un dominio di valori continuo e non discretizzato.
La quantizzazione energetica dell'elettrone all'interno dell'atomo di idrogeno, descritta nel modello di Bohr, è strettamente correlata alla possibilità di scambiare energia con l'esterno attraverso pacchetti energetici rappresentati dai fotoni; un'analisi approfondita farebbe quindi comprendere, sono fiducioso in questo, come è la quantizzazione scoperta da Planck dell'energia della radiazione elettromagnetica a implicare poi anche i limiti relativamente ai possibili valori energetici dell'atomo di idrogeno!
Se nella struttura di un modello che volesse ambire a descrivere il fotone, trovassimo una sua simile quantizzazione, simile a quella dell’atomo di Bohr, e la accettassimo come possibile, non solo non descriveremmo il fotone, ma avremmo un fotone solo ad alcune discrete frequenze possibili, che emette fotoni solo ad altre determinate discrete frequenze, e così via in un processo ricorsivo assolutamente lontano dalla semplicità di quanto si evince sperimentalmente.
L'aspetto rivoluzionario invece che inaugura il modello doppio elicoidale sta proprio nel fatto che il fotone può essere descritto assolutamente e semplicemente attraverso l'utilizzazione di quanto già noto all’elettromagnetismo, utilizzando quindi la legge di Coulomb, la legge della forza di Lorentz, le equazioni di Maxwell relativamente alla genesi irradiativa e alla propagazione delle onde elettromagnetiche, combinando queste con l’uso di equazioni notevoli scoperte dalla Relatività Ristretta.
A questo punto si potrebbe già solo obiettare questo aspetto: “nell'atomo di Bohr la quantizzazione risolve il problema dell’instabilità elettromagnetica che in esso nascerebbe applicando, come stiamo dicendo di poter fare per il MODEC del fotone, le sole leggi classiche dell'elettromagnetismo, un instabilità che colpirebbe il fotone teorizzato forse anche!?” Ma abbiamo invece a tal proposito già mostrato che operando classicamente per lo studio del MODEC del fotone, l'instabilità elettromagnetica che in esso come previsto si riscontra, in realtà in esso, per le sue caratteristiche limite ed estreme, non comporta una catastrofica sua distruzione, anzi! Nel MODEC si riscontra la eccezionale proprietà che fa si che le conseguenze della instabilità elettromagnetica del teorizzato fotone coincidano con la sua stabilità propagativa in equilibrio dinamico! Per cui l'instabilità non è assolutamente un problema all'interno del Modello Doppio Elicoidale del fotone. Questa è una proprietà che ulteriormente lo qualifica come struttura limite di base fondamentale della natura prevista dall’ Elettromagnetismo classico combinato con alcune equazioni notevoli scoperte dalla Relatività Ristretta!
L'esistenza di questa struttura fondamentale e basilare della natura, prevista dall' Elettromagnetismo classico combinato con alcune equazioni notevoli scoperte dalla Relatività Ristretta, qual'è quella del fotone descritto dal modello doppio elicoidale, comporta per l'energia trasmessa mediante onde elettromagnetiche la necessità, per questo tipo di trasmissione energetica, di utilizzare, da parte della Natura, come elemento basilare e trasportatore, il dipolo formato da due semplici e puntiformi quanti di cariche opposte, positiva e negativa, e quindi il fotone, e in seguito capiremo anche perché, per quali postulati che la fisica doveva fare ma non fece al momento giusto!
Ecco anche perché un fotone che dovesse emettere un’onda elettromagnetica con la sua stessa frequenza, non può che emettere tutto sé stesso, il medesimo fotone, per quanto ampiamente dettagliato quando abbiamo discusso ed esposto la dimostrazione della stabilità elettromagnetica del modello doppio elicoidale. Le caratteristiche del MODEC implicano che il fotone emesso sarebbe il medesimo fotone, il precedente scomparirebbe per generare ed apparire interamente nel nuovo, nei fatti identico al precedente! Un sistema instabile, nella sua condizione limite di instabilità dunque, in cui l’instabilità coincide con la stazionarietà propagativa del sistema!

Il modello doppio elicoidale è poi un modello in parte planetario similmente a quello del Positronio, ma anche molto diverso!
La struttura del MODEC è una struttura per così dire pura, in quanto le due sue cariche corrispondono a punti materiali privi di un loro momento angolare intrinseco, mentre son essi insieme insieme che costruiscono il momento intrinseco del sistema che formano, ovvero del fotone il suo spin.
Nel positronio l’elettrone ed il positrone, come nell'atomo di idrogeno l’elettrone ed il protone, queste particelle componenti son a loro volta portatrici di spin, di momenti angolari loro intrinseci. Inoltre le velocità in gioco nel modello doppio elicoidale del fotone sono velocità assolutamente limite, relativistiche, viceversa nel positronio e nell'atomo di idrogeno siamo di fronte a sistemi a velocità comunque subluminali; sistemi che di base possono essere studiati non ricorrendo alla relatività; sistemi nei quali le particelle hanno sempre una loro massa al riposo fissa, la quale viene utilizzata nelle formule al posto della massa relativistica, dove sarebbe più corretto considerare questa ultima, date le velocità solitamente non prossime alla velocità della luce che permettono di confondere tra loro le due masse, quasi uguali in tal caso.
Basse velocità nel positronio consentono poi anche di trascurare le Forze di Lorentz che si scambiano le due cariche di elettrone e positrone, nella trattazione.
Approssimazioni tutte non fattibili quando le velocità si approssimano a quelle della luce. Così per le forze di Lorentz, l’approssimazione consistente nel trascurarle è assolutamente non permessa a priori nel MODEC, dove però le sue caratteristiche peculiarissime e limite, di equilibrio dinamico, son tali che comportano l’eccezionale perfetto annullamento della Forze di Lorentz!
A differenza del caso del Positronio e dell’atomo di Idrogeno, nel MODEC non vi sono già di base nel suo studio vincoli relativamente alle masse relativistiche delle semi-particelle componenti, e quindi vincoli alle energie totali delle particelle componenti!
Qualcuno ha definito il MODEC, il “Caroppo’s photon model”, come indicato nel lavoro PDF sopra linkato, “Caroppo il DNA dell’energia”, per commentare, e forse non ha torto ad averne dato questa eloquente definizione, data la somiglianza geometrica della doppia elica tra il fotone legato tanto all’ energia e alla sua propagazione, e la molecola a doppia elica del DNA tanto legato alla vita e alla sua propagazione.
Queste discussioni ci permettono quindi di intuire perché in un sistema quale quello in cui un elettrone in un atomo ruota intorno ad un nucleo, (formato da un protone ad esempio, come nel caso semplice dell'idrogeno), o più in generale perché in sistemi nei quali delle particelle si trovano in presenza di opportuni potenziali, esse possono assumere solo opportuni valori discreti di energia e non altri.
Capiamo che tutto questo deve essere legato al vincolo di far sì, che nel passaggio da uno stato energetico e l'altro, lo scambio energetico possa avvenire solo attraverso pacchetti energetici discreti di tipo fotone! Ecco perché allora, sebbene il fotone sia una struttura perfettamente descrivibile attraverso l’Elettromagnetismo classico combinato con alcune equazioni notevoli scoperte dalla Relatività Ristretta, quando passiamo a considerare altri sistemi di particelle legate, dobbiamo tener conto di questa struttura di base che è il fotone. Quindi le particelle continueranno a comportarsi secondo quanto descrive l’elettromagnetismo e la relatività ristretta, (o teorie dello spazio e del tempo che correggono la Relatività Ristretta, come in altri capitoli discuteremo), ma poiché anche queste ultime prevedono il fotone, (come meglio dimostreremo in altri capitoli), ne consegue che occorre tener conto anche di questo ultimo tassello, per la descrizione del comportamento dei sistemi!

Giungiamo così ad una visione più chiarificante di quella che è, e di come deve essere vista la meccanica quantistica, la quale non è dunque una teoria rivoluzionaria e alternativa tale da abbattere o sostituire in parte teorie precedenti, ma si fonda ed è essa stessa prevista dalle teorie precedenti. E’ essa un complemento aggiuntivo per una migliore descrizione della natura!
Ma in tal nuovo quadro però, capiamo che della Meccanica Quantistica ne sono state date della interpretazioni in parte fuorvianti ed infondate. Quali ad esempio parte di quelle formulate nella cosiddetta Interpretazione di Copenhagen. Mi riferisco in particolare a quegli aspetti interpretativi che hanno negato il principio di realtà ( con la conseguenza di ritenere che “la luna non è lì se non la guardi”), e che hanno introdotto nella Natura l’ipotesi, affermata come certezza, dell’ indeterminismo! Aspetti paradossali, paradossalmente diffusisi presso tanti acritici fisici nel ‘900, ma che, è mia grande convinzione, devono crollare di fronte alla prova della Natura, e l’aver scovato la possibilità di una descrizione pienamente deterministica del fotone, che può strappare il fotone all’indeterminismo, son più che fiducioso, poiché è il quanto-fotone la base portante della MQ, apre la strada in questa direzione.
Erano delle interpretazioni affermate come dogmi, verità indimostrabili ed incontestabili (tutto poco scientifico!), che avevano riportato filosoficamente ad introdurre la casualità nella visione della Natura, e quindi nella fisica quasi il libero arbitrio creatore, e la possibilità di immaginare un Dio immanente presente a decidere, ogniqualvolta un osservatore osservava la realtà, facendo così magicamente “collassare” la funzione d’onda, quale valore tra i possibili, con varie probabilità, avrebbe assunto un misurando! Un “collasso” mentale, più che della funzione d’onda, segno eloquente di un medioevo oscurantista nella visione della realtà novecentesca portato dall’ Interpretazione di Copenaghen della MQ, ma da cui dobbiamo, con sforzi intellettuali e sperimentali, liberarci!
Il pensiero fisico va liberato dal “loop”, dal circuito chiuso senza uscita in cui è caduto. Sarà un caso ma parole come “loop” e “collasso” usati nella fisica per indicare suoi concetti teorici recenti, in realtà sembrano quasi riflettere lo stato mentale di frustrazione dato dall’ incapacità di trovare quel bandolo della matassa, quel lumino per orientarsi, che il MODEC può rappresentare.
Quegli inaccettabili aspetti interpretativi della MQ hanno aperto le porte ad un dilagare dello spiritismo nella fisica, snaturando la fisica della sua natura fondante.
Ritrovate le radici deterministiche filosofiche della MQ, Dio può tornare a fare il supervisore della Natura, ad essere identificato, se necessario, con il creatore delle leggi della natura e della matematica e al più motore primo, o identificato panteisticamente con il tutto, conoscitore del destino di ogni cosa, ma certamente disimpegnato dall’ inseguir collassi di funzioni d’onde!
Amo la magia, amo le streghe sempre leggibili con interessanti chiavi di lettura scientifica, senza per questo non lasciarsi piacevolmente ammaliare dalla suggestione, ma nella Scienza non deve dilagare la stregoneria metafisica, poiché l’avanzamento scientifico è tale ed ha senso proprio perché e se sposta nel tempo un confine che toglie terreno a ciò che prima era dominio dell’esoterismo e della sola filosofia, illuminandolo di una luce della ragione maggiore, pronta a stupirsi, a meravigliarsi dell’inverosimile dimostrato logico coerente razionale e soprattutto intellegibile!
Tutto su una fiducia certo, una fede è vero, quella Galileiana: “La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto”. (Galileo Galilei - "Il Saggiatore", 1623)


Oreste Caroppo